capitolo 47.

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HARRY'S POV.
Sono in macchina che sto andando da lui.
Sono ancora le 08.30, credo che abbia tempo di farmi una bella doccia per togliere quella puzza di sudore, di paura che ho avuto prima.
Non riesco a togliermi dalla testa lei che era per terra coricata e veniva invasa dal liquido rosso, dal sangue. Non riesco a togliermi dalla testa i suoi occhi spaventati ma non per lei, per il bambino che tiene nel suo grembo.
E se le fosse successo qualcosa?
E se le fosse successo qualcosa al bambino?
Non me lo sarei mai perdonato.
Arrivo a casa velocemente, mi metto sotto la doccia, poi qualche minuto dopo esco, mi asciugo, mi vesto, riprendo il cellulare, le chiavi e il portafoglio, e mi dirigo verso di lui.
Fare la doccia dopo certe scene come quella di oggi è chiaramente: una medicina.
Mi dirigo verso la palestra e mentre chiamo Carlo.
"Pronto?" risponde lui.
"Carlo, sono Harry" gli faccio notare.
"Ehi, bello, dimmi."
"Sto venendo da te, in palestra. Dovevo venire alle 10.00 ma non posso, c'è stata un imprevista grossa" riporto in mente la scena di poche ore fa.
"Sta tranquillo, bello. Io sono nel mio ufficio, ti aspetto" e riattacca.
Perfetto.
Dopo cinque minuti, dopo aver messo la quinta, riesco a presentarmi nell'ufficio.
La palestra é piena di persone, ci sono bambini, adolescenti, donne sexy che sicuramente fanno le milf, uomini con un corpo da far sbavare pure a me che sono maschio e addirittura anche anziani.
"Avanti" risponde al mio busso Carlo.
Tiro verso di me la porta, la apro e mi avvio dentro il suo ufficio.
"Harry, sei tu. Vieni" mi invita di sedermi con la mano.
Così faccio.
"Scusa se sono venuto prima dell'orario stabilito, ma ho avuto un problema. Volevo anticipare la prova per il lavoro" spiego.
"Per il momento non si può. L'appuntamento era per le 10.00 e qualcosa, appositamente per metterti alla prova quando se ne vanno tutti quanti e rimangono solo i giovani" mi informa.
"Cosa? Cazzo.." penso ad alta voce.
"Harry, mi dispiace" si porta le mani davanti la bocca.
"Carlo, per favore. Ho ho bisogno di questo lavoro, ora. Ho scoperto che la ragazza in cui mi sono scopato due settimane fa é incinta, come se non bastasse, può abortire da un momento e l'altro, se dovesse portare avanti la sua gravidanza potrà dar fine sia alla sua vita che al bambino. Capisci? Non voglio avere a che fare con il bambino, nemmeno con la ragazza, ma voglio lavorare tanto per guadagnarmi dei soldi e affittarmi una casa mia, per conto mio. Non voglio continuare a condividere la casa con loro" parlo velocemente come se stessi dicendo una poesia all'elementari.
Carlo sembra colpito sul serio dalla mia storia.
"Harry, devi capirmi, non posso fare nulla. A quanto riguardo la ragazza e il bambino, sai che ti dico? Sei proprio un coglione" abbassa le mani che prima portava in bocca e accende una sigaretta.
"Dovresti prenderti la responsabilità e non scappare dalla paura. Hai avuto le palle di trombarla e ora non hai le palle di pagare l'errore che hai fatto? A maggior ragione le dovresti stare accanto dato che può abortire da un momento e l'altro" le sue parole mi accendono una rabbia immensa nel petto.
Non è nessuno per dirmi ciò che devo fare, per definirmi coglione o senza palle.
Mi ha conosciuto ieri e mi giudica oggi? Che razza di persona é?
"Non sono venuto qui per prendere lezioni di vita da te, volevo solo mettermi alla prova ora per vedere se me la cavo in questo quartiere" mi alzo bruscamente dalla poltrona marrone in pelle.
"Calmati, siediti" aspira la sigaretta.
Sembra pensarci un po'.
Spero solo che accetti.
"Vado a parlare con gli altri, chiudo la palestra per gli altri clienti e lo lascio aperto solo per i giovani" la speranza si accende in me.
Si alza dopo aver gettato il filtro della sigaretta nel vaso dei fiori e mi lascia solo in quella cazzo di poltrona.
"Aspettami qui" e nello stesso secondo, sparisce.
Mentre sono solo in questa cavolo di ufficio, ripenso a quel che sto per fare e alle parole che mi ha detto prima Carlo.
Ha ragione, non dovrei scappare da lei, dal bambino, ma non voglio immischiarmi nella sua vita.

*Gia ti sei immischiato quando le hai ficcato il cavallo nella patata*. Zitta tu.

