56. SE L'AVESSE SOLAMENTE CREDUTO POSSIBILE

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Si può resistere ad un'invasione da parte di un esercito,

ma non ad un'idea il cui momento è giunto.

Alexandre Dumas


Edmund aveva deciso di dirle tutta la verità. E, precisamente, aveva deciso di farlo quella mattina stessa.

Aveva già pensato al modo, pianificato ogni cosa e preparato un discorso. Non c'erano buchi nel copione... tranne al momento della risposta di lei.

Mentre aspettava la corriera, si ripassava a memoria ogni passaggio: mille immagini si succedevano senza sosta l'una all'altra nella sua mente, mille possibili esiti si dipingevano di fronte a lui con i colori confusi propri delle visioni, e di mille non ce n'era uno che gli piacesse.

Gli sembrava di conoscere già la risposta: gliela vedeva scritta in volto ogni giorno, quando incrociava i suoi occhi.
Ma, nonostante questo, Edmund non si sentiva più in grado di aspettare oltre: che lo rifiutasse pure, ma che lo facesse in fretta. Ecco qual era la sua consolazione. Il beneficio del dubbio non era più un beneficio, dato che era la maggiore causa della sua costante ansia e dell'irritazione perenne.

In corriera, con il cuore che batteva a mille, si sedette accanto a lei. La salutò, con un gesto brusco e frettoloso che si sarebbe potuto scambiare per arrogante e scortese, ma che in realtà era dovuto alla sua scarsa disinvoltura di fronte alla prospettiva di cosa lo aspettava. Dopo qualche minuto, si girò verso di lei e la guardò intensamente, con un'incertezza negli occhi che avrebbe certamente tradito il suo proposito, se Diana l'avesse solamente creduto possibile. Poi le disse: «Credi che noi due potremo mai essere amici?».
Diana si voltò di scatto verso di lui, stupita ed innervosita da quella domanda che sapeva di scherzo, ma che era, invece, pronunciata con tono serio.

E rimase ancor più confusa nel notare l'espressione di quegli occhi che non aveva, in realtà, mai guardato con attenzione.
«Ma di che diavolo stai parlando?» disse: «Siamo già amici!».
Il suo tono e il suo volto esprimevano più rabbia, che convinzione. I suoi occhi - Edmund lo vedeva chiaramente - lanciavano questo messaggio spazientito: É un'altra delle tue? Perché oggi non sono proprio in vena di sopportarti!
Quindi Diana era di cattivo umore, e per niente ben disposta nei suoi confronti. Ma Edmund ormai aveva preso quella strada e doveva continuarla. Ignorando quella risposta, riprese:
«E allora quando pensi che sotterrerai l'ascia di guerra?».

«Ma io non... !» esclamò lei, scuotendo la testa. Dandogli del matto, probabilmente.

Ma ancora una volta, Edmund continuò, serio e determinato:
«Perché io mi sono già arreso». In quella frase c'era molta più verità di quanta lei potesse comprendere...

Diana lo guardò, ancora confusa, incapace di dare un senso compiuto alle sue parole. Poi rise, convinta che fosse uno scherzo:
«Ah, e quindi io avrei vinto?».

Edmund si incupì, e i suoi occhi brillarono ancora di più mentre rispondeva:
«Sì, temo proprio di sì».

«E cosa avrei vinto?» chiese ancora lei.
Edmund desiderò con tutto sé stesso che Diana capisse tutto subito, senza bisogno che lui glielo dicesse. Ma era impossibile sperare che Diana arrivasse alla verità, prevenuta com'era nei suoi confronti. Ci doveva arrivare da solo, al punto, senza l'aiuto di lei, perché la sola idea non le aveva neppure attraversato la mente. Capì che sarebbe stato persino più difficile del previsto. E più lei non capiva, più lui faceva fatica a dirglielo.
«Non lo so,» disse: «Hai vinto questa stupida battaglia che facciamo tutte le mattine dal primo giorno dell'anno, e il cui motivo io mi sono ormai del tutto dimenticato».

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