capitolo 57.

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HARRY'S POV.
Sono nel letto che dormo tranquillamente e d'un tratto vedo un'ombra che sta in fondo della mia stanza.
Mi alzo dal letto e mi siedo.
"Chi sei?" chiedo cercando di capire di chi si tratta.
La persona non parla, non riesco a vedere nemmeno il suo volto dato che la stanza emette solo l'oscurità.
Non sono nella mia stanza del mio appartamento, sono nella mia stanza di casa mia, della villa.
Mi guardo intorno e non vedo altro se non un po' di luce, ovvero quella della luna che penetra dalla finestra.
"Dimmi chi diavolo sei!" urlo.
Sono furioso.
"Come fai a non riconoscermi, giovanotto?" chiede facendo un passo in avanti.
La sua voce rauca mi fa arrabbiare molto di più e mi si contrae la mascella. Con la mano destra stringo il lenzuolo facendo sbianchire le mie nocche.
"Mattew, che cazzo vuoi ora dalla mia vita?" chiedo incazzato nero come il carbonio.
"Da te non voglio proprio niente" fa un'altro passo verso il mio letto, verso di me.
"Voglio lei.." si porta le mani dentro le tasche della sua giacca nera.
"Ho sempre voluto lei" fa un sorrisetto di compiacimento.
"Ma che cazzo dici? Per caso sei innamorato di lei?" chiedo ridendo.
È suo zio e dice cose da fidanzato.
"Si, l'ho sempre amata. Non l'ho scopata per il semplice fatto che anni fa era piccola e una bambina, ma ora la rivoglio mia, ora posso fare sesso con lei. Lei è stata mia sin dal primo giorno che l'ho presa in braccio, sin dal giorno che é nata" chiude gli occhi.
Forse si porta in mente lei da piccola e quando l'ha vista per la prima volta.
Non riesco ad immaginare una Vace piccola, dolce ed innocente.
Con delle manine piccole, con i piedini minuscoli, con degli occhioni marroni e vispi a forma di mandorla come ce gli ha tutt'ora.
Mi alzo dal letto e mi getto su di lui come se fosse un sacco che viene colpito.
"Non é tua, non sarà mai tua.
Non-osare-a-toccarla" ringhio tra i denti.
La rabbia sembra impossessarmi il corpo.
Nello stesso momento che colpisco lui al muro, si apre la porta della mia stanza e vedo il papà di Meredith, il sign. Jonshon.
"Harry, perché stai picchiando mio fratello?" chiede lui sbalordito.
Apro gli chi di botto e mi trovo nel mio letto, nella mia stanza, nel mio appartamento.
Rimango coricato sul letto e vedo il soffitto bianco ma che grazie all'oscurità della notte, sembra non esserlo.
Mi giro verso la mia destra e sul comodino vedo che l'orologio dimostra che siano le quattro del mattino.
Mi alzo dal letto e mi dirigo verso la finestra.
Fuori non c'è nessuno, ci sono solo delle macchine parcheggiate, le luci delle strade, qualche gatto che si nasconde dietro gli angoli delle case e dei palazzi.
Alzo gli occhi verso il blu, e vedo la luna piena ch'illumina tutto e le piccole stelle che la circondano.
È così la mia vita con Vace.
È come se la luna fosse lei, ovvero quella persona che riesce a far luminare tutti gli altri, a far del bene agli altri, ad essere sempre quella pronta per gli altri, e gli altri sono quelle piccole stelline che alcune nemmeno si vedono e altre brillano così tanto da farti accecare.
Io sono il cielo scuro, lei è la luna che illumina me.
"Smettila di pensarla, Walker" mi ammonisco.
Sbuffo e me ne vado in bagno dopo essermi preso il cambio.
Ho bisogno di una doccia, ho sudato molto.
Sotto la doccia ripenso agli ultimi giorni trascorsi con Vace.
Sono stati tranquilli e sereni, non ci sono stati problemi oltre ai nostri litigi.
Quando smetto di sciacquarmi e di asciugarmi, mi vesto velocemente e decido di uscire.
Sono le quattro del mattino e non c'è anima in giro, ma non ho intenzione di stare chiuso in camera e farmi scoppiare la testa dal troppo pensare.
Decido di mandare un messaggio ad Emily dicendole che sto andando nel nostro posto, ma non ricevo una risposta, naturalmente, come le altre persone normali, sta dormendo.