Ha ragione Carlo, ha ragione e lo so. Non voglio accettarlo, non devo accettarlo, ma è così, é questa la verità anche se non mi piace assolutamente.
Voglio andarmene, voglio ricavare soldi, lasciare l'appartamento a loro, sempre se dovesse tenersi il bambino, e io me ne vado in un'altra casa per i fatti miei.
Sperando sempre che Carlo mi accetti al suo lavoro.
"Vieni, la palestra è popolata solo dai giovani, le altre fasce d'età non sono presenti. Tocca a te" apre la porta del suo ufficio e mi invita di uscire e seguirlo.
Sono nervoso, non so cosa diavolo si fa e come si fa.
Mi ritrovo dentro una grandissima sala, pieno di attrezzature e di ragazze e ragazzi.
Ci sono super giù, venti professori che seguono i ragazzi, sembra un lavoro abbastanza facile, ma contemporaneamente impegnativo.
"Bello, il tuo pollo é lui" indica un ragazzo con i capelli rossi e leggermente mossi.
É alto, ha anche un bel corpo scolpito e ad attirare la mia attenzione sono i suoi polpacci, tipico di un calciatore.
"Buona fortuna" mi da una pacca sulla spalla Carlo.
"Grazie amico, non so come ringraziarti. Ti ripagherò col tempo."
"Ahah, vai bello, vai. Vediamo se te la cavi con il signorino Jonshon" e mi avvio verso il ragazzo con i capelli rossi.
É coincidenza il fatto che fa di cognome come Meredith e ha i capelli rossi come i suoi?
Ogni passo che faccio mi sembra andar verso qualche mostro, verso il mio peggior incubo.
Mi rivolge le spalle, sta parlando con una ragazza dei capelli biondi e bassina, abbastanza carina, sembra che abbia quindici anni.
"Ehi" gli tocco la spalla e lui sobbalza quasi dallo spavento.
Si gira verso di me e mi guarda con dei occhi talmente verdi che sembra trovarmi dentro qualche giungla, alcune lentiggini si trovano sparse per le guance e naso ed è molto bello.
Sembra seriamente Meredith.
"Sono Walker Harry, dovrei essere il tuo professore, ma ancora sono alla prova" spiego toccandomi i capelli. Sono nevoso.
Voglio apparire simpatico e non anti.
"Piacere, Jonshon Drake" si presenta lui.
Gli stringo la mano. 
"Ci vediamo dopo?" chiede lui alla piccola bionda, lei le sorride e se ne va.
Rimango solo con il piccolo Drake.
"Quindi? Cosa ti piace fare quando vieni qui?" chiedo.
Da un momento e l'altro non mi sento più a disaggio.
"Vengo sopratutto per fare gli addominali, gioco a calcio e vorrei avere un corpo bello" mi spiega.
Alzo le sopracciglia dalla sorpresa.
"Allora iniziamo" mi dirigo con lui verso un tappeto e si sdraia.
Inizia a fare gli addominali della prima serie.
"Sai, anche io giocavo a calcio quand'ero alle superiori" lo informo. Lui arriva alla seconda.
"Davvero? Che atto facevi in campo?" chiede col fiatone un po'.
"Ero il capitano" spiego.
Non voglio farlo stancare molto facendolo incuriosire molto di più e di conseguenza facendogli sorgere altre domande da pormi.
"Fantastico! Io pure lo voglio essere, ma c'è un coglione del cazzo che conosce un certo Amilton e lui l'ha aiutato ed allenato praticamente da sempre" spiega a mezzo fiato mentre continua con gli addominali.
Ricordo alla sua età che non dicevo mai parolacce davanti alle persone più brande di me sopratutto al primo incontro.
"Oh" esclamo.
Questo cognome mi perseguita ovunque.
"Ok, sono arrivato a venti" annuncia Drake ormai sfinito.
Alzo la testa da lui, mi giro verso la mia destra e noto Carlo che mi guarda concentrato e mi porge un 'ok' con il pollice.
Esco dalla palestra dopo un'ora e mezza, dopo aver lavorato in modo sodo e duro con Drake, Carlo mi invita a mangiare qualcosa nel bar vicino alla palestra.
"Quindi?" chiedo ansioso sperando che abbia vinto il posto al lavoro.
"Sei bravo, ci sai fare. Sei in grado d'aiutare gli altri, iniziando su questi punti base che sono una cavolata. Sei bravo anche a non far sentire gli altri in disaggio e a non avere quel posto, tu da prof e loro da alunni, riesci a legare molto facilmente e ti faccio i complimenti" arriva la nostra prenotazione.
"Intendi?" chiedo nuovamente come se fossi un piccolo bambino in attesa della risposta positiva da parte dei genitori di poter uscire con gli amici la prima volta.
"Bello, hai un lavoro" mi sorride.
"Si! Si, cazzo! Si!" esclamo forte come se avessi vinto miliardi di soldi.
"Auguri" mi augura lui, prende la bottiglia di birra e me la porge, prende un'altra per lui, e bevo.
"Auguri a me."

Incontri Causali Disastrosi 2.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora