23. CIAO, POSSO SEDERMI QUI?

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Oggi non avere talento non basta più.
Gore Vidal

Eccola: primo posto libero sull'autobus. Come sempre.

Fermo del suo recente proposito di conquista, Edmund andò dritto verso di lei, si sedette e, deciso a rompere il ghiaccio, incominciò: «Ciao».

«Ciao».

Ormai era abituato al suo tono seccato.
«Mi detesti così tanto?» le chiese, fingendosi tranquillo e sforzandosi di sorridere.

Diana si girò sorpresa. Colta alla sprovvista, rispose:
«Ma no... Non ti detesto. Qualche volta mi stai addirittura simpatico».

«Addirittura?».

Il sorriso rimase stampato sulla faccia di Edmund, insulso e imbarazzato.

«No! Volevo dire che quando non fai l'arrogante mi sei simpatico. Davvero».

«Di bene in meglio». Edmund abbassò gli occhi, guardando un punto indistinto fuori dal vetro, ora seriamente offeso.

«Scusa!».

«No, non dire altro. Aspettiamo di essere scesi dall'autobus, non so se sarei in grado di sopportare un altro "maleducato"».

***

«Ciao» la salutò Edmund, sedendosi.

Lei ricambiò il saluto. Poi si girò verso il finestrino.

«Come va?» le chiese.

«Così» alzò le spalle.

«Filo?».

Diana si animò un po': «Filo è la materia più insulsa dell'universo e non capisco proprio perché dobbiamo studiare di gente che, compiaciuta per aver avuto un'intuizione originale, ha la brillante idea di ricamarci sopra quel tanto che basta per scrivere un intero libro di frasi senza senso. La filosofia dubita di sé stessa. Questa è l'unica cosa intelligente che faccia».

«Sono abbastanza d'accordo. Se non fosse che voglio fare Filosofia all'università» le disse, serio.

«Ah! Mi dispiace! Se l'avessi saputo...».

«Se tu l'avessi saputo, avresti detto la stessa cosa» affermò Edmund, annuendo.

«No...» disse, contrariata.

«So che l'avresti fatto. Ma non ti preoccupare: non è vero. Filosofia non piace neppure a me».

«Ah» disse, secca.

E il discorso cadde, come sempre.

***

«Ciao!».

«Ah, ciao...».

«Che tono deluso. Chi t'aspettavi?».

«Te, ovvio».

Edmund sorrise involontariamente: «Sono il tuo incubo, a quanto pare».

«Non posso avere alcun incubo, se non mi fai dormire».

«Logica perfetta, ma con il carattere non ci siamo».

«Che vuoi dire?».

«Che sei un po' scontrosa».

«Non è vero!».

«Allora lo sei solo con me».

«No».

«Ti dico di sì».

«Di' quello che ti pare, ma intanto non è vero».

***

«Ciao».

«Ciao».

«Prima che ti addormenti, volevo dirti che ho incominciato a leggere Il conte di Montecristo».

«Davvero?!».

«Sì».

«Stai scherzando».

«No, te l'assicuro. Se non ci credi, fammi una domanda».

«Ok. Come si chiama il padre di Edmond Dantes?».

«Non mi ricordo. Ma la sua fidanzata si chiama Mercedes e il suo peggior nemico Fernando».

«Va bene, mi fido».

«Ma non mi sta piacendo molto».

«Mmm» disse, delusa.

«É troppo prolisso».

«Mmm» ripeté Diana.

«Non ti chiederò mai perché non vai a fare la critica d'arte».

«Cosa?».

«Beh, se continui a dire mmm...».

«Cosa vuoi che ti dica?».

«Non so... Ribatti. Ho appena detto che il tuo libro preferito non mi piace».

«Non c'è niente da ribattere. Non mi stupisce che non ti piaccia, abbiamo gusti troppo diversi, noi due. Mi preoccuperei di più se ti piacesse».

***

«Ciao...».

«Ciao».

Maledizione, non riusciva a trovare niente da dire.

Convinta di poter dormire, Diana si girò e tornò ad appoggiare la testa al finestrino. In fretta, Edmund le chiese:
«Come va?».

«Bene».

Silenzio. Di nuovo, Diana tornò a guardare il finestrino.
Edmund si sentiva agitato e in ansia. E non ne capiva il motivo. Continuava a girarsi e a cambiare posizione.

«Che hai oggi? Sembra che ci sia una tarantola sul tuo sedile» disse Diana.

La guardò, sorpreso della sua loquacità.
«Potrebbe» disse, più rivolto a sé stesso che a lei.

«Ma cosa c'è?».

«Niente».

Silenzio.

«In effetti, c'è una cosa che proprio non mi va giù».

«Presagisco un tono di polemica» sbuffò Diana.

«Non mi va giù che un giorno sembra che mi detesti e un giorno sei la prima a parlarmi».

«E il fatto che sono lunatica dovrebbe importarti qualcosa?».

«Certo, dato che mi condiziona l'umore e di conseguenza l'intera giornata».

«Non sapevo di avere tanto potere. Ora che lo so, starò più attenta».

***

«Ciao».

«Uff».

«Sei così solo di mattina presto, o è l'autobus che ti fa quest'effetto?».

«Cosa?».

«No, dico, sbuffare invece che salutare le persone... Non è educazione».

«Ah, scusa: ciao».

«Se ti costa tanto sforzo, non salutarmi proprio!».

«Se ti do tanto fastidio, non sederti accanto a me!».

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