30. LA PALADINA DELLA GIUSTIZIA - 3

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Con gli occhi ancora pieni dell'immagine di Diana e le orecchie piene dell'eco delle sue risa, Edmund, frastornato, commise l'imprudenza di dirle che non era con lui che doveva complimentarsi, ma piuttosto con il vero eroe della situazione, ovvero Diana.

Alessia sentì istintivamente cosa stava succedendo nell'animo di Edmund, ma non fu in grado di controllare ciò che stava succedendo nel proprio.
Si sentì umiliata ed offesa perché Edmund le preferiva quella ragazza trascurata, eccentrica, che neppure ricambiava i suoi sentimenti. Quando lei, Alessia Rovere, la sua ex vicina di banco - la sua migliore amica - gli andava dietro da più di quattro anni. Non era giusto, che l'ultima arrivata si guadagnasse il suo amore in così poco tempo, quando lei lo corteggiava con pazienza da una vita, e poi... lei era perfetta per lui!

«É stata proprio una stupida» disse, esagitata: «Chissà cosa avrà nella pagella, per colpa di questa sua uscita!».

«Oh, no! Hai ragione! Per colpa mia...!» esclamò Edmund, perso nelle sue riflessioni, senza comprendere ciò che c'era dietro a quelle parole. Era così abituato a spegnere il cervello quando era costretto a sentire gli insulti di Alessia nei confronti di Diana, che non si rese conto che quella volta c'era una grossa differenza rispetto a tutte le altre.

Alessia continuò: «Tanto, ti ha dato lo stesso voto: non è servito a niente, se non a peggiorare la situazione... Anzi, ora il prof è convinto che voi siate fidanzati! Chissà quante te ne farà passare adesso, per colpa sua!».

«Fidanzati?! Cosa?» disse Edmund, come risvegliandosi da un sogno.

Alessia perse la testa, comprendendo che Edmund non la stava affatto ascoltando e che si era interessato a quello che aveva detto solo perché aveva pronunciato la parola "fidanzati" associata a Diana: «Certo! Non capisci che adesso, per colpa sua, avrai sicuramente un 3 di Storia?! Il prof si è messo in testa chissà cosa! Ad esempio, che voi siate fidanzati! Ti rendi conto? Voi, fidanzati! Tu e quella ragazza con i capelli rossi! Fidanzati!».

Edmund non rispose, si era reso conto della nota stridula nel tono di voce di Alessia. E aveva un brutto presentimento.
Non era il professore ad essersi messo in testa che lui e Dyn fossero fidanzati, era Alessia. E adesso voleva la conferma che ciò non era possibile.

Vicina alle lacrime, Alessia continuò: «Che stupido! Si vede lontano un chilometro che non ti piace... non è la ragazza per te! É proprio l'opposto...».

«Ma figurati se va a pensare una cosa così...assurda! È̀ un'altra di Zamponi» disse Edmund, ridendo.
Alessia rimase interdetta.

«Un'assurdità... Hai proprio ragione... Una vera assurdità, lo dicevo io» ripeté.
«Già, un'assurdità».

Alessia parve calmarsi un po'. Non le servivano molte conferme, per convincersi che una cosa che credeva improbabile fosse difatti impossibile, sopratutto quando desiderava poterlo credere con tutta sé stessa.

Così, dopo qualche secondo, con un sorriso tra il civettuolo e l'imbarazzato, incominciò un nuovo argomento.
«Sai che, qualche giorno fa, Fil mi ha chiesto se ci siamo messi insieme...?».

«Cosa?! Tu e Fil vi siete fidanzati?».

Alessia lo fulminò con lo sguardo: «Ma no! Assolutamente no! Non io e Fil! Io e te!».

Edmund non capiva: «Cosa?».

Alessia assunse l'aria di una maestra che parla ad un bambino di due anni con difficoltà di comprendonio: «Ho detto che Fil mi ha chiesto se io e te ci siamo fidanzati».

«Ah» si limitò a dire Edmund,che non sapeva come fare per porre fine alla questione senza ferire Alessia, ma senza neppure incoraggiarla.

Alessia si spazientì: «É tutto qui, quello che hai da dire?! "Ah"? Sul serio non aggiungerai altro?».

«Cosa dovrei dire?».

«Non ti stupisce neppure un po' che un nostro amico, che ci conosce così bene e da così tanti anni, abbia pensato che ci siamo messi insieme e sia venuto anche a chiedermelo?».

«Beh, sì, in effetti, la cosa mi stupisce...».

«E lo sai cosa mi ha detto quando gli ho risposto di no?».

«Che cosa ti ha detto?» chiese Edmund, con una fitta allo stomaco.

«Ha detto: "E allora cosa aspettate ancora?"».

«Ha detto così?».

«Sì, ha detto così! "Che cosa aspettate"! Esattamente così, ha detto» esclamò arrabbiata Alessia, con una risata stridula.

Edmund non poteva più far finta di non capire... Così la faceva soffrire per niente.
«Alessia, ascolta...» incominciò, con aria seria.

Ma Alessia non lo ascoltò. Disse, invece:
«Ti rendi conto? Fil ci vede sempre insieme, è ovvio che... voglio dire, noi due - io e te - ogni tanto diamo quest'impressione, no? Di star insieme, voglio dire».

«Alessia, io non credo che...».

«Allora sai cosa gli ho risposto io?».

«Ale, aspetta...».

«Gli ho risposto: "Glielo chiederò"! Ecco, cosa gli ho risposto. E quindi te lo chiedo adesso...».

«Ale..!».

«Perché non mi hai ancora chiesto di mettermi con te?».

«Perché... non posso, mi dispiace».

«Ma come, non puoi? Perché?».

«Non sono innamorato di te... Io credevo che fossimo solo amici».

«Ah, adesso non dirmi: "non voglio rovinare la nostra amicizia"! Sei un vigliacco!».

«Alessia, mi dispiace...».

«No, che non ti dispiace!» gridò.

E corse in bagno a nascondere le lacrime, lasciando Edmund a rodersi per il senso di colpa.
Sì, era vero, non avrebbe mai potuto dirle di sì: non la stimava neppure come amica... Ma questo non era affatto un buon motivo per farla soffrire come aveva fatto.

L'unica sua consolazione era che, quando Alessia avesse scoperto chi era in realtà Edmund, avrebbe anche capito di non essere mai stata innamorata di lui e di essersi immaginata tutto.

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