66. QUANDO MI VEDRETE CAPIRETE -2

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In pochi minuti, non c'era più alcuna differenza tra le loro identità reali e quelle virtuali: era come se si conoscessero da una vita. Sembravano tutti al colmo della felicità, parlavano e scherzavano senza alcuna riserva.
Neppure la timidezza del Pessimista, o l'eccentricità di Quetzalcoatl ostacolavano la conversazione.
Si chiamavano ancora con i nomi del giornale, ma ogni tanto si sentiva dire qualche: "Ari" o "Emma" o "Tommy" ecc...
Tutto sembrava andare nel migliore dei modi.
Eppure Edmund non riusciva in nessun modo a far parte di quella festa. Non riusciva a levarsi di fronte agli occhi il suo fantasma. Gli sembrava proprio che mancasse qualcosa: sentiva l'assenza di Diana come ci fosse stata una sedia vuota di fronte a lui.
Era più o meno la stessa sensazione che aveva provato le prime volte che era tornato sul giornale senza di lei, ma era persino più forte in quel momento, dato che quello che gli mancava era una persona in carne ed ossa e non un fantasma dello spessore di uno schermo da computer.
Si era accorto di star prendendo parte alla conversazione solo occasionalmente o quando direttamente interpellato. Ascoltava quello che dicevano per metà del tempo e per l'altra metà si distraeva e si perdeva fra i propri pensieri.
Non aveva dubbi che lo stessero considerando piuttosto cupo e taciturno, ma proprio non riusciva anche a preoccuparsi di piacergli. In un momento simile di felicità generale, durante un incontro a cui dava un enorme valore e che sapeva sarebbe rimasto per sempre nei ricordi di una vita, non riusciva a fare a meno di riflettere su quanto aveva perso, su come sarebbe potuta andare, se lei non gli avesse detto di no.
E, di conseguenza, si ritrovava ad estraniarsi dal resto del gruppo e ad incupirsi, lasciandosi inghiottire dal suo abisso privato.
Se solo non avesse ricominciato a parlare con Diana... Se solo lei non avesse rifiutato Davide...
Forse allora sarebbe stato in grado di dimenticarla.
Era già passata un'ora, veloce come un lampo, almeno per gli altri.
Erano le otto e mezza di sera e qualcuno incominciava a sentire la fame. Ordinarono una pizza.
Dopo circa mezz'ora, Edmund si accorse di essere stato il primo a finirla. Si guardò attorno: tutti parlavano animosamente fra loro. Gli altri avevano legato senza alcuna riserva, nonostante avessero caratteri molto diversi.
L'unica che sembrava avere qualche momento di cupezza in cui gli faceva compagnia era Emma, The West Wind. Edmund pensò che lei sentisse più di tutti la mancanza di Enrico La Talpa e che non si fosse ancora data pace per non averlo visto comparire dalla porta.
Così come lui non si era ancora dato pace per aver perso forse per sempre Dyn.
Erano in due a ripensare alle loro speranze disilluse.
Fra le risa e le voci degli altri, gli sembrò di sentire quella di Matt rivolgersi a lui... Si girò, e, in effetti, se lo trovò chino su di lui che, cercando di superare il casino attorno a loro, gli stava dicendo:
«C'è un tipo, di là, che mi ha chiesto se ho visto un gruppo di quattro ragazzi e due ragazze tra i sedici e i diciannove entrare qui alle sette: ma, quando gli ho detto che eravate qui, non si è mosso e ha detto che doveva andarsene in fretta e che voleva solo sapere se c'eravate».
«Enry!» mormorò tra sé e sé Edmund...
«Matt, aspetta un secondo, ok? Ma non farlo andare via per nessun motivo! Legalo al bancone, se occorre».
Matt annuì e tornò di là, senza che nessuno si accorgesse di niente. Era felice - cosa davvero strana - che La Talpa fosse arrivato. Riempiva un po' il vuoto...
Senza che nessuno si accorgesse di niente, Edmund si alzò e tornò da Matt, aggirando l'entrata per non farsi vedere da Enry, dovunque egli fosse.
A bassa voce, gli chiese:
«Qual è?».
«É il ragazzo tra la signora in rosso e l'uomo grasso».
Glielo indicò.
Tra la signora in rosso e l'uomo grasso, c'era un ragazzo che non aveva nulla di nerd, con i gomiti sul tavolo e lo sguardo fisso davanti a sé, perso nel vuoto. Non era affatto brutto o altro, come aveva voluto far credere a loro. Edmund non capiva proprio cosa avesse da nascondere.
Capelli castani mossi, occhi verdi, alto e magro...
Giovanni.
Erano piuttosto amici, durante la prima superiore. Poi, quando Edmund non aveva più frequentato la sua vecchia compagnia, non si erano più visti.
Fingendo di essere lì per caso, si avvicinò e lo salutò:
«Ehi, Jo!? Che ci fai qui?».
Giovanni si girò e lo guardò sorpreso per qualche secondo:
«Ed?! Niente! Passavo di qui! E tu?» disse in tono evasivo. Ma sembrò felice di averlo incontrato.
«Sono con un po' di amici. Te li presento, se vieni di là».
«No, no... Non mi va».
Edmund ancora non riusciva a capire perché non avesse deciso subito di andare all'incontro...
Si ricordò che la metà delle volte, Giovanni diceva il contrario di quello che pensava e faceva l'opposto di quello che voleva... Un po' come lui, in effetti. Ma lui lo faceva solo per conformarsi agli altri, ed impedir loro di conoscerlo veramente. Jo, invece, lo faceva per disorientarli, per spiazzare tutti. In effetti, ci stava un sacco con la sua identità del giornale.
Anche lui, come Edmund, si fingeva una persona del tutto diversa da quello che era in realtà.
«Sono ben quattro anni che non ci vediamo» gli disse Edmund.
«É vero!» rispose lui, sorpreso.
«Almeno di persona» aggiunse Edmund.
Ma Jo lo guardò senza capire.
«Allora, vieni di là? ti faccio conoscere i miei amici».
«No, te l'ho detto, non mi va».
«Perché?».
«Perché... sono di fretta. Anzi devo proprio andare».
«Certo, anche se sei appena arrivato...» gli fece notare Edmund.
«No, sono qui da un po'».
«Non dalle sette, vero?».
«Cosa?! Perché?».
«Niente, perché io sono qui dalle sette e se no ti avrei visto prima».
«Beh, scusa, Ed... Ma ora devo andare».
«Non rimani neanche un po'? Dopo ben quattro anni...».
«Mi dispiace... é che sono di fretta» disse Jo, e fece per andarsene.
«Questo dispiacerà a tutti...» disse Edmund, con tono noncurante. «Già vedo l'espressione di quella bella ragazza con gli occhi azzurri che ti sta aspettando di là e a cui dovrò dire che tu non vuoi più andare a conoscerla».

Giovanni si girò di scatto verso Edmund e lo guardò attonito: «Cosa?! Di che stai parlando?».
«Beh, non vuoi neppure sapere come si chiama? Credo che ci rimarrà un bel po' male, quando saprà che te ne sei andato... E continuerà per tutta la sera a chiedersi se è stata colpa sua. E poi... anch'io continuavo a chiedermi se non fosse stata colpa mia».
«Ed, ma di che diavolo...?» incominciò Jo, spazientito... Ma poi si bloccò a metà frase, il suo sguardo si illuminò e per poco non si mise a gridare:
«Il Corrotto?!».
«Puoi anche non urlare!» gli rispose Il Corrotto.
«Diavolo d'un cane!».
«Grazie per la cortese espressione».
«Dovevo capirlo! É proprio da te!».
«Che cosa è da me?».
«Impedirmi di andarmene!».
«Ma tu non vuoi andartene, no?» esclamò Edmund, sorpreso.
«Certo che voglio!».
