Capitolo 20 - La tua risposta

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«Sento già il desiderio di ritornarmene a casa.» urlai per farmi sentire da sopra la musica e il vociare delle schiere di ragazzi che avevano invaso la casa di Ashton.

Ce n'erano dapertutto: seduti sui divani, spalmati contro il muro a strusciarsi, per terra a giocare al gioco della bottiglia. L'intero pavimento era tappezzato di bicchierini di cartone sformati, bottiglie vuote e schizzi di vomito.

Contrassi le labbra in una smorfia di disgusto a quella vista. La festa era iniziata da poco e già c'era gente ubriaca che rigettava l'anima in una casa che doveva sicuramente valere miliardi di dollari.

I genitori di Ashton erano dei ricchi banchieri e quella settimana erano all'estero per questioni di lavoro. Ma come avrebbero reagito quando appena ritornati avrebbero visto la loro adorabile dimora ridotta ad una discarica? Non osavo neanche immaginarlo.

Continuai ad inoltrarmi tra la folla insieme a Tyson, il quale davanti a me si faceva strada tra la calca di ragazzi che, muovendosi a ritmo della musica, non ne volevano sapere di spostarsi.

Dopo tante spinte e risposte a monosillabi rivolte da Tyson a gente a me sconosciuta, riuscimmo ad arrivare all'altra estremità dell'enorme sala. Non riuscivo a capire esattamente che tipo di stanza fosse ma giudicando dai divani e l'enorme spazio che la caratterizzava, molto probabilmente doveva essere una specie di salotto extralarge.

«Cosa vuoi da bere, pasticcino?» domandò Tyson, mentre davo un'occhiata all'enorme tavolo bandito di stuzzichini e varie specialità di alcool. La gamma di alcolici presenti in quel tavolo era a dir poco impressionante.

Di fianco alle patatine c'erano addirittura altre tre enormi casse di birra ad arricchiare la collezione. Sembrava che Ashton avesse svaligiato un supermarket.

Tyson continuava a guardarmi in attesa.
«Voglio solo dell'acqua.» risposi infine, afferrando un bicchiere e cercando l'acqua tra le bottiglie, ma sembrava non esserci.

Tyson mi prese velocemente il bicchiere di mano, schioccandomi un'occhiata scioccata.
«Acqua?» ripeté con un sopracciglio inarcato.

«Sì.» riposi con nonchalance. «Sono astemia.»

Sbattè qualche volta le palpebre, ancora incredulo.
Scosse la testa per qualche secondo. Pensavo avrebbe ribattuto con qualcuna delle sue freciattine ma non fu così. Si voltò nuovamente verso il banco.

«A quanto pare l'acqua non c'è, piccola.» Afferrò una bottiglia di coca cola e l'agitò per aria per mostrarmela. «Ti va bene questa?»

«Sì.» annuii con una scrollata di spalle. Mi versò un po' di liquido nel bicchiere e me lo porse.

«Grazie.» Afferrai il bicchiere, cercando di evitare il contatto con le sue mani, ma fu inutile.

Mi sorrise e si voltò a riempirsi un bicchiere di birra.

Il suo sorriso mi lasciò qualche secondo imbambolata ad osservarlo. Sentivo le farfalle invadermi lo stomaco. Com'era possibile che mi stavo innamorando proprio di lui? Mi ripresi non appena si voltò di nuovo verso di me.

«Che c'è?» chiese con espressione interrogatoria.

«Niente.» mi affrettai a rispondere, prendendo un sorso di coca cola. Lo sentii continuare a guardarmi e le mie guance quasi non presero fuoco per l'imbarazzo, mandandomi nel panico più totale.

Finalmente, dopo attimi che sembrarono eternità, distolse lo sguardo e tracannò tutta la sua birra in un sorso.

«Mi raccomando, non bere troppo. Non vorrei aggiungere altre foto alla mia collezione.» Gli indicai il bicchiere con l'indice e trattenni una risata quando mi rivolse uno sguardo carico di confusione. Mise il bicchiere vuoto sul tavolo e mi guardò accigliato.

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