17. ADESSO SIAMO PARI - 2

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«Ed» disse Tommaso, come stesse semplicemente immagazzinando un dato.
Tommaso aspettava che fosse lui a cominciare.

«Che cosa c'è?» chiese Ed. Nel frattempo, per quanto possibile, cercò di dare al proprio volto un'espressione determinata ed inattaccabile. Anche questo faceva parte del meccanismo di difesa.

Tommaso rispose con una domanda retorica: «Allora, com'è che sei finito nella mia sezione?».

«Dovevo cambiare sezione per forza. E la tua era quella che mi ispirava di più». Alzò persino le spalle. Cosa per cui in seguito sentì un profondo disgusto per sé stesso.

«Sì, e credo di sapere sotto quali sembianze ti si sia presentata l'ispirazione!» constatò Tommaso, con rabbia.
«Lo credi?» disse Edmund, sempre impassibile.

«Lo so!».

«Lo dubito».

Aveva capito benissimo a cosa alludeva Tommaso: Diana.
Ma non si sentì pronto a confessare i suoi veri sentimenti ad un amico di infanzia che gli serbava rancore da una vita e conosceva ogni suo punto debole come le proprie tasche.

«Fa' come ti pare» disse Tommaso.

«Lo farò» rispose Edmund, mordendosi la lingua per non chiedergli spiegazioni.

Tommaso continuò: «Sappi una cosa, però».

«Cosa?».

«Non mi sarei affatto arrabbiato, se tu me l'avessi detto di persona. Credevi che non l'avrei capito? Ti sei dimenticato che non c'era alcun segreto fra di noi?».

«Uno sì» disse Edmund.

Questa volta aveva colpito nel segno. Sembrava che Tommaso avesse ricevuto una pugnalata alle spalle. «Allora adesso siamo pari!» esclamò.

«Se lo dici tu. Ma se tu non ti fossi arrabbiato, adesso, per una cosa che è tutta una tua invenzione...». Edmund cercò di fare qualche passo verso una riconciliazione. Ma sbagliò totalmente strada.

«Invenzione? Continua a fingere anche con me, e così sarai sicuro di non avere più un solo vero amico! A quanto pare, riesci a farti odiare da tutti!».

Tommaso doveva aver frainteso ogni cosa: probabilmente era convinto che Diana fosse l'unico vero motivo per cui Edmund aveva scelto di farsi trasferire nella D. Credeva che lui non avesse mai avuto alcuna intenzione di riallacciare la loro vecchia amicizia.

E Edmund aveva commesso lo sbaglio di lasciarglielo credere: si era sentito attaccato e si era difeso. Ma era stato stupido, e non aveva affatto mantenuto quel controllo di sé di cui si vantava tanto: aveva perso l'occasione forse irripetibile di chiarire fraintendimenti, e ne aveva invece creati di nuovi, alimentando quelli vecchi.

Ora non c'era modo di tornare indietro.

Per un momento, quella mattina, Edmund aveva sperato che l'atteggiamento cordiale di Tommaso fosse segno di qualcosa di più che un semplice atteggiamento di facciata, ma era evidente che, durante la conversazione che avevano avuto insieme a Diana e a Chiara, Tommaso si doveva essere fatto un'idea totalmente sbagliata. Edmund fissò l'ex amico per qualche istante, offeso per ciò che si era sentito dire e pentito di ciò che non aveva detto, poi annuì e, senza dire una parola, si avviò verso la panda azzurra di suo padre.

Di cattivo umore per il resto della giornata, poteva dire addio alla doppia riconciliazione in cui aveva sperato solo un attimo prima. Tommaso sapeva di Diana. E sapeva che Edmund non era affatto contento di essersi innamorato di una ragazza così diversa da lui, così insignificante e così stravagante, ma che, anzi, lo considerava come una sorta di abbassamento di grado.

Tommaso l'aveva presa come un insulto personale: il torto che Edmund faceva a Diana nel considerarla indegna del suo amore era lo stesso torto che aveva fatto qualche anno prima a Tommaso, considerando la compagnia dell'amico indegna della sua amicizia. Quattro anni prima, Tommaso aveva commesso un errore piuttosto grave, che aveva causato la rottura della loro amicizia. Quando gli aveva chiesto di perdonarlo, ormai era troppo tardi. Un anno era trascorso e, in un anno, Edmund era cambiato completamente. Lo perdonò, ma non tornarono più amici come prima.

Edmund era diventato una persona diversa, una popolarità della scuola. Desiderava davvero riallacciare l'amicizia con Tommaso, ma ormai era diventato impossibile far coincidere i diversi interessi dei due vecchi amici. Frequentavano compagnie diverse ed inconciliabili, e nessuno dei due voleva abbandonare la propria per quella dell'amico. Edmund era circondato da "oche e truzzi" di infinite varietà, mentre Tommaso da quelli che da sempre sono i nemici ufficiali dei suddetti, ovvero "nerd e sfigati". Entrambi rimproveravano l'amico per essere caduto così in basso, e soffrivano di quell'incompatibilità che si veniva a porre fra di loro come una distanza incolmabile. Per un po' continuarono a frequentarsi, ma questo era impossibile ed assurdo: non avevano interessi in comune, mettevano in imbarazzo l'altro con i suoi amici. Certo, non c'era una linea rossa disegnata per terra a separare nettamente le due categorie, ma la distanza c'era, ed era una distanza palpabile.

In realtà, Tommaso non aveva per amici solamente dei nerd: anzi, la maggior parte non rientrava in una categoria ben definita. Tommaso provò in tutti i modi ad adattarsi al nuovo mondo dell'amico...
Ma Edmund non fu in grado di fare altrettanto.

Fu quindi colpa di Edmund se la loro amicizia finì per dissolversi fra lontananze fisiche e mentali incolmabili.
Edmund salì sulla macchina del padre, e quest'ultimo gli fece un gran sorriso. Un sorriso spontaneo, come non gliene aveva visti fare da molti anni.

«Stavi parlando con Tommaso?».

Edmund annuì, con un groppo in gola.

«Ne sono felice. Allora il tuo primo giorno nella nuova sezione è andato bene, non è così?».

Edmund si girò verso il padre, colto dal desiderio di sfogare tutta la propria rabbia e frustrazione. Ma fu costretto a rimangiarsele entrambe: Andrew aveva acceso il motore e messo mano al volante con un'espressione di soddisfazione tale, che Edmund non se la sentì proprio, di cancellargli il sorriso dalla faccia.

«Sì. É andato proprio come avevo sperato».

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