72. NON SAREBBE PIÚ STATO COME PRIMA -2

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Io e Edmund rimaniamo soli.
Perché non l'ha rincorsa lui, invece che Tommy?
Solo ora che il suo sguardo non è attirato da niente di più interessante, si sofferma su di me. L'espressione dei suoi occhi è al tempo stesso indagatrice e imbarazzata.
Io perdo il controllo non appena incrocio il suo sguardo, e vado in panico:
«Io... Mi dispiace... Non volevo...».
«Non ti preoccupare» mi interrompe Edmund, fissandomi ancora con un'espressione insostenibile.
«Perché non vai anche tu a... Beh, a mettere le cose a posto con quella ragazza?» dico, incapace di fermare la mia curiosità. Perché Edmund se ne sta qui, con me, invece di rincorrere la famosa J-D?
«Preferisco che le metta a posto Tommy, le cose».
É forse un vigliacco?
«Perché lasci fare tutto a lui e non lo aiuti?!».
Mi sconcerta il fatto che, anche dopo ciò che è accaduto fra di noi e nonostante non ci parliamo quasi più, sono ancora in grado di insultarlo!
Edmund sembra un po' sorpreso per la mia critica e ripete, attonito, come se non capisse il senso della mia domanda: «Perché lascio fare tutto a lui?».
«Beh sì... perché non vai ad aiutarlo...?».
«Perché...» cerca di dire, scuotendo la testa senza comprendere il motivo per cui lo sto rimproverando in questo modo.
«Chi è quella ragazza?» esclamo, interrompendolo: come al solito, non sono in grado di fermare la lingua.
Un lampo di comprensione attraversa gli occhi di Edmund, e un sorriso malcelato mi fa capire che ho fatto qualche strana gaffe.
«È mia sorella» risponde.
«Tua sorella!».
Il mio sguardo - lo so - esprime una gioia e un sollievo evidenti, ma, mentre tento di nasconderli, si trasfigurano in un imbarazzo ancora più manifesto.
Edmund sembra perdere quel riserbo e quel contegno con cui mi aveva parlato poco fa e mi dice, facendomi compagnia nell'imbarazzo: «Chi... Chi credevi che fosse?».
«É molto bella, tua sorella» dico io, senza rispondere alla sua domanda.
Edmund sembra positivamente sorpreso dal mio commento...
«Lo penso anch'io» conferma, con un affetto fraterno così evidente che lo rende ancora più degno di stima ai miei occhi.
«Ma come mai è tanto arrabbiata con Tommy? Che cosa è successo fra di loro... fra di voi?».
Edmund si incupisce, e rimane un secondo in silenzio a fissarmi: «É successo...» incomincia.
Poi ci ripensa e scuote la testa, con tono alterato: «Penso che sia meglio che te lo racconti Tommy, quello che è successo...».
«Ah, ok» rispondo, delusa della sua improvvisa freddezza....
Per un momento avevo addirittura sperato... che saremmo tornati amici.
Dopo qualche secondo di silenzio, Edmund sembra voler riprendere il discorso: «Non è che non voglio dirtelo! É solo che... è una storia lunga... e non è un segreto mio, ma di Tommy e...».
Non riesco a trattenere un sorriso, felice che abbia sentito il bisogno di spiegarmi il suo silenzio...
«Oh, non ti preoccupare! Solo sono un po'... confusa: non sapevo che voi - tu e Tommy - vi conosceste così bene anche da prima di quest'anno...».
«Ci conosciamo da quando avevamo un mese di vita».
«Davvero?!».
«Sì, lui è il mio migliore amico» continuò Edmund.
Questa sì, che è una dichiarazione sensazionale. Credo che il mio sguardo sospettoso ed incredulo sia piuttosto manifesto, ma confesso che per un momento ho creduto che Edmund fosse impazzito. Tommy e Edmund migliori amici? Nei primi mesi di scuola non si sopportavano e non facevano che litigare... Gli ultimi mesi, è vero, li ho visti sempre insieme... Ma credevo che fossero diventati amici, non che lo fossero da sempre! O, forse, sono ritornati amici... Certo, dev'essere così!
