Capitolo 21 - Fragola

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«Sei solo una troia!»

Sgranai gli occhi a quelle parole. Non potevo crederci che provenissero dalla bocca di Lane.

«Una troia!» ripeté con più rabbia, da dietro le mie spalle.

«Lane, sta' attenta a quel che dici.»
Tyson avanzò di qualche passo. Mi voltai, in modo da averla di fronte anch'io.

Delle lacrime le rigavano le gote arrosate e tremava come le foglie scosse dal vento autunnale. Le sopracciglia aggrottate, le labbra strette in una linea dura, l'intera sua espressione faceva trasparire la rabbia che provava nei miei confronti. Era davvero brutto ammetterlo, ma Lane mi odiava.

«Ragazze, calmatevi. Cerchiamo di risolvere la questione più pacatamente.» intervenne a sua volta Ashton, alternando lo sguardo tra noi.

Abbassai lo sguardo, in modo da non vedere la calca di ragazzi che si erano radunati attorno a noi e continuavano a bisbigliare tra loro.

«Io vado a casa.»

Filai via da quel luogo il più velocemente possibile, con la testa china e l'orgoglio ed il cuore ferito. Come aveva fatto Lane ad arrivare a tal punto?

«Terri, aspetta!»
Una mano mi afferrò per un braccio, facendomi girare.

Incontrai il viso preoccupato di Tyson, a pochi passi da me.

«Stai bene?»

Negai con la testa, cercando di cacciare indietro le lacrime che mi stavano offuscando gli occhi e rendendomi conto che non era per niente vero che non mi importava più di Lane.

Tyson prese un respiro e spostò la mano in modo da afferrare la mia e intrecciare le nostre dita.
«Andiamo.» mi incitò, avanzando verso l'uscita della casa di Ashton.

Percorremmo il viale mano nella mano, finché non raggiungemmo la sua auto. Mi aprì la portiera e salii. Poi fece il giro della macchina e si sedette al posto del guidatore.

Ingranò e in men che non si dica il veicolo stava già sfrecciando sull'asfalto della Southern Street, la strada principale.

Mi appoggiai al sedile, osservando le nubi scure coprire come un velo il cielo senza stelle.

I primi minuti nessuno dei due si degnò di parlare. L'atmosfera era stranamente tetra. Non riuscivo a credere che Tyson non se ne fosse ancora uscito con una delle sue.

Un brontolio squarciò il silenzio che ci avvolgeva. Mi coprii lo stomaco con una mano, mentre le guance mi si tingevano di rosso per l'imbarazzo.

«Scusami, non ho cenato.»

Tyson mi schioccò un'occhiata, mentre un angolo delle labbra gli si incurvava all'insù.

«Andiamo a mangiare allora. Anche a me è venuta un po' di fame.»

Costeggiò l'auto a lato della strada che dava di fronte ad un fastfood.

«Non è neccessario. Posso mangiare a casa.» obbiettai, sbattendo le palprebre e alzandomi dallo schienale.

«Oppure puoi mangiare con me. Visto che sono il tuo fidanzato.» alzò un sopracciglio, sghignazzando.

«Il mio f-fidanzato?» balbettai, ad occhi sgranati mentre sentii la gola diventare improvvisamente secca.

Si sporse verso di me, in modo da essere piú vicino.
«Sì, proprio così. E non osare rimangiarti quel che hai detto, perchè non ti libererai di me facilmente, pasticcino.» mi puntò un dito contro.

I suoi occhi caddero per qualche secondo sulle mie labbra, dopodiché si allontanò di scatto, come preso da una scossa.
«Andiamo.» mi incitò, aprendo la portiera e uscendo. Lo imitai e feci il giro della macchina per raggiungerlo.

My personal trainer [#Wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora