Chapter 25|| Don't Leave Me!

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Se non tenessi così tanto al mio telefono nuovo a quest'ora sarebbe già fuori dalla finestra, probabilmente sul gelato di un bambino. Non chiedetemi perché, sono solo le 6:40 di mattina, ed io ho fame, e voglia di gelato. Dopo aver accuratamente- per modo di dire- spento la sveglia mi alzo, trascinandomi in bagno. Non ho neanche la voglia di vestirmi e sistemarmi, così prendo due cose veloci della valigia prima di andare in bagno.
«Buongiorno Bionda!» mi saluta Michael, mescolando il suo latte e caffè.
«'Giorno Rosso!» ricambio, lasciandomi cadere su una sedia. «Stanca?» annuisco sbattendo la
testa sul tavolo. Un sorriso apprensivo, prima che finisca la colazione e vada in bagno.
«Tieniti pronta, quando esco dal bagno partiamo per l'aeroporto.» Acconsento con un altro cenno, prima di girare io mio latte con il caffè. Quando mi blocco di colpo. Aeroporto? I precedenti sette giorni sono passati davvero molto veloci, tanto che mi pare strano che oggi sia il gran giorno della partenza. Finalmente sto realizzando il mio sogno. Finalmente posso andare a Milano, dove tutto ciò che ho sempre desiderato si avvererà. Riprendo a mescolare il caffe-latte e osservo i cerchi che si creano sulla superficie del latte macchiato. Il discorso di ieri con Michael mi torna in mente: L'ho fatto perché non potevo permettermi di lasciarti qui. È il tuo sogno.
Ed è qui che notò la differenza tra lui e Ashton. Il primo sta facendo di tutto purché il mio sogno si avveri, io secondo ha fatto di tutto purché non si avverasse. Ripenso a tutti i momenti belli passati con Ashton, ma niente riesce a superare il dolore di un sogno distrutto. Improvvisamente mi viene voglia di chiamarlo o mandargli un messaggio, ma poi mi ricordo del telefono e dei numeri persi. Così decido di finire in fretta il latte, vuotando la tazza, per poi sistemare le ultime cose rimaste nella valigia, che userò per il viaggio. Quando sono pronta Michael esce dal bagno, sorridente. «Tutto okay?» chiede, afferrando anche lui il suo borsone, dandomi una mano con il mio. «Molto agitata!» esclamo euforica, facendo ridere il ragazzo dai capelli rossi. Carichiamo tutto in macchina e partiamo alla volta della boutique, con i Green Day di sottofondo, ovviamente.

Entro nel negozio, prima di vedere Debby e Marinette, che mi aspettano sorridendo. «Sei contenta? Realizzerai il tuo sogno!» dice la ragazza mora. Oggi Marinette è davvero vestita bene; una gonna corta e nera che fa contrasto con la maglietta bianca. Un cappello da baseball e un paio di Adidas bianche e nere. Le faccio un sorriso a 32 denti. «Non puoi capire la mia emozione. Sento che prima di atterrare sverrò.» «Mi auguro di no.» ridacchia Debby, seguita a ruota me e Marinette. Debby e Michael vanno a caricare le borse della prima in macchina mentre io vengo tirata da Marinette vicino a lei. «Quindi...» inizia sussurrando «passerai tre settimane da sola con Michael?» mi guarda con un sorriso malizioso. «Non vorrei rovinare le tue deduzioni o i tuoi filmini mentali, ma tra me e Michael non succederà niente. Oltre al fatto che io e Michael viviamo già sotto lo stesso tetto da soli, e che non è successo niente di niente!» Bigia. È successo eccome qualcosa. Ma meglio che Marinette non sappia.
«Ci sei?» mi chiede Michael. Saluto con un forte abbraccio Marinette, promettendole di portarle un souvenir o una cartolina. «Buona fortuna! Sono sicura che vincerete con il vostro progetto!» esclama dandomi il cinque. La saluto un'altra volta, raggiungendo Michael e Debby, già seduti. «Pronte?» chiede il ragazzo e, mente e noi due annuiamo, lui parte verso l'aeroporto, lasciandoci indietro la boutique e la città dov'è tutto è cominciato.

L'aeroporto era granito di gente: chi stava aspettando il volo, agitato, spaventato o contento, chi era al check-in, chi stava imbarcando i bagagli, chi si era appisolato sulle sedie, aspettando il volo. Bambini che scorrazzavano a destra e a sinistra, le mamme che li richiamavano, chi piangeva per la paura o perché stava lasciando un parente. Coppie che si baciavano, che si abbracciavano, che si dicevano 'addio'. Noi eravamo soltanto alcuni tra le centinaia di persone qui presenti. Alcuni che dovevano prendere il volo verso Milano. Alcuni con un desiderio. Ripenso alla piccola Charlotte, con la voglia di stupire, affascinare, ammaliare la gente con i suoi disegni, le sue creazioni, la sua fantasia. E ora ci sto riuscendo, dopo sforzi, fatica e sacrifici sono sull'aereo che mi porterà nella grande e storica Milano. Sorrido a Debby, colei che mi ha aiutata a rendere possibile il mio sogno, colei che mi ha fatto da mamma, dopo che ho lasciato la mia a Melbourne. Devo tantissimo a Debby, grazie a lei ho imparato ad essere puntuale, ordinata, a rendere perfetto ogni capo. Mi ha dato stile e gusto nella moda. Debby è una di quelle persone che è in grado di far brillare qualsiasi cosa, persino una ragazzina com'ero quando l'ho conosciuta. Volgo lo sguardo verso Michael e lo vedo stringere forte i braccioli della poltrona, il viso pallido e il respiro affannato. «Michael? Michael è tutto okay?» mi preoccupo subito, cercando il contatto con i suoi occhi color smeraldo. Scuote la testa, mantenendo lo sguardo fisso davanti a lui. Gli afferro una mano, carezzandola con il pollice. «È tutto okay. Tra poco saremo arrivati. Fai un respiro e concentrati sul movimento della mia mano.» Lo sento rilassarsi leggermente sotto al mio tocco. Quando siamo decollati le hostess si alzano così come alcune persone.
«Michael è tutto okay. Ora siamo in volo.» Questo non sembra tranquillizzarlo, perché sento la presa sulla mia mano ancora più stretta. «Mh che ne dici di guardarci un film? O ascoltare un po' di musica? Così, per passare il tempo.» Propongo, ottenendo la sua approvazione. Così guardiamo Star Wars, io per la prima volta, lui per la centesima forse. Per tutta la durata del film non ha mai mollato la mia mano, la teneva tra la sua come se fosse una cosa normale. Le hostess ci hanno servito da mangiare, siamo riusciti a dormire e, dopo parecchie ore, abbiamo fatto il primo sbarco. Quando finalmente ripartiamo l'emozione è troppa, mentre per Michael è più la paura. Facciamo anche l'ultimo viaggio mano nella mano, mentre cerco di tranquillizzarlo. Si addormenta sulla mia spalla e il suo respiro sul collo mi fa percorrere il corpo dai brividi. Viene svegliato di colpo da una turbolenza, che gli fa tornare il panico, da poco sparito. «Lottie che succede?» mi chiede, con l'ansia in gola. «Tranquillo! Non succederà nulla.» dico, cercando di convincere più me che lui. Gli stringo più forte la mano, continuano a disegnargli vari cerchi con il pollice sul palmo della mano. Sento il suo respiro diventare più veloce e la stretta della sua mano farsi sempre più forte. Cerco di muoverla un po', visto che la sta stringendo troppo, ma lui interpreta il mio gesto come se volessi lasciargli la mano. «Ti prego. Non lasciarmi!» «No Mike, non lo farò!» Detto questo superiamo la turbolenza e ci avviciniamo sempre di più all'Italia. «È meraviglioso!» dico guardando il passaggio fuori dal finestrino. Le nuvole, il cielo azzurro. «Quanto manca?» chiede Michael. «Tra poco atterreremo.» Ci guardiamo un altro film, prima dell'atterraggio, che agita non poco Michael. Lo sento tirare un sospiro di sollievo quando le porte si aprono e, sempre mano nella mano, scendiamo, pronti ad iniziare questa nuova avventura. Insieme.

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Scusate per il ritardo ma ho avuto dei problemi con la scuola, aka verifiche impossibili, ma dettagli.
Spero di essermi fatta perdonare con un capitolo più lungo del solito.
Intanto la Mottie (che non è il gelato Motta!) si sta avvicinando sempre di più. Cosa succederà nella nuova e grande Milano? Lottie riuscirà a sopportare Michael? E, soprattutto, incontrerà mai Enzo Miccio e Carla per mandare Michael a "Come Ti Vesti?"?
Spero di sì per l'ultima per la gioia di Lottie ahaha.
Beh detto questo...
Baci
||Vane.

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