Chapter 23||What Were You Doing?

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Entro in casa, lanciando le scarpe da qualche parte ai piedi del divano. «Dov'eri?» Sento la voce di Michael, prima di girarmi e trovarlo a pochi passi da me. In questo momento vorrei solo cacciargli un ceffone, sento infatti la mano formicolare, alimentata da una rabbia che non so spiegarmi. «Quindi hai deciso di uscire? Che c'è? Ti eri stufato di stare da solo steso in un letto?» Lui mi guarda stranito, con lo stesso sguardo con cui io guarderei me stessa, perché nemmeno io mi sarei aspettata una risposta così acida. Non so perché ce l'ho con lui, forse solo perché è stato tutto il tempo chiuso in una cavolo di camera senza dare segni di vita, e poi se ne esce all'improvviso, come se niente fosse.
Scuoto la testa, rispondendo  alla sua prima domanda. «Sono uscita per studiare.» dico, gettando il libro sulla tavola. «E ho trovato la soluzione al problema di Milano.» Mi avvio verso camera sua, chiedendogli il permesso, che lui mi da, di entrare. «Questa è la soluzione!» dico, indicando i bozzetti appesi ad una bacheca. «Spiegati.» «Possiamo avere il viaggio gratis se i nostri disegni piacciono.» Lo vedo riflettere qualche secondo, prima che annuisca. «Va bene. Allora faremo tutto il possibile perché piacciano.» Mi sorride, alzandosi dal divano. Devio il suo sguardo, ripromettendomi di non cedere, e mi avvio verso la porta, prima che le sue parole mi fermino. «Dove vai? Pensavo che dovessimo finire i disegni.» «Devo comprarmi un telefono nuovo, sai quello vecchio si è rotto.» detto questo esco, chiudendomi la porta alle spalle. Tiro un sospiro di sollievo, pensando a quanto sia stato difficile essere così fredda con lui, non dopo quello che è successo. Mi convinco che ce la posso fare, per Milano. Per la moda. È ora di essere un po' egoisti.

Mi stendo a terra, inspirando l'aria fresca, che mi solletica le narici. Afferro il telefono nuovo, intenta a fotografare qualcosa che potrebbe ispirarmi per il progetto. Osservo il panorama, gli alberi imponenti davanti a me, cespugli fioriti e non, un'immensa distesa di erba, popolata da margherite. Mi alzo, ripulendomi i pantaloni, prima di dirigermi verso casa, quando i miei occhi si puntano su una coppia. Lui le sta porgendo un mazzo di fiori rosa confetto, peonie. Adoro quei fiori, candidi e innocenti. Le foglie caduche si dividono il rosa e il bianco, creando un mix perfetto. La ragazza le afferra, prima di stritolare il ragazzo in un abbraccio. Tutto questo mi distruggere ancora di più. Sento la mancanza di una persona accanto a me. Sento che Ashton manca, manca come l'aria. Trovo la forza di non piangere davanti a tutti, ho già dato spettacolo una volta. E, per quanto quell'immagine possa essere dolorosa, riesco a trovarci un lato positivo. La forma delle peonie, la sequenza dei petali e il loro colore pastellato creano un insieme di elementi perfetti per la creazione di un vestito. Tiro fuori dallo zaino di jeans il mio blocco da disegno e lo inizio a sfogliare, cercando una pagina nuova. Questo album è una delle cose più personale e importanti che possiedo. La copertina è nera, con sopra disegnata, da me, una rosa rossa. Essa rappresenta l'originalità della banalità. Molti evitano le cose classiche perché troppo banali, facendole diventare poi originali. L'ho disegnata tempo fa, appoggiata all'isola della cucina, mentre Ashton era fuori casa. Una bellissima rosa rossa, colorata con i gessetti e poi sfumata con le dita. I contorni bianchi e la mia firma in basso a destra. Sfoglio tante pagine già disegnate, testimoni di momenti di felicità, rabbia, tristezza, prima di arrivare ad una bianca. Afferro la matita e inizio a disegnare lo schizzo di una ragazza. La matita segue le forme del corpo che man mano disegno, alcune righe sono più lunghe, altre più corte, alcune più dure e rigide, altre più morbide e leggere. Un ovale per la faccia, poi le spalle, il seno e la vita, le gambe e le braccia a concludere l'anatomia. Inizio a disegnare una forma stilizzata e semplice del vestito: due spalline abbastanza larghe, il petto non troppo scoperto e il seno viene coperto da alcuni decori floreali, che scendono fino all'inizio della gonna. Il vestito non è lungo, e la gonna non è troppo ampia. Sarà fatto interamente di tulle rosa antico, quindi disegno un'altra gonna sotto al tulle, che coprirà la coscia.
Soddisfatta del mio lavoro decido di tornate a casa, anche perché si sta facendo buio.

Quando entro in casa vedo Michael digitare un numero al telefono. «Sei arrivata in tempo! Come la vuoi la pizza?»
Spiega al pizzaiolo i gusti che voleva, mente io svuoto lo zaino e trovo il disegno.
«Che cos'è?» chiede Michael, quando finisce di ordinare. «Il vestito che ci porterà a Milano.» rispondo fiera. «Wow! È davvero bellissimo!» Faccio un cenno, per ringraziarlo, prima di alzarmi e andare in bagno. Lui riamane li, metà tra il confuso e lo stupito. Lo so che non dovrei trattarlo così, ma è l'unico modo per non soffrire ulteriormente e per non sprecare l'occasione di andare a Milano.
Quando la pizza arriva ci mettiamo a mangiare. Parliamo grazie a lui, che decide di farmi un sacco di domande. Mi chiede cosa ho fatto oggi e dove sono stata, l'idea del vestito e il telefono nuovo.
Quando arriviamo alla fine della cena gli pongo la fatidica domanda, quella che da ore mi tormentava: «Michael, perché non sei uscito dalla tua camera per tutto oggi? Cosa stavi facendo?»

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Che qualcuno faccia risorgere Kurt Cobain! Rivoglio i Nirvana!
Comunque, voglio ringraziarvi davvero davvero tanto per le mille visualizzazioni. È un grande traguardo per me, e non sarà l'ultimo, spero.
Non ho la più pallida idea di quale speciale fare, quindi accetto consigli!
Detto questo, grazie ancora e...
Baci
||Vane.

Job Interview [Michael Clifford]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora