35. QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA - 1

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La superficialità m'inquieta,
ma il profondo mi uccide.
Alda Merini

«Lloyd, seguimi: dobbiamo parlare della tua bocciatura».

Edmund girò lo sguardo verso il luogo da dove proveniva quella voce rauca e mascolina.
Una donna con una piega da parrucchiere, alta, magra, con un tailleur bordeaux, stava richiamando la sua attenzione dal fondo del corridoio. Ovvero, dalla presidenza.

Non è una novità che le sfortune siano tutte raggruppate a tre a tre ed è sempre quando il tuo umore è sotto la suola delle scarpe, che qualcuno arriva per cacciarlo sotto terra. In questo caso, quel qualcuno era la preside in persona.

Teresa Roncalli, preside del Liceo Scientifico Eugenio Montale di cui Edmund era uno degli sfortunati iscritti, era stata la sua professoressa di Italiano per ben quattro anni.
Non aspettò che lui le rispondesse e, dopo avergli dato le spalle, sparì entro le mura del suo misterioso ufficio.

Edmund la seguì in silenzio, con le mani in tasca e un'espressione che significava: Dì quel che ti pare, che intanto non ti ascolto.
Non erano passati neanche quattro mesi dall'inizio della scuola, che già la preside metteva in campo il suo argomento preferito: bocciatura e promozione.
Edmund si aspettava qualche forma di terrorismo psicologico del tipo: "Questa volta sta' sicuro che ti boccio", ma ci era troppo abituato per preoccuparsi.

E, invece, il motivo per cui si richiedeva la sua presenza ai piani alti era molto più preoccupante di una banale sospensione.

Appena fu entrato, la preside gli indicò una sedia e gli disse: «Chiudi la porta, Lloyd».
Edmund obbedì e si sedette.

«Che cosa ho fatto, questa volta, professoressa? Ho distratto la bidella dai suoi compiti di pulizia delle aule? Ho calpestato le aiuole del giardino? Sono entrato con una decina di secondi di ritardo?».

«Se hai fatto tutte queste cose provvederemo in seguito, ora sei qui per un altro motivo, ben più importante e di tutt'altra natura».

«Tutt'altra natura?!» esclamò Edmund, sorpreso: «Mi vuol forse dire che non è per una punizione che sono seduto in questo ufficio?».

«Direi proprio di no. E me ne stupisco io stessa!» rispose la prof, con un mezzo sorriso, aprendo un cassetto sotto la scrivania e tirandone fuori un plico di fogli.

Appena riconobbe quei fogli, Edmund sentì un tuffo al cuore. Aveva sperato che fossero scomparsi fra la polvere degli archivi, obliati fra migliaia di documenti senza valore o, meglio ancora, bruciati come spazzatura...

La prof lo guardava con un malcelato sorriso di soddisfazione: «Mi sembri sconvolto, Lloyd. Ti stupisce forse che io abbia dato tanto valore ad uno dei tuoi temi fino al punto di chiederti un colloquio in separata sede?».

«Non so neppure perché se lo sia letto, visto che ha sempre sostenuto che nei temi faccio pietà. Ho la media del 4 e mezzo... Dovrebbe saperlo, visto che me l'ha data lei» rispose Edmund, nascondendo la preoccupazione sotto un velo di sarcasmo.

«E, invece, sai benissimo che questo non è come tutti gli altri tuoi temi, e che è una fortuna che mi sia capitato sottomano!».

«Questione di punti di vista...».

«Sai, grazie alla mia lunga esperienza nell'insegnamento, ho scoperto...» lo interruppe la prof, con un'espressione pensierosa: «Che i temi degli studenti dicono molto di più sulla loro vera natura di qualsiasi cosa essi possano mai dire di sé».

«E cioè che farebbero meglio a starsene a casa, invece di venire a scaldare la sedia?».

«Non far finta di non capire quello che ho detto, Lloyd. Lo so che hai capito esattamente dove voglio arrivare: io non farò lo stesso errore dei miei colleghi».

«Scusi, ma di che errore parla? Pensavo che voi professori non poteste commettere...».

