«Sveglia raggio di sole!» mi scuote Michael, mentre io sono ancora persa nel mondo dei sogni.
«Come mi hai chiamata?» chiedo ridendo.
«Raggio di sole! Perché sei bionda! O preferisci spiga di grano?» Ridacchio. «E raggio di sole sia!»
Decido di alzarmi dal letto, oggi abbiamo un incontro importante con colui che ha dato il via al concorso. Dovremmo parlare un po' del nostro disegno, se ha una storia e perché l'abbiamo realizzato. Ho, comunque, apportato una modifica al disegno. Il vestito non è più rosa, ma blu notte, decorato con alcuni dettagli dorati, che offrono brillantezza e lucentezza.
Indossai un paio di pantaloni bianchi e una canotta con le frappe nera, il tutto avvolto in una giacca rosa confetto, orlata dal pizzo.
Appena Michael mi vede cambia espressione, come se non fosse d'accordo con quello che avevo deciso di mettere.
«Troppo?» chiedo, e lui annuisce con un sorriso timido, come se avesse paura di contraddire i miei outfit, e come biasimarlo, avrei paura anche io.
Metto una camicia azzurrina e un paio di pantaloni neri. «Meglio?» Chiedo, per avere conferma, a Michael, che annuisce sicuro di se. «Decisamente.» Lo fulmino con lo sguardo andando verso la porta, ma lui mi ferma e mi fa avvicinare a lui. «Ehi, ce l'hai con me? No perché non volevo dire niente sui tuoi vestiti, mi sembrava solo troppo.» Si scusa, facendomi scoppiare in una risata. «Ma secondo te? Dai andiamo.» dico, continuando a ridere.La sala è grande, con un enorme finestra davanti a noi, che siamo seduti su delle sedie girevoli, aspettando che il direttore parli.
«Bene,» inizia pareggiando i foglio sulla scrivania. «voi dovreste essere Debby, Charlotte e Michael, giusto?» Noi tre annuiamo. «Io sono il signor White. Australiani vero?» annuiamo ancora. «Si sente dall'accento, io invece sono Americano.» aggiunge. «Io vorrei iniziare con alcune domande riguardo al vestito che la vostra datrice di lavoro, Debby, mi ha inviato.» Annuisco, veramente in ansia. Lui non era uno qualunque, era uno stilista che, da quanto ho visto dagli attestati appesi alla parete, ha fatto carriera sia in Francia che in Italia, paesi dove la moda è all'ordine del giorno.
«Allora... Charlotte,» inizio a torturarmi le dita tra le mani esageratamente sudate. «so che l'idea del vestito è stata tua. Perché proprio questo, perché è stato raffigurato in questo modo? I colori, le sensazioni. Non avere paura di aprirti.» Entro nel panico. Non so cosa rispondere e la lingua sembra aver smesso di funzionare. Sono insicura sulle risposte. Ho tanto dietro ai miei disegni che parlarne così apertamente mi paralizza. Non sono pronta ad espormi così, soprattutto in presenza di Debby e Michael. «Io ehm...» provo a dire, iniziando a sudare. «Forse non ho fatto la gusta domanda. Come mai sei voluta entrare nel campo della moda, allora?» ritenta lo stilista, un po' deluso. «Ehm...» Non so perché ma non riesco a proferir parola. «È sempre stata molto abile nel disegno.» inizia Debby, provando a tirarmi fuori da questa situazione. «Ma anche nell'abbinamento dei vestiti. Me ne sono accorta subito il primo giorno in cui si è presentata nella mia Boutique per fare un colloquio di lavoro. Aveva una maglietta bianca con un intreccio di lacci sul petto infilata sotto ai pantaloni neri. Il giubbotto senza maniche di pelle ricordava lo zainetto, del medesimo materiale e colore, che teneva in mano. Sembrava una di quelle ragazze di cui ti potevi fidare subito, e si è rivelata tale. Mi ha aiutata sempre, sia nel negozio come dipendente, sia nelle imprese più difficili come amica. Mi ha aiutata con i disegni per alcune delle case stilistiche dove lavoravo e per aggiungere abiti nuovi. Charlotte è proprio la ragazza giusta. La dipendente perfetta, ma anche l'amica ideale. Sempre pronta ad aiutarti. Sotto il disegno di quel vestito ci sarà sicuramente un significato molto preciso e profondo, che solo la nostra Charlotte deciderà quando e a chi dirlo. Giusto?» annuisco, sorpresa dalle parole di Debby. Sono sempre stata così come lei mi descrive, sempre disponibile, pronta e preparata per tutti? O è solo una sua opinione un po' graziata? Beh fatto sta che questa mia descrizioni, veritiera o meno, ha mosso un po' lo stilista. «Wow. Beh allora sto facendo la scelta giusta. Aspetterò. Quando vorrai dirmi il motivo avvisa.» Conclude il discorso, intenzionato a non continuare la conversazione. «Rachele vi accompagnerà all'uscita.» ci dilegua, iniziando a passare foglio per foglio sotto al suo occhio attento e, ormai, noi eravamo solo un ricovero sfumato.
«Io sono Rachele, vi prego di seguirmi.» Ci dice la ragazza. Indossava una maglia a maniche lunghe completamente nera, con il colletto leggermente alto. Portava una gonna nera stretta, con dei lacci incrociati sui lati della gonna. Delle calze nere e, ai piedi, un paio di stivaletti di un nero lucido. I capelli neri erano raccolti in una treccia laterale mentre il viso era ricoperto da un pesante strato di fondotinta e cipria, dove due occhi color dell'ebano spiccavano sulla pelle chiara, contornati da una moltitudine di passate di mascara. Non era molto alta ma, fortunatamente, i tacchi le slanciavano le gambe.
«Com'è andata? Se posso permettermi di chiedere.» ci chiede educatamente la ragazza, che non avrà avuto più di 21/22 anni, entrando nell'ascensore. Mi rifiuto di rispondere, troppo imbarazzata per la mia figura da pesce lesso. «È andata.» riposare semplicemente Michael. Nel frattempo abbiamo raggiunto il primo piano, dove la ragazza annuisce semplicemente e ci saluta. «Spero di rivedervi!»---
Okay, ce l'ho fatta. Ma, proprio mentre credevo di aver finito le verifiche e le interrogazioni, la prof di russo e di italiano decidono di fissarci un'altra interrogazione, quindi fanculo!
Però da ora gli aggiornamenti tornano regolari.
Cosa nasconderà il vestito di Lottie? E perché ha deciso proprio di cambiare colore? Aspettate con ansia il capitolo successivo, che segnerà l'inizio del conto alla rovescia di Job Interview.
Baci
||Vane!
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Job Interview [Michael Clifford]
Fanfiction«Stai scherzando vero? Vuoi lavorare conciato così? Ma scherzi?» «Ehm... che cos'ho che non va?» «Non lo so, i capelli rosso fuoco per esempio? Oppure gli orribili maglioni troppo larghi, che ti coprono le mani? O forse tutti quei tatuaggi e quel...