«Ah, ecco! Ora capisco! Eravate amici, poi avete litigato e, infine, tre mesi fa, siete tornati amici. Giusto?!».
«In realtà, Tommy è sempre stato il mio migliore amico».
Ora incomincio a credere di essermi davvero innamorata di un pazzo. «Scusa, come è possibile?» dico, sentendomi crollare le braccia per lo sconforto di non essere in grado di seguirlo.
«Non abbiamo mai davvero smesso di essere migliori amici, anche se, è vero, abbiamo litigato parecchie volte, e in modo piuttosto serio».
«Non ci sto capendo niente...».
«Tommy è Jolly Joker» risponde Edmund, dopo qualche secondo, facendo un evidente sforzo su sé stesso per superare l'imbarazzo di dover tirare fuori un nome che ci riporta entrambi al pensiero della sua dichiarazione.
Io rimango in silenzio, sopraffatta dalla sorpresa, dal ricordo, e dalla consapevolezza di essere stata davvero stupida per non essermene accorta prima.
Edmund riprende la sua spiegazione: «Abbiamo passato la nostra infanzia insieme. Poi lui si è innamorato di mia sorella e abbiamo litigato... Quando è tornato a chiedermi scusa, siccome mia sorella non poteva sopportare neppure la sua vista, e io frequentavo una compagnia di amici che a lui non piaceva, abbiamo deciso di fondare Dragonfly. In questo modo, avremmo potuto rimanere sempre in contatto, e nessuno dei due avrebbe dovuto adattarsi allo stile di vita dell'altro... Agli occhi del mondo eravamo completi sconosciuti, o, al massimo, due semplici conoscenti. In realtà, eravamo migliori amici. Ma Dragonfly non è abbastanza... per mantenere un legame così forte...».
Qui si ferma: non è più in grado di proseguire oltre. Possibile che il ricordo della dichiarazione sia ancora così vivo, anche dopo tre mesi? Possibile che l'imbarazzo sia ancora così tangibile da non permetterci di parlare come due semplici amici?
O forse si è accorto del mio sguardo acceso di speranza? Forse ha capito che io vorrei tanto tornare ad essere sua amica? Che vorrei parlare con lui senza più insultarlo ogni parola che dico, che vorrei che non ci fosse alcun imbarazzo o rancore fra di noi, che vorrei scusarmi con tutto il cuore per come l'ho trattato ingiustamente, che vorrei fargli sapere quanto aveva ragione, e quanto io, invece, avevo torto...?!
Forse non riesce a sostenere il mio sguardo, perché anche lui vorrebbe le stesse cose e teme di aver frainteso il suo significato? No...
Sicuramente, l'unico motivo del suo imbarazzo è nel ricordo ancora vivido di quella che lui considera una figuraccia e per cui io gli sono tanto grata, ovvero l'avermi detto che mi amava.
«Grazie» gli dico, con un filo di voce, perché il resto è trattenuto nella gola da un forte senso di magone che mi fa salire le lacrime agli occhi.
Edmund mi guarda sorpreso.
«Di che cosa?».
«Di avermi detto tutte queste cose...».
«Niente... In fondo, era giusto che tu sapessi che Tommy è Jolly...».
«Già, mi chiedo come ho fatto a non capirlo prima».
«Non sempre si capisce ogni cosa quando si vorrebbe capirla...» dice, senza più guardarmi, e infilandosi la giacca per andarsene.
Io rimango attonita a fissarlo, sorpresa da quelle parole che racchiudono così bene in sé tutto ciò che vorrei rivelargli, cercando invano dentro di me il coraggio di rispondere...
«E ora, scusa... devo...» dice lui.
Mi mordo la lingua per impedirmi di parlare troppo. Se avesse voluto che io gli facessi le mie scuse, mi avrebbe dato il tempo di farlo: avrebbe aspettato che ci fossimo chiariti del tutto, prima di salutarmi...
«Andare, certo» concludo, dandogli esplicitamente il permesso di andarsene.
«Sì, sai, devo andare a recuperare...».
«Tua sorella, certo... A domani, Edmund».
Alza di scatto lo sguardo verso di me, con un'espressione confusa e incerta. «A... a domani» dice; e se ne va.

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