30° capitolo

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Abe era nei tiratori scelti, come me: mi stava dando una piccola dritta su qualche fucile. Ci sapeva fare con le armi, nella nostra compagnia era uno dei più bravi.

«Sei molto bravo con le armi» dovetti ammettere.

«Lo so ragazzina» ridacchiò mentre guardava dentro un mirino.

«Sembra che imbracci le armi da tantissimo tempo, e pure hai solo 24 anni» analizzai.

«Ohoo frena ragazzina non analizzarmi eh» sogghignò «Oh be sì.. forse ho iniziato prima a sparare che a camminare» rise della cosa, ma c'era altro sotto.

Lo guardai fitto e lui se ne accorse.

«Oh dai ragazzina non studiare anche me» disse lui ridendo «Non serve, te lo dico subito. Sono stato trovato da Curt in Afghanistan mentre mi addestravano per essere un bambino soldato» mi raccontò senza sofferenza.

«I miei non li ricordo nemmeno, mi avranno rapito o venduto non lo so. So solo che Curt mi ha trovato quando avevo quattro anni, e il gene del lupo mannaro non si era ancora manifestato, ma i suoi cristalli si illuminarono ed eccomi qui» raccontava così con calma come se la storia non fosse sua.

Armeggiava quelle canne a pompa e quei mirini come sempre.

«Che c'è?» mi guardò con un sorrisetto.

Lo stavo guardando con un smorfia strana, mi sembrava assurdo che non ci stesse male.

«Cosa stai farneticando in quella testolina supersonica eh ragazzina?» mi disse avvicinandosi e toccandomi la fronte con un dito: gli arriva al petto, era enorme.

«Non ti fa male?» chiesi con dolcezza.

«Oh no. Ero piccolo. Non ricordo molto bene, ricordo solo che mi stavano addestrando con rigidità, mi picchiavano, ma non ero lì da molto. I miei non me li ricordo nemmeno. Che male possono fare dei ricordi sbiaditi? Che male possono fare se quando ho vissuto quel momento senza coscienza e lucidità?» mi chiese retoricamente.

«Non ti fa male pensare a tutto quello che avresti potuto avere?» chiesi «Intendo se non fossi stato lì» precisai.

Non rispose, certo che gli faceva male, avrebbe voluto anche lui avere dei genitori, qualcuno da cui tornare, essere abbracciato, rassicurato e incoraggiato come solo una mamma e un papà possono fare.

«Ho tutto quello che potevo avere» rispose più freddo.

«E tutto quello che volevi avere, invece?» chiesi con prudenza.

Sospirò.

«Accidenti a te, ragazzina. Accidenti a te e le tue domande scomode» rispose spazientito.

Abbassai gli occhi mortificata.

«Non ti preoccupare, ragazzina. Sto bene» rispose con il tono addolcito dalla mia espressione.

"Sto bene", la bugia più detta del secolo. Mi bastarono quelle due parole per capire la sua maschera di ferro, anzi era di più di una maschera, era un'armatura la sua.

Era la prima missione che svolgevo nei tiratori scelti, ci sarebbe stato Chris, ma in ogni caso, nelle prossime missioni il mio compagno nella nostra piccola unità militare, la sniper team, sarebbe stato Abe.

«Pronta ragazzina?» mi chiese Abe mentre imbracciava il suo fucile di precisione.

«Pronta» risposi con nervosismo.

Chris era lì con noi, in una torre di avvistamento abbandonata.

Eravamo in divisa, Abe piegato sul fucile e io con il mirino d'avvistamento, mentre Chris faceva da contorno. Nella sniper team l'unità è composta da due effettivi, l'avvistatore e il tiratore scelto. Entrambi nella squadra devono essere cecchini avvicendandosi i ruoli per svariati motivi: l'affaticamento delle braccia del tiratore e l'affaticamento visivo dell'osservatore.

Cristallo e DiamanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora