71. NON SAREBBE PIÚ STATO COME PRIMA - 1

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Sai, la gente è strana: prima si odia

e poi... si ama.

Mia Martini

L'aver terminato la simulazione della seconda prova d'esame, ovvero quella che più di tutte mette in ansia gli studenti, rende euforico Tommaso e depressa me, che di Matematica ho la sua media tagliata a metà.
Passare un intero pomeriggio a scuola per raggiungere come unico risultato la piena certezza di prendere 7/15 alla seconda prova dell'Esame di Stato, non è certo un'esperienza serena...
Per scaricare l'ansia recidiva, ci slanciamo fuori dal corridoio, verso le scale, per poi fiondarci fuori.
Tommy aspetterà che Edmund abbia finito la simulazione perché passeranno il resto del pomeriggio insieme, come sempre. Tra poco, lui tornerà su, mentre io me ne andrò sola soletta a prendere la corriera, rimuginando, se mi andrà bene, sul bassissimo voto che mi aspetta all'esame e, se mi andrà male, sull'ironia di essermi innamorata di Edmund proprio ora che a lui non interesso più. Rincorro l'ombra fuggitiva di Tommy qualche metro più avanti, e le dico: «Ehi, Tommy, quando saremo all'esame, mi aspetto che tu...». Svoltando l'angolo, faccio appena in tempo a vederlo, che, nella sua corsa sfrenata giù dalle scale, scontra una bellissima ragazza con indosso un larghissimo maglione color terra bruciata. Per un attimo,
il sorriso euforico indugia sulle labbra di Tommy, mentre afferra la ragazza prima che cada dalle scale, investita dalla sua furia post- esame, ma... il cambiamento del suo volto mi lascia attonita.
Appena riconosce la ragazza, Tommy si blocca, ancora con le mani sulle sue spalle, e la fissa con un'espressione esterrefatta e sconvolta, senza dire una parola.
Anche la ragazza è rimasta sconvolta alla vista di Tommaso, ma il suo volto esprime un sentimento ben diverso: rabbia, risentimento e... paura. Per quelli che mi sembrano istanti interminabili, i due rimangono a fissarsi negli occhi, ma, dopo un attimo, la ragazza si scrolla di dosso le mani di Tommy con rabbia e, dopo avergli lanciato uno sguardo capace di fulminarlo, si slancia di corsa su per le scale, scrollando le spalle come se ancora le scottasse il ricordo di quel contatto.
Tommy è fermo, immobile, sulle scale, con un'espressione ancora esterrefatta, a fissare davanti a sé il punto esatto dove un attimo prima c'era la ragazza. Dalle sue labbra esce un mormorio incomprensibile: «J-D». Sembra l'incarnazione dello Sconforto.
Io mi ritrovo senza parole di incoraggiamento, contesa fra un senso di discrezione, l'ansia e la curiosità.
Cosa diavolo è successo?
Ma Tommy non risponde alla mia tacita domanda, e neppure sembra accorgersi che io sono qua, dietro di lui, e che ho assistito alla strana scena.
Dopo qualche secondo, senza badare per niente a me, inizia a scendere le scale tenendosi al corrimano, con estrema lentezza, con le gambe piegate e tremanti, e con sguardo perso e vago.
Una volta arrivati nella hall, io non riesco più a trattenermi: «Tommy, chi era quella ragazza? Cosa vuol dire "J-D"?».
«J-D» ripete l'ormai senza vita Tommaso Assiri, poi si scrolla e sembra finalmente accorgersi della mia presenza: «Dy, ti prego, rimani».
«Rimanere?».
No, impossibile, cosa vuole che faccia? Tra poco (ormai le sei ore di simulazione sono terminate) Edmund avrà finito e scenderà ad incontrare Tommy. Con il mio stato d'animo post- simulazione, non sarebbe proprio una bella situazione in cui trovarsi... E se anche la mia presenza non mettesse più in imbarazzo Edmund, ormai io sono certa che non riuscirei a controllare il mio! «Sì, ti prego. Non ce la faccio, senza di te... Ti prego, resta... solo finché non...».
Non finisce la frase.
Oh, cavolo. Contesa fra il desiderio di aiutare il mio migliore amico e fra il mio cuore che scoppia...
«Io, forse... Se a te e a Edmund non...».
In quel momento, Edmund compare dietro di me, sulle scale, a fissarci.
Fingendo di non aver notato la mia presenza, ignaro del fatto che alla sua vista il mio cuore sta facendo la gara di tuffi e capriole giù per la mia gola, Edmund si rivolge a Tommy, con sguardo serio. Dev'essere qualcosa di molto importante: glielo leggo negli occhi.
«Tommy, su c'è J-D» dichiara.
Convinta di essere di troppo, faccio un passo indietro, mentre mi chiedo com'è possibile che entrambi conoscano questa J-D - che, evidentemente, è il soprannome di quella ragazza - e com'è possibile che Edmund sia al corrente dell'effetto che questo nome ha su Tommy.
Tommy annuisce: «L'ho notato».
Edmund sembra alquanto sorpreso: «Cos'è successo?» chiede, preoccupato.
«L'ho scontrata sulle scale».
«Ecco perché aveva quell'espressione sconvolta!» esclama Edmund, e sembra assumere la stessa espressione che rinfaccia alla misteriosa ragazza, espressione che ora accomuna, a quanto pare, tutti tranne me.
«Dopo tutti questi anni, è ancora...?!» aggiunge dopo un attimo, quasi volesse spiegarsi qualcosa che è privo di spiegazione.
Accorgendosi che la sua esclamazione ha fatto sfuggire un sospiro a Tommy, cerca di riparare al danno: «Mi dispiace, Tommy, non sapevo che sarebbe venuta... Mi aveva detto che se ne tornava a casa in corriera, e che non voleva un passaggio in macchina...».
«Con J-D, non si può mai essere convinti» constata Tommaso. Edmund gli lancia uno sguardo risentito: «Non è colpa sua, se dice sempre ciò che non pensa e fa sempre il contrario di quello che le dicono solo per far arrabbiare la gente. É un meccanismo di difesa. Ora non dirmi che ti sei arrabbiato perché è venuta anche se aveva detto di no... Siamo noi, che abbiamo creato il casino, non lei! Lei non sapeva che siamo tornati amici. Non gliel'ho mica detto, sai!». Quindi Tommy e Edmund erano amici anche prima di quest'anno... E perché Edmund difende J-D così animosamente?
Io non ci sto capendo più niente. Tommy e Edmund fanno finta che io non esista... Ma non saprei dove andarmene per lasciarli da soli... a meno che non passi in mezzo a loro per risalire le scale o non mi dilegui dall'altro capo del lungo corridoio per uscire dalla scuola. Nel tempo che ci impiegherei a percorrerlo, mi sentirei stupida e sciocca e loro finirebbero per accorgersi di me.
Mi limito a fare un passo indietro. Tommy non risponde. Sembra senza forze e senza fiato.
Edmund riprende, con tono più controllato:
«Mi dispiace, Tommy, ma penso che a questo punto oggi non vengo, così le do un passaggio e ne parliamo».
Ma come! penso io, indignata: preferisce quella J-D al suo migliore amico!
All'indignazione fa capo un altro sentimento, molto vicino alla gelosia. E se quella ragazza fosse...? Ma no, non li ho mai visti assieme...
Tommaso annuisce: «Tranquillo. Tanto lo sapevamo, che non sarebbe più stato come prima».
Edmund sembra ferito.
Ben gli sta.
É ovvio che io sono dalla parte di Tommy...
Anche se non sto capendo un accidente di quello che dicono.
«Non sarà necessario». Una voce femminile, alterata da un tono di rabbia, ma ferma e decisa, attira l'attenzione di tutti, compresa me. Alle spalle di Edmund compare la ragazza col soprannome J-D.
Bella, alta più di me, con intelligenti occhi luminosi color nocciola; i capelli castano-scuro, lisci, hanno un taglio irregolare, con una frangetta scompigliata che le dà un'espressione ribelle e determinata, le guance leggermente scavate, le mascelle pronunciate, la bocca dal disegno duro e deciso, le movenze femminili, ma un po' arroganti e sicure di sé.
Un largo maglione color terra bruciata le cade asimmetricamente dalle spalle, con le maniche tirate su fino al gomito, un paio di pantaloni marrone scuro stretti attorno al polpaccio da alti stivali marroni, con i lacci frontali, stile cavallerizza, e una borsa di pelle con una lunga tracolla. Nessun braccialetto, collana, o orecchino, ma solo un enorme orologio vecchio stile.
Mi piace un sacco il suo look, e ciò comporta naturalmente una fitta di gelosia allo stomaco, che si acutizza non appena noto la sua familiarità con Edmund.
Appena ha la nostra attenzione, avanza determinata, fermandosi al fianco di Edmund.
Edmund sposta lo sguardo da lei a Tommy. Lo stesso faccio io. Tommy sembra che abbia appena visto un fantasma e non le toglie gli occhi di dosso.
Non è che forse se la sono contesa, un po' di anni fa, e poi ha vinto Edmund?
No, ma che razza di cose vado a pensare!
J-D interrompe per prima il silenzio. Non sembra imbarazzata, ma solo molto arrabbiata.
Si rivolge direttamente a Edmund, ignorando me e Tommy.
«Se quel verme...». E indica Tommy, con un gesto nervoso ed elegante della mano: «É ancora tuo amico, Edmund, non sarà affatto necessario che se ne vada! Perché me ne vado io!». E mette subito in pratica la minaccia.
Edmund le blocca il passaggio, ponendosi fra lei e Tommy e afferrandola per un braccio: «Jade, no! Aspetta un secondo! Aspetta almeno che ti spieghi...».
Le lacrime sgorgano dagli occhi di Jade, dimostrando che sotto quell'aspetto duro e determinato c'è in realtà un cuore sensibile e vulnerabile.
Ma, vergognandosi delle proprie lacrime o, ancor peggio, risentendosi con se stessa per aver dimostrato debolezza, si arrabbia ancora di più. Perde il controllo, e strappandosi dalla stretta di Edmund, si slancia verso il corridoio. Appena è a distanza di sicurezza da noi, esclama, fra le lacrime: «E io che credevo che stessi dalla mia parte, Ed! Sei proprio...! Ti detesto!».
E se ne va di corsa, sbattendo la borsa a tracolla sulla porta.
Tutti rimaniamo in silenzio. Dopo un secondo, Tommy sembra svegliarsi da uno stato di trance e, mentre la insegue fuori dalla scuola, grida: «J-D! Aspetta! Lascia che ti spieghi!».
Come se Jade potesse sentirlo...

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