«Beh, allora fa' pure, ma va' a dirglielo tu di persona che non li vuoi conoscere! Perché ora che sanno che sei qui, non voglio essere io a dirgli che li hai ignorati e te ne sei tornato a casa a stomaco vuoto» disse Edmund, risentito.
«No, che non ci vado!» mormorò a bassa voce Jo e scosse la testa. «Sei davvero strano, sai? Non eri tu quello che se l'era presa tanto quando Lo spettatore se ne è andata? Non le hai detto forse: "fallo pure, ma poi sappi che ti odierò per questo?". Non eri tu, quello che non voleva che il gruppo si disgregasse?! Beh, sei tu che lo stai disgregando! E non sai cosa ti perdi!».
Dopo qualche attimo di silenzio, Giovanni cambiò espressione e, di traverso, gli chiese: «C'è... c'è davvero una bella ragazza con gli occhi azzurri?».
«Sì, direi proprio di sì» gli rispose ridendo.
«The... The West Wind?».
«Sì. Giudica tu stesso».
«Non so...».
«Di cosa hai paura?».
«Ok, te lo dico... Ma non metterti a ridere, eh?!».
«Certo. Figurati!».
«È che non volevo rimanere deluso...».
«Deluso da noi?!» gli disse Edmund, un po' offeso.
«Beh, sì... Credevo che foste tutti un po'... come posso dire, un po' sfigati, ecco».
«Bell'amico!».
«No! Tu non capisci! É che ho sempre pensato che dentro io sono un po' nerd, ecco... E che, se mai avessi avuto degli amici con cui avrei potuto davvero condividere i miei veri interessi, sarebbero dovuti essere dei nerd. Ma questo mi spaventa, perché... Beh, ecco essere uno sfigato non deve essere affatto bello».
«Tu sei persino più pazzo di me!».
«Sì, può darsi. Ma c'è di più!».
«Che cosa?! Più di quello che mi hai appena detto, non può esserci!».
«Beh, ecco... Avevo paura di rimanere deluso soprattutto da Windy...». Edmund non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
«Ecco lo sapevo, che avresti riso!» esclamò arrabbiato e offeso e fece per andarsene.
«Ma no! Rido perché... Beh, non rimarrai deluso, te l'assicuro. Ma adesso vieni... per favore. Non mi va proprio di dir loro che te ne sei andato e che non sono riuscito a fermarti!».
Lo sguardo di Jo vagò oltre le sue spalle un po' spaventato.
Dopo qualche secondo, annuì.
«Avanti, seguimi» gli disse Edmund, cercando di trattenersi dalle risate.
A metà strada, Jo si fermò e gli diede una manata sulla spalla:
«Ehi, Ed... Sono contento che sia tu!».
«Anch'io,» gli rispose: «Altrimenti dopo quello che hai detto l'ultimo giorno avrei dovuto farti a pezzi. Ma, visto che sei tu, per la tua pazzia sei scusato!».
«Già, scusa per quello che ho detto sulla tua storia con Lo spettatore».
Edmund annuì, fingendo che ormai non gli importasse più nulla. Appena entrarono, Tommaso gli gridò: «Ma perché diavolo ci hai messo tanto!?».
Ma poi, vedendo Jo, rimase sospeso a metà sulla sedia e si zittì.
Tutto il tavolo calò in un breve silenzio. Dopo qualche istante, tutti si alzarono e accorsero verso Enry, in massa.
Senza nemmeno chiedergli se era davvero lui, gli dissero:
«Ero certa che saresti venuto, alla fine».
«Sapevo che era solo uno scherzo!». «Mancavi solo tu».
Anche Windy si era alzata e sembrava scoppiare di felicità, mentre gli diceva:
«Temevo che fossi troppo orgoglioso per farti vivo! Hai fatto bene a venire, altrimenti il mio spirito ti avrebbe perseguitato per l'eternità per togliersi i sensi di colpa!».
Chiaramente, Enry non era affatto deluso. E la stessa cosa valeva anche per Windy.
Sembravano tutti al settimo cielo...
Tutti...Tranne lui.

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