«L'errore di sottovalutarti!».

«Molto gentile, da parte sua» rispose Edmund, impassibile.

«Ho scoperto cose interessanti leggendo il tuo tema».

«Ah sì? Ma davvero? Sentiamo, allora».

Edmund, con un sorriso canzonatorio, si mise comodo sulla sedia come chi si prepari ad ascoltare una bella storia.

«Prima lascia che ti rinfreschi un po' la memoria: dopo tanti mesi, ti sarai dimenticato che cosa hai scritto, giusto?».

Edmund non rispose. Se lo ricordava parola per parola, quel maledetto tema. Anzi, imprecò contro la sorte per non averlo fatto sparire.

«Forse è meglio che cominciamo dal titolo: «"Scrivi le tue riflessioni sul conformismo"» continuò la preside.

«Interessante» interruppe Edmund, con una faccia che lasciava intendere tutto il contrario.

«Sta' zitto e ascolta. Il tuo tema, Lloyd, è a dir poco...» la prof gli lanciò una rapida occhiata al di sopra delle lenti ovali, per non perdersi la sua reazione prima di completare la frase: «Straordinario!».

Edmund alzò le spalle in un muto: Se lo dice lei.
La preside rimase un po' delusa da quella reazione.
«Immagino il senso di panico che devi aver provato quando ho pronunciato il tuo nome fra coloro che dovevano consegnare il tema. Quando ti ho chiesto se avevi fatto l'esercizio, mi hai risposto di no: hai preferito prenderti un 4...».

«Con contorno di nota sul registro» interruppe Edmund.

«... invece di consegnarlo! Ora capisco il perché!» concluse la prof, con un sorriso soddisfatto.

«E perché ci ha messo tanto, a capirlo? Quanto tempo le serve, per leggere uno stupido tema?!» esclamò Edmund, fuori di sé.

Erano passati mesi: mesi di ansia e di panico, pieni di incubi che ora si stavano effettivamente realizzando di fronte ai suoi occhi. Ogni secondo gli sembrava di veder comparire la preside dietro l'angolo, con in mano il suo tema ed in faccia uno strano sorriso. Allora malediceva sé stesso per lo sbaglio commesso: dimenticarsi il tema nel quaderno dei compiti! Come aveva potuto essere tanto stupido? Dopo averle consegnato il quaderno, quando ormai non c'era modo di far tornare il latte nella bottiglia, Edmund aveva compreso di aver appena consegnato sé stesso su un vassoio d'argento a nient'altri che la persona più odiata ed influente del liceo!
Eppure il tempo era passato, e nulla faceva credere che la prof avesse trovato il tema fantasma... Ormai, Edmund aveva messo il cuore in pace, convincendosi che la preside non l'avesse trovato, o che, pur avendolo trovato, non l'avesse letto...

La spiegazione fu:
«Eh, ragazzo mio, credevi forse che mi sarei messa a leggere un tuo tema se non ero costretta? Ti eri preso il tuo meritato 4. Questo sapevo io, ed era più che sufficiente».

«Gravemente insufficiente, piuttosto» disse Edmund fra sé.

Ora era tutto chiaro: la prof aveva trovato subito il tema, ma aveva finto di non vederlo per non dover ritrattare il 4, che era ben contenta di avergli dato. D'altronde, chi la costringeva ad aggiungere un altro plico di fogli all'altissima pila di testi da correggere che - a sentir lei - le rubavano tutto il suo tempo libero?

La preside riprese allegramente: «E, quindi, convinto che nessuno avrebbe mai letto il tuo tema, hai scritto tutto ciò che ti passava per la mente, senza censurarti come fai di solito. Non è vero, forse? In questo tema, sei veramente te stesso: infatti, nonostante ti sforzi tanto per nasconderlo, in realtà sei un ragazzo sensibile, intelligente e appassionato di cultura».

Edmund la guardò, immobile e muto.
La preside sorrise con soddisfazione e continuò: «Ed io ho finalmente scoperto la tua maschera, non è così?».

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