Capitolo 47

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Ho un forte mal di testa.
La pancia che mi sta torturando.
E gli occhi stanchi.

Ieri, durante il compleanno di Nash, mi sono lasciata andare giusto un pochino. Ma solo un pochino.

Ricordo vagamente quello che è successo, almeno credo.

Quello strano gioco.
Io che bacio Aaron.
Io che vomito davanti a Gilinsky.

Poi non lo so.

Mi alzo dal letto, senza nemmeno domandarmi come io abbia fatto ad arrivarci, e a cambiarmi dopo tutto quello che è accaduto ieri.
Ringrazio al cielo che siamo in vacanza, benché non sarei riuscita ad andare a scuola con questo mal di testa.

Esco dalla mia camera da letto e noto che casa nostra è ancora un completo disastro. Mi chiedo come farà Maria.

Cerco in tutti i modi di non inciampare sui bicchieri o sulle bottiglie sparse sul pavimento, ma con scarsi risultati. Cado più volte ma senza farmi male, per fortuna. Ma a causa delle mie cadute, di conseguenza, dopo aver fatto rumore, ho svegliato Holland, che non appena esce assonnata da camera sua, mi sorride e si avvicina a me.

"Come riesci a tollerare tutto questo?" le chiedo mentre l'aiuto a scendere le scale.
"Abitudine ormai, oppure è la soddisfazione di vedere i ragazzi dopo mettere in ordine da cima a fondo" ridacchia assonnata.
"Ora capisco" le sorrido non appena arriviamo in cucina per fare colazione.

Ora che ci penso, non ho ancora i ragazzi, probabilmente, in base a quello che mi ha riferito Holland, staranno cercando di perdere più tempo possibile per non mettere in ordine questo porcile. Ma nonostante ció, cerco di godermi questi giorni di serenità.

Mentre navigo sui social del mio telefono, noto con stupore, quanta fama stanno raggiungendo i ragazzi su Vine, è incredibile.
Mi spunta un sorriso per la loro spontaneità nel far divertire gli altri con dei semplici video. Sono fantastici.

"Buongiorno" entra Nash in cucina cercando di stare in piedi. È distrutto e non ha ancora fatto passare la sbornia di ieri sera. Povero.

"Dormito bene?" domanda Holland.
"Non ne parliamo" risponde con gli occhi chiusi mentre cerca di sedersi per gustarsi la colazione.
"Almeno ti sei divertito ieri, giovanotto" lo stuzzica Holland cercando di rallegrarlo.
"Si si certo" risponde senza pensarci, cercando di sorseggiare il suo caffè.
"Non ti dimenticare di pulire eh... io vado ragazzacci" prima di uscire dalla cucina, da un bacio tra i capelli sia a me che a Nash. Mi sento così bene qui. Con loro.

Ora che ci penso, chissà come sta Raimy e sua madre, Monder. Sinceramente mi mancano e qualche volta mi preoccupo anche per la loro salute, chiedendomi spesso dove sono, che cosa fanno, oppure se li rivedrò ancora in futuro. Perchè nonostante il torto che mi hanno fatto, cercando di uccidere mio padre, loro facevano parte della mia vecchia famiglia, con la quale sono cresciuta e della quale non mi sono mai pentita di aver avuto a che fare e appartenere.

"Se vuoi ti aiuto dopo io fratellone" accarezzo la schiena di Nash, rilassandosi sotto il mio tocco.
"Sei così disponibile Lory, scusa" lo guardo confusa e faccio finta di nulla.
"Dai forza, ci aspetta un duro lavoro" gli sorrido mentre mi dirigo in camera per prepararmi alle pulizie post-party.

Naturalmente, dato che questa mattina si deve pulire, per pura coincidenza Matthew e Cameron non si presentano ad aiutarci. Ma preferisco passare una giornata con Nash, e chissà, magari si fa vivo anche Hayes tra qualche minuto.

Io e Nash raccogliamo tutti i bicchieri che troviamo per poi passare alle bottiglie, fino a quando non possiamo passare l'aspirapolvere. Per fortuna la cucina l'ha pulita Maria, insieme ai bagni, perchè non voglio nemmeno immaginare che orrore era presente in quelle stanze. In più, il mio vomito in cucina accipicchia. Alla fine nemmeno Hayes si è presentato ad aiutarci.

Verso l'ora di pranzo, finiamo il nostro lavoro e sento Holland chiamarmi dal suo ufficio, così lancio uno sguardo al ragazzo dagli occhi azzurri, un veloce sguardo e mi dirigo verso quella stanza in cui lei mi sta aspettando.

Non busso neppure per pura abitudine, e mi siedo subito su una sedia libera.

"Loreddel, cara, ti trovi bene qui vero?" mi chiede con un filo di preoccupazione nei suoi occhi, non appena la guardo bene dopo aver ascoltato la sua domanda.
"Certo, come mai me lo chiedi?" mi sento così in confidenza con lei. Ora però mi aspetto che me lo dica. Faccia a faccia, che lei è mia mamma. Perchè lo so. L'ho sentita. L'ha detto in ospedale a papà, me lo ricordo. E in più, dato che Nash è un idiota, insieme a Hayes, si sono fatti scappare il piccolo dettaglio che ogni volta che venivano qui, chiamavano Holland mamma, come avrei voluto farlo sempre io. Ma è okay, con il tempo mi sono abituata, ma non capisco perchè aspetti ancora così tanto a dirmelo, nel senso, è palese giusto?

"Lo so che è difficile non avere tuo padre qui ora con te, ma non lo troviamo da nessuna parte, mi dispiace" Holland, mi basti tu ora. Ma dimmelo.

Mamma, voglio chiamarti così ora.

"Avete tutto il tempo che volete, tanto non l'ha mai usato nel meglio quando ne aveva molto con noi, prima, in Italia" abbasso lo sguardo.

"Cosa intendi?" forse, anzi, di lei mi posso fidare, ma a una condizione.

"Prima dimmi, peró, tu sei veramente mia madre?" la voce mi esce tremolante e le mie lacrime si sono già accumulate nei miei occhi ormai lucidi. Sto tremando con la paura costante di non ricevere la risposta che vorrei sentire. Sto male, perchè non me lo ha detto nonostante tutti quei momenti adatti per farlo. Mi sento vuota, perchè non vorrei darle la colpa del tempo che non ha passato con me.

Per ora, vorrei solo che mi risponda con la sola verità.

Holland prima di rispondere peró, si alza e so avvicina a me, posizionandosi proprio davanti a me, alla mia stessa altezza. Mi accarezza il viso con delicatezza, mentre io assaporo ogni singolo movimento della sua mano sulla mia guancia sicuramente bagnata delle lacrime.

"Non è stata una mia decisione, ti giuro, sono stata presa alla sprovvista, ci siamo divisi, lui ti ha presa e io non vi ho più trovati. Io lo amavo tuo padre, davvero, ma un giorno, quell'amore per lui era diminuito ma lo amavo veramente. Ero felice di avere te e Nash, i miei due bambini, ma per voi, per la vostra felicità, non volevo una famiglia staccata, separata, fino a quando è successo. Tuo padre in Italia, e tu con lui" fa una breve pausa e continua "piccola mia, volevo dirtelo, nonostante sapessi già che tu mi considerassi già tua madre, ma io, dentro di me, non potevo ancora crederci. Non potevo credere di essermi riunita a te, dopo tutti questi anni. Non riuscivo a capacitarmi del fatto di aver sprecato tutti questi anni, mentre tu probabilmente stavi soffrendo. Mi dispiace, bambina mia" detto ció, mi abbraccia tra le calde braccia, lasciando tutte e due attaccate per un po' di tempo, cercando di assaporare tutto quell'affetto che tutte e due non avevamo condiviso con l'altra, dopo tutto questo tempo.

I always need him|| Cameron Dallas #watty2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora