Chapter 29|| I've Done It!

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Mi sveglio avvolta dalle braccia di Michael. La sera prima siamo tornati in camera e il sonno ha vinto su di noi. Le sue braccia mi hanno accolta e riscaldata. Lo guardo ora dormire, gli occhi verdi nascosti dalle palpebre e i capelli blu sparsi su tutto il cuscino e sulla sua fronte. Glieli sposto delicatamente, per paura di svegliarlo, ma ottengo l'effetto contrario. Le sue palpebre sbattono velocemente, prima di aprirsi e rivelare i due occhi color degli smeraldi. «Buongiorno.» mormora con la voce impastata dal sonno, che mi fa ridacchiare. «'Giorno!» Lui mi attira di più a se e mi stringe tra le sue braccia, posando un leggero bacio sulle mie labbra. Dalla sera prima ce ne sono stati molti altri, ma niente di troppo. Mi piace Michael. A dire il vero mi è sempre piaciuto. E ne ho avuto la conferma quando lui ha baciato me per la prima volta, nel parcheggio. Ci sono stata tanto male quando si è chiuso in camera. «Oggi cosa dobbiamo fare?» chiede riavviandosi i capelli. «Credo che dobbiamo tornare dal signor White in mattinata, quindi è meglio se andiamo a vestirci.» dico, ottenendo un mugugno di disapprovazione. «Ma io voglio stare qui con te.» Lo dice con una vocina tanto dolce che mi si scioglie il cuore. «Su, dobbiamo andare.» Provo ad alzarmi, ma le sue braccia mi tengono attaccata a lui. «Lo sai quanto ci metto a vestirmi! Quindi alzati!» «Prima voglio un bacio.» Le sue guance si tingono leggermente di rosso, il che lo rende più adorabile. Gli poso un veloce bacio, che lui prova ad approfondire, ottenendo un mio sguardo torvo. «Dobbiamo andare!» Sbuffa, prima di invertire le posizioni, facendomi finire sotto di lui. «Se non mi lasci ti sputo in un occhio!» dico ridendo, mentre lui mi guarda offeso. «Ma che maniere, signorina!» Scoppio a ridere, seguita da lui che, dopo un ultimo bacio, mi lascia andare. Quando mi alzo vengo investita da un'aria fredda e rimpiango il calore e la morbidezza delle coperte e di Michael. Indosso velocemente un maglione rosa e un paio di pantaloni bianchi, finalmente contenta di stare al caldo. «Pronta?» mi chiede Mike ed io annuisco, correndo al suo fianco. «Oggi pomeriggio andiamo a fare un giro per i negozi?» propongo mentre camminiamo verso la reception, dove ci aspetta Debby. Lui mi afferra la mano e annuisce. «Va bene.»
«Lottie, vedo che sei uscita...» dice Debby, spostando poi lo sguardo sulle nostre mani intrecciate ed improvvisamente sento le guance farsi calde. «E che è successo anche qualcos'altro su cui mi aggiornerete dopo.» Lo stato di imbarazzo in cui io e Michael ci troviamo non si può neanche descrivere. «Su andiamo, che faremo tardi.» esclama, avviandosi verso l'uscita.

Rachele ci guida verso lo studio del signor White, lo stesso della scorsa volta. «Andrà tutto bene.» mi sussurra Michael all'orecchio. «Debby, Charlotte, Michael! Che piacere rivedervi. Speriamo questa volta di riuscire a concludere qualcosa.» dice il signor White, facendomi irrigidire sul posto. Fortuna che ci pensa Michael, che mi afferra la mano, capendo perfettamente come mi sento, e mi attira vicino a se. «Tutto okay Charlotte?» chiede l'Americano, vedendomi sbiancare. «Si. Iniziamo?» Inizialmente mi stupisco anche io della mia determinazione ma, l'unica cosa che voglio ora, è finire questo colloquio.
«Perfetto! La scorsa volta ti ho chiesto il motivo per cui sei voluta entrare nel mondo della moda, giusto?» Annuisco. «Posso avere una tua risposta.» Incrocio le gambe, tirando fuori tutta la sicurezza che possiedo. «Beh, fin da piccola il mio sogno era questo. Ha presente quei negozi dove vendono tutti quei vestitini con le frappe, i pizzi ed i merletti?» Lui annuisce, improvvisamente più attento. «Ecco! Io li ci perdevo la testa, come un bambino in un negozio di giocattoli. Inutile dire che ero sempre molto attenta a non sporcare o rovinare i vestiti che indossavo. Poi ho iniziato a disegnare; prima sugli album dove era già disegnato il corpo poi, da autodidatta, ho imparato a disegnare anche il corpo. Sono cresciuta con la moda, era inevitabile che a 14 anni non scegliessi una scuola di moda. Ed eccomi qui.» concludo, riprendendo a respirare. Michael mi sorride ed io aumento la stretta nella sua mano. «Invece come mai proprio la Boutique di Debby?» Sorrido alla donna affianco a me. «Mia zia era sua amica, così un giorno mi ci ha portata. Rimasi incantata da quei vestiti e dal modo in cui erano realizzati. Adoravo, e ancora adoro, lo stile di Debby.» Il signor White tira fuori l'originale del mio disegno, mettendola sul tavolo. «Me ne puoi parlare?» La presa della mano di Michael mi da la forza necessaria per esternare tutto quello che quel vestito racconta. «Volevo lavorare in quelle Boutique, avevo solo 13 anni, mi capisca. Però mia zia trovò lo stesso una soluzione. Affittò un appartamento per noi due a Sydney, quindi lontano dalla mia amata Melbourne, ed io iniziai li gli studi. Ogni giorno schizzavo tra la scuola e la Boutique, cosa che ancora mi tocca fare. Poi però, venne il giorno in cui compii 18 anni. Ero maggiorenne e quindi iniziai a lavorare alle Boutique in regola e l'appartamento divenne mio. In quell'anno incontrai un ragazzo, forse il mio primo vero e proprio amore.» Sento la presa di Michael diminuire, per cui lo rassicuro stringendo più forte la sua mano. «Decidemmo così di vivere insieme, visto che io faticavo ad arrivare a fine mese, almeno le spese in due erano più facili. Purtroppo, poco tempo fa, io e lui ci lasciammo.» Non volevo dire che era stato lui a lasciarmi, questa cosa rimaneva mia. «Non avevo un posto in cui stare, lo stipendio non bastava a mantenermi. Ero finita. Ero entrata in un periodo decisamente troppo buio. Come il colore del vestito. Nero. Nel frattempo aveva iniziato Michael a lavorare. All'inizio non andavamo molto d'accordo, ma poi tutto iniziò ad andare meglio. È stato lui a riportare un po' di luce in quel buio che era la mia vita.
Il vestito rappresenta questo, la luce che illumina il buio, una notte stellata. Perché tutto è più facile di notte.» Finisco, lasciando senza parole sia il signor White che Michael. «Questo è quanto.» Allento la presa alla mano di Michael ma lui la ristringe, con l'intenzione di non lasciarla andare. «Ha davvero un significato molto importante per te. Sono contento che tu me l'abbia raccontato.» «Ci credo, l'hai obbligata!» sibila tra i denti Michael, talmente piano che dubito che il signor White l'abbia sentito. «Mi piace molto il tuo stile, il tuo modo di fare e anche quello che metti di tuo in un vestito. Ho un'azienda anche in Australia, vicino a Sydney, sarai sicuramente tra le prime scelte. Ah, e ovviamente ti aspetterò qui a Milano per altri disegni. Hai un talento innato, complimenti.» Non sento più niente, nessuna tristezza, nessuna paura. Stringo la mano al signor White con un sorriso a trentadue denti, per poi abbracciare Debby, colei che ha reso tutto questo possibile. Infine mi butto praticamente tra le braccia di Michael, che mi stringe talmente forte da farmi mancare il fiato. «Ce l'hai fatta! Ce l'hai fatta!» mi sussurra, mentre io annuisco, stringendolo più forte. Ringrazio ancora il signor White, prima di uscire e, così dal nulla presa da un impeto di felicità, abbraccio Rachele. «Deduco che sia andata bene.» ride lei, ricambiando l'abbraccio. Annuisco, prima di saltellare verso l'ascensore, con direzione 'Hotel' dove mi aspettava una chiamata lunga tre ore con Marinette.
E finisco la giornata con un unico pensiero:

Ce l'ho fatta!

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Ecco svelato ciò che il vestito nascondeva. Vi dico già che siamo giunti agli ultimi capitoli, ma Job Interview non vi abbandonerà così. Presto lo capirete.
Capisco Lottie, Michael è un attentato alle mie ovaie! E non sono una Michael's girl!
Baci
||Vane

Job Interview [Michael Clifford]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora