Chapter 18|| Turn On The Radio!

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No, questa volta non ci sono i Green Day ad accompagnarci durante il viaggio in macchina, solo il silenzio. Debby ci ha lasciati liberi di tornare a casa, concedendoci quindi la giornata libera. Michael ha lo sguardo fisso sulla strada, una mano sul cambio e una sul volante, mentre io ho la testa appoggiata al finestrino. Amo guardare le case e gli alberi che si muovono ma in realtà non lo fanno, è solo una nostra impressione. Mi torna in mente Ashton quando, tempo fa, mi aveva detto, per scherzare, che gli alberi si muovevano. «È un illusione! Si chiama Scotoma, lo dicono anche nel Codice Da Vinci. "La mente vede quello che mente decide di vedere".» Lo sento ridere, una risata libera e genuina. «Mi sa che non ti sei documentata bene. La Scotoma è una malattia che colpisce la retina degli occhi, è un errore del Codice Da Vinci.» «Tu mi hai distrutto l'infanzia!» dico facendolo scoppiare a ridere. E quella risata risuona nella mia mente, tanto che il silenzio che c'era prima non esiste più. «Accendi la radio, ti prego!» Chiedo a Michael improvvisamente, facendolo corrucciare. Ma non fa domande, forse capendo, forse preferendo non entrare nel discorso. Improvvisamente la chitarra di Ed Sheeran inizia a riempire l'abitacolo e, dopo alcuni secondi, anche la sua voce.

Loving can hurt, loving can hurt sometimes
But it's the only thing that I know

Okay, credo che la vita mi voglia fin troppo male! Appoggio così la testa al finestrino e mi abbandono alle parole di Ed, così simili alla mia realtà, non accorgendomi di Morfeo, pronto a prendermi tra le sue braccia. E in sogno non ritrovo soltanto Ashton, ma anche il cameriere, che mi lascia parecchio perplessa.

«Potrai dormire qui, finché non sistemerò bene a camera.» dice Michael poggiando i borsoni vicino al divano, che diventerà il mio futuro letto. «Tranquillo, va più che bene. Non stare ad impazzire per me!» dico, sedendomi sul divano, che non è il massimo della comodità!
«Scusa, ma non posso permettermi troppo.» mormora leggermente imbarazzato. «Va benissimo! Tranquillo.» gli dico sorridendo, prima di chiedergli dov'è il bagno. «Qui puoi mettere i tuoi trucchi e tutte le tue cose da donna.» borbotta sempre più imbarazzato, indicandomi il bagno. Non era grande, questo era poco ma sicuro, però andava bene. Il lavandino e il water erano di un bianco simile a quello delle piastrelle, mentre la doccia ad angolo era piena di flaconi di bagnoschiuma e shampoo di ogni tipo. «È una fissazione?» chiedo, indicandogli i prodotti. Lui sorride imbarazzato. «Si, tengo molto all'igiene. Infatti se guardi qui» mi fa spazio e apre il mobiletto sotto al lavandino. Una ventina, circa, di confezioni di sapone e saponette dai colori e profumi diversi. «sono pieno di sapone!» ridacchio annuendo. «Beh almeno non puzzeremo!» Lui mi segue a ruota ridendo.
«Però per ora però dovrai tenere i vestiti nei borsoni. Mi dispiace!» mormora abbassando leggermente la testa, prima di uscire dalla stanza, seguito da me, che gli afferro la mano. «Michael quello che fai è già tanto. Se non fosse per te ora starei in un hotel, aspettando di andare alla stazione per prendere il treno per Melbourne. Quindi stai tranquillo! Hai già fatto abbastanza.» Gli afferro anche l'altra mano per averlo faccia a faccia e tranquillizzarlo, e sembra funzionare perché gli spunta un sorriso. «E poi ora sarà molto più facile fare il progetto per Debby, visto che abitiamo insieme.» aggiungo cercando di farlo sentire sempre più a suo agio, anche se dovrebbe essere il contrario. Annuisce sorridendo, decisamente più tranquillo. Poi ci guardiamo. Ci guardiamo e basta. Ma non normalmente, come fanno due persone, una difronte all'altra. Un guardare diverso. I miei occhi sono incastonati nei suoi, di un verde leggermente più scuro, dovuto alla poca luce presente nella stanza. I capelli rossi ormai sbiaditi. D'un tratto mi viene in mente Ashton, di nuovo. Tutto quello che abbiamo passato, i ricordi, le avventure, ogni esperienza, ogni viaggio che ha contribuito a scoprire una parte di noi due. Penso che la vita ci insegni sempre qualcosa, e credo che questa volta voglia dirmi di godermi quello che ho. E, forse, la rottura con Ashton stava solo a significare che avevo bisogno di concentrarmi su quello che volevo fare e che mi piaceva. Forse l'amore ha accecato l'immagine vera di Ashton, ovvero si colui che vuole solo le attenzioni per se stesso. Forse era geloso, forse era invidioso. Perché è diverso: un conto è essere geloso di Michael perché passa del tempo con me, un contro è essere invidioso dei miei progressi e della strada che ho fatto e sto facendo. Ora credo di aver capito cosa la vita vuole dirmi: Cogli l'attimo. E credo che il nome di questo "attimo" sia Michael. Per questo prendo coraggio e stringo più forte le sue mani e mi avvicino a lui, mi alzo sulle punte e, quando i nostri visi sono abbastanza vicini, poggio le mie labbra sulle sue. Le sento muovere sotto le mie, come in qualcosa di solo nostro. Mi morde il labbro, ma non sento dolore. In realtà non sento niente. Sbatto gli occhi, rendendomi conto di aver solo sognato ad occhi aperti e, non so come, ma credo che anche lui abbia visto qualcosa in quelle che sono le miei iridi.
«Ehm... devo fare la spesa, perché non ho niente per pranzo. Intanto puoi farti una doccia, se vuoi.» borbotta arrossendo, cercando di rompere la situazione imbarazzante. «Uhm, okay.» annuisco rossa in volto.
E forse le nostre mani non volevano ancora staccarsi.

Job Interview [Michael Clifford]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora