Un nome che nessuno pronuncia

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Sherlock scrutò l'uomo di fronte a lui per un lungo istante, studiandolo. Perchè gli sembrava di averlo già visto? C'era qualcosa di familiare, in lui, ma ancora non riusciva a ricordarlo...
-Io non ho chiamato un taxi-ribattè infine, freddamente.
-Non significa che non le serva-replicò l'altro, ironico, quasi sprezzante.
Il consulente si avvicinò di un passo, continuando a scrutarlo: di certo non poteva essere un babbano, altrimenti la questione della bacchetta spezzata non avrebbe avuto alcun senso.

Poi, all'improvviso, ricordò.
-Mulciber...-mormorò, suo malgrado incredulo: uno dei Mangiamorte più fedeli al Signore Oscuro.-Credevo fosse rinchiuso ad Azkaban. Da anni, ormai.
Le labbra del Mangiamorte si tesero in un sorriso freddo.
-Diciamo che... ho dei buoni amici ai piani alti.
Il detective si accigliò appena, mentre con una mano, cercando di non dare nell'occhio, andava a stringere l'impugnatura della sua bacchetta nella tasca del cappotto.
-E da quando guida taxi?-domandò, in tono leggermente ironico.
Mulciber sogghignò maligno.
-È una bella copertura. Specie per il mio lavoro.
-... Il suo lavoro?
Il Mangiamorte gli rivolse un'occhiata saputa.
-Io la conosco, Sherlock Holmes. Il mio capo mi ha parlato molto di lei. Non appena mi ha mandato un messaggio con quell'indirizzo, ho capito. Lei vuole sapere come ho fatto a costringere le mie vittime ad avvelenarsi da sole. Muore dalla voglia...-Ridacchiò per il gioco di parole.-È per questo che non ha ancora estratto la bacchetta che ha in tasca. Non creda che non me ne sia accorto. Ma so anche perfettamente che non la userà.

Sherlock non distolse lo sguardo dall'uomo, la mano sempre stretta intorno alla bacchetta che però, in effetti, non si decideva a estrarre. Perché quel Mangiamorte aveva ragione: lui doveva sapere come aveva fatto. Era la sua debolezza. Odiava non capire... odiava non sapere le cose.
-Ammettiamo che sia così... cosa dovrei fare?
-Semplice. Faccia un giro con me.
Il corvino sollevò ironico un sopracciglio.
-... E perché mai? Per farmi uccidere?
-Io non voglio ucciderla, signor Holmes-rispose Mulciber, serafico.-Voglio parlarle. Sarà lei, poi, a uccidersi da solo. Se invece prova a chiamare la polizia o chi per loro, io mi ucciderò. Qui. Ora. Davanti a lei. E non saprà mai come ho fatto.
-Ma, in questo modo, non ci saranno altre vittime. Mi sembra già un bel risultato-gli fece notare il consulente detective.
L'altro, però, ghignò, salendo a bordo della vettura, sul lato del guidatore, e guardandolo ancora.
-... È vero. Ma lei non capirà mai come sono morte le altre. Cosa le interessa di più, dunque?

Sherlock sapeva di avere una scelta: poteva estrarre la bacchetta, schiantarlo-la strada in quel momento era pure deserta-e poi chiamare Lestrade. Ma quel Mangiamorte lo aveva toccato nel suo punto debole.
Lui doveva sapere.
Senza profferire parola, aprì lo sportello, e salì sul taxi, mentre le labbra del serial killer si curvavano in un crudele sorriso.

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John si ritrovò a tamburellare nervosamente le dita sul tavolo, colto da un'improvvisa agitazione: perchè Sherlock ci stava mettendo così tanto a tornare? Cosa diamine aveva da discutere con quel tassista che nessuno aveva chiamato??
D'improvviso, sullo schermo del pc apparve, finalmente, la mappa stradale di Londra, e un segnalatore mostrava la posizione del cellulare.
Ma John, al vederla, rimase incredulo: indicava il 221B di Baker Street... come era possibile?? Chiunque fosse in possesso del cellulare l'aveva richiamato, dopo il messaggio.
Non poteva essere in casa!

No...
Non in casa...

Colto da un'improvvisa intuizione, corse alla finestra, e vide Sherlock salire su un taxi. E, quando partì, nello stesso momento, il segnalatore si spostò.
A John fu, finalmente, tutto chiaro. Terribilmente chiaro.
Con il cuore che batteva all'impazzata, afferrò il pc portatile e la giacca, fiondandosi poi giù per per le scale dell'appartamento, lasciando la sua stampella appoggiata ad una sedia nell'appartamento, completamente ignorata e dimenticata...

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