Arrivo al mio posto in cui andavo da piccolo con Emily ma non esco dalla macchina, rimango sulla mia bella e nuova Mercedes a sbattere le dita sul volante e a guardare fisso su quella casa ormai vecchia.
Guardo un po' più in là, un po' verso la mia destra e vedo quella grandiosa e bellissima villa in cui sono cresciuto, casa mia.
Non posso crederci che due posti così diversi possano essere così vicini.
Alla mia destra c'è la villa in cui sono nato e cresciuto, e alla mia sinistra, c'è una vecchia casa che ho scoperto per puro caso con mia sorella da piccolo e da cui é diventato il nostro posto segreto.
Il primo edificio é quello finto, circondato di rabbia, di dolore e di sofferenza.
Il secondo edifico è quello vero, circondato di tranquillità, di gioia e di felicità.
La casa destra sono io, quella sinistra è Vace.
La villa cattiva, sono io.
La casa vecchia, ma adorabile, è lei.
Decido di scendere dalla macchina ma prima di farlo, indosso il parka, fuori c'è freddo .
Scendo dalla macchina e premo il pulsante nelle chiavi per farla chiudere .
C'è il silenzio che regna in questo posto, c'è la tranquillità.
Continuo a camminare con la testa bassa e vedo le margherite che sono nei miei piedi, quelle piccole margherite che pesto involontariamente con i miei piedi.
È come se stessi calpestando i sogni di qualcuno e mi sento in colpa.
Continuo a camminare e quand'alzo la testa, ma dirigo verso destra e guardo la mia villa, il luogo in cui ho pianto e sorriso per la prima volta in vita mia.
La guardo da lontano e stranamente il petto mi si riempie di vuoto, vorrei poter tornare in quella casa e voler dormire nella mia stanza, poter fare lunghe conversazioni sui miei comportamenti con Abi, con suo marito Carmelo, con Domenik sui fiori e in fine le lunghe e sensate conversazioni con mio nonno, con Jacop.
È da anni ed anni che non lo vedo, l'altra volta Emily mi ha spiegato che sta male anche se non ama accettarlo.
Quando smetto di guardare quel posto così tanto amato da piccolo, riprendo a camminare e mi ritrovo quella piccola e bianca dondola in qui giocavo da piccolo con Emily.
Tanti ricordi mi passano per la mente, sembra tutto lontano da anni luce, come se io non fossi mai stato piccolo.
Ho passato così tanti casini negli ultimi anni da quand'é morto mia madre, che non ricordo nemmeno com'é il suono della mia risata. Voglio poter stare un giorno tranquillo e non esser circondato dai casini, dai disastri che combino ma é più forte di me, devo per forza farla qualcosa di brutto, di storto.
Mi siedo sulla dondola e inizio a dondolarmi ma non molto, dato che sono alto e i miei piedi toccano per terra.
Chiudi gli occhi e cerco di ricordarmi, cerco di pensare com'era bello stare qui con la propria sorella gemella, cerco e sforzo..di pensare quella era quell'emozione così tanto bello che provavo quando venivo qui con Emily.
"Che ci fai tu qui?" chiede una persona.
Ma che diavolo ci fa lei qui, invece.
Mi alzo immediatamente dalla dondola e lei mi guarda con occhi sbarranti e quasi lacrimati.
"La domanda é un'altra: che ci fai tu qui" ricambio. Stringo i pugni dalla rabbia. Non posso crederci che Emily le abbia parlato del nostro posto segreto. Era solo nostro.
"Ma..ma allora sei stato t-tu.." balbetta lei.
Cosa cazzo ha intenzione di fare ora? La vittima? Mettersi a piangere? Non vuole più il bambino?
"Ma che dici??Ma sei per caso impazzita? Vai a casa, é troppo presto per alzarsi a quest'ora" cerco di non farmi condizionare dalla rabbia che sto provando e di farla ragionare per farla portare a casa.
"Sei stat-to t-tu.." inizia a balbettare di nuovo. Gli occhi marroni le si riempiono d'acqua, di lacrime, le labbra se le morde dal nervoso e il mento le trema, si rovina le dita dalla rabbia e sembra quasi sottrarsi, la sua faccia diventa pallida e sembra sudare freddo. Non sto capendo cosa sta dicendo e perché si sta sentendo in questo modo, ma mi sto preoccupando.
"Vace, aspetta..vieni, siediti qui" mi avvio verso i lei per prenderla farla sedere sulla dondola ma lei fa un passo in avanti e cerca di non far cadere nemmeno una goccia, nemmeno una lacrima. É molto orgogliosa.
"Non-toccarmi" sussurra travi denti e chiude gli occhi. Vedo che stringe la mano dal nervoso e le sue nocche le diventano pallide.
"Ma che cazzo dici? Cosa sono stato io? Che ho fatto io?" alzo gli occhi verso il cielo e poi mi strofino i capelli.
"Vuoi dirmi per cosa mi stai incolpando ora?!" urlo.
Non è possibile. Anche il paltò in cui nessuno sapeva l'esistenza, nemmeno Mad e gli altri, e spunta lei, che lo sa. Perché anche nei posti solo miei, quelli unici e molto importanti per me, deve esserci lei?
"Sei stato tu! Tu mi hai fatto perdere la memoria, tu mi hai tirato qualcosa in testa. Io ero qua! Ero seduta in quella dondola e poi non mi sono ricordata niente dopo tre giorni! Sei stato tu, la colpa é tua! Tua!!" urla ed inizia a prendere a schiaffi e pugni il mio petto, ogni tanto faccio un passo indietro non riuscendo a collegare ciò che mi sta dicendo.
Lei era qui quella notte.
Un passo indietro.
Lei ha perso la memoria qui.
Un'altro passo indietro.
Lei ha perso la melodia proprio in questa dondola.
Un'altro passo.
Lei ora, incolpa me.
E cado sulla dondola insieme a lei.
Mi ritrovo seduto sulla dondola automaticamente e lei sopra di me.
Rimaniamo in silenzio e i mii occhi cercano pietà nei suoi occhi che mi mandano a puttane la logica. I suoi occhi sono lucidi ma non osa piangere.
Le nostre labbra si sfiorano e riesco a sentire le sue labbra quasi sulle mie. La sua respirazione sembra diventare più irregolare quando si uniscono i nostri petti ma non tanto dato che la sua pancia impedisce di stare oli vicino possibili.
Guardo le sue labbra e sono così rosse, così carnose, così dolci, così perfette alle mie e non so se nel prossimo secondo, sarò in grado di non unirle con le mie.
Lei rimane ferma, su di me, in questa dondola con me e mi fissa pur le labbra. Siamo in un momento di trans entrambi. La voglia i baciarci è molto elevata, la voglia di risentire le sue labbra come tempo fa è esuberante, la voglia di far ballare le nostre lingue mi pervade il petto, la voglia di sentire quelle labbra sulle mie mi mortifica.
D'un tratto lei quasi scivola dalla dondola e io riesco a riprenderla per la mano e farla ribaltare di sopra, farla risalire nuovamente sopra di me.
In quel momento non si fa abbandonare di nuovo alle mie braccia ma si alza. Ora sembra provare vuoto. Il suo volto non emette né rabbia, né dolore e né sofferenza, emette solo vuoto.
"Sei stato tu" sussurra a se stessa ma riesco a sentirla pure io.
"No, non sono stato io, non ti avrei mai fatto del male, mai e lo sai" mi alzo pure io dalla dondola e mi vicino a lei portando le mie mani sulle sue guance e con il pollice, accarezzandola un po'. Il suo profumo di fragola inizia a martellarmi le narici, come sempre.
"Non mentirmi, smettila. Sii una semplice e fottuta volta sincero con me, una sola volta" da una manata alle mie mani per non farsi toccare più da me ed indica coll'indice il numero uno.
"Quella sera mi hanno rapito, come dovevo farti perdere i sensi e poi anche la memoria, eh? Come dovevo? Mi hanno buttato fuori la loro macchina in calci in culo all'ospedale e sono venuto da te tutto sanguinato!" urlo.
"Non urlare" chiude gli occhi per farsi calmare e non urlarmi in cambio, ma le sua mano destra però inizia a tremare di nuovo.
Lei abbassa gli occhi verso la sua mano e rimane senza parole e con gli occhi sbalorditi, sembra essersi sorpresa pure lei.
"Che ti prende?" sussurro e mi vicino di nuovo a lei.
"Non riesco a controllare la mano, trema da sola.." ansima tra i denti e chiude gli occhi dal dolore.

-spero vi sia piaciuto.
Nei prossimi capitolo ci saranno tante nuove cose da scoprire. Secondo voi, sono belle o brutte? Commentate è lasciate la stellina se vi piace questo capitolo.

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