Capitolo 11

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11

Uscii velocemente dalla piccola stanza, sperando che quell'uomo non mi seguisse. Ritrassi le lacrime dovute al nervosismo e vidi Harry esattamente dove lo avevo lasciato, con le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti e la testa piegata all'indietro, mentre guardava le luci soffuse che illuminavano l'ambiente. Si girò verso di me quando sentì il rumore delle mie scarpe.
«Com'è andata?» Chiese.
Scrollai le spalle. «Non come mi aspettavo. Ma dopotutto non lo vedevo da molto.»
Finsi un sorriso ed incrocio velocemente la sua mano, tornando dagli altri. Avevo già una piccola idea su chi rivolgermi per quei soldi. Avevo cambiato idea in pochi secondi. Ad Harry lo avrei detto più in la, non mi piaceva farlo preoccupare. Potevo gestire i miei problemi.
La musica rimbombò nelle nostre orecchie non appena ci trovammo sul balconcino sul quale ero stata minuti prima. Mi misi a braccetto con lui e scendemmo le scale, facendoci spazio fra la tanta gente che stava ballando. Ero felice di vedere che tutti si stessero divertendo alla mia festa. Non mi sarei mai aspettata una cosa così grande e strepitosa. Raggiungemmo Kylie e gli altri. La mia migliore amica mi mise subito in mano un cocktail. Harry si sedette su uno sgabello davanti al bancone e, poco dopo, mi tirò fra le sue gambe, avvolgendo poi le mani attorno al mio addome. Gli baciai il collo in risposta.
«Allora, tuo padre?» Azzardò Zayn.
Mi trattenni dal correre via. «È cambiato. Ovviamente è invecchiato, ma è mio papà. Mi fa piacere averlo qui.»
Mentii. Non mi faceva per niente stare tranquilla che lui fosse a pochi metri da noi, con una pistola nei pantaloni. Bevvi ancora un sorso del cocktail dal bicchiere. Kylie mi prese velocemente la mano e mi tolse il bicchiere, mentre ci dirigevamo al centro della pista. Movemmo energicamente i fianchi a destra e sinistra, tenendoci a ritmo con la musica. Minuti dopo fui fiancheggiata da Harry, che mi strinse il bacino possessivamente, facendolo scontrare col suo. Potei sentire la sua erezione contro uno dei miei glutei, mentre sentivo le guance avvampare.
«Questo è quello che mi fai, piccola.» Sussurrò poi con voce roca, mordendomi il lobo.
Mi liberai del suo braccio e mi voltai, avvolgendo le braccia attorno al suo collo. Mi avvicinai senza preavviso e feci scontrare le sue labbra piene con le mie. La sua lingua in pochi minuti fu a contatto con la mia. Sorrisi sulle sue labbra quando mi morse il labbro inferiore.
«Ti amo da morire.» Disse poi.
Gli sorrisi nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. «Ti amo anche io, Harry.»
La canzone che seguì fu un lento, così mi appoggiai del tutto ad Harry e mi lasciai trasportare dal ritmo di You're Missing It di Jason Walker. Harry premette le mani sul mio fondoschiena e fece in modo che i nostri corpi aderissero. Era la prima volta che ballavo un lento con un ragazzo etichettato come mio. Dovevo ammettere che era davvero una bella sensazione. Il cuore mi batteva regolare nel petto, mentre la colonia di Harry m'inebriava. Baciò lo spazio tra la mascella ed il lobo del mio orecchio, morendo poi quest'ultimo.
«Auguri, piccola mia.»
Sorrisi e lo baciai lievemente sulle labbra.
Non potevo chiedere regalo migliore.

***

Il giorno seguente mi alzai alle otto e trenta. La testa ancora mi rimbombava e nelle orecchie sentivo ancora il ronzio assordante della musica alta della sera precedente. In più, avevo i postumi della sbornia, dato che dopo il lento ci ero andata giù pensantemente tra shots e rum.
Scossi la testa al ricordo e mi diressi in cucina, bevendo un bicchiere d'acqua fresca. Sul divano erano ancora riposte tutte le buste dei regali che ancora non avevo aperto. Ma lo avrei fatto il prima possibile. In pochi minuti fui sotto la doccia, ad insaponarmi i capelli, mentre canticchiavo qualcosa di incomprensibile. Uscii e mi avvolsi nell'accappatoio, eliminando per bene gli ultimi residui di trucco colato sotto gli occhi. Camminai scalza verso la mia stanza ed aprii l'armadio. Non avendo voglia, tirai fuori semplicemente un jeans, un maglioncino bordeaux e un paio di scarpe da ginnastica. Di lì a poco fui pronta, dovevo solo indossare una giacca. La presi ed infilai il cellulare nella tasca dei jeans, mentre con una mano chiusi la porta a chiave e poi riposi queste ultime nella tasca della giacca.
Scesi nel parcheggio ed aprii la Charger, entrandoci e mettendola in moto poco dopo. Mi ritrovai a guidare nelle strade affollate di Las Vegas in una fresca domenica mattina.
«Oh, zitto.» Borbottai al mio stomaco quando brontolò.
Lasciai la macchina nel parcheggio delle Wayland Enterprises. entrai velocemente, schivando i dipendenti che andavano e venivano correndo. Mi diressi verso l'ascensore e e salii fino al settimo piano. Una receptionist si schiarì la gola.
«Signorina?»
«Sto cercando il signor Wayland.»
Lei controllò la cartellina. «Ha un appuntamento?»
«Sono sua nipote.» Liquidai in fretta.
Sembrò non crederci quando mi squardò, ma poi mi condusse fino all'ufficio di mio zio. Bussò tre volte, prima che l'accesso le fosse consentito.
«Cosa vuoi, Barbara? Sono fottutamente impegnato oggi. Abbiamo la fusione con la cooperation di Kydd.»
«Mi scusi, signor Wayland. Ma qui c'è sua nipote.»
Mi spinse dentro e chiuse velocemente la porta. Alzai la mano in cenno di saluto.
«Beverly, ciao. Come mai qui?»
Mi accomodai quando mi fece cenno. Si sbottonò i primi bottoni della sua camicia e allentò la cravatta.
«Ho un problema, zio. Un grosso problema.»
Sospirò. «Sentiamo, di che si tratta?»
«Papà.»
Sbatté violentemente il pugno sulla sua scrivania, facendomi sussultare. «Ancora quel figlio di puttana?»
Annuii, leggermente shockata dalle sue parole. Era sempre suo fratello, dopotutto.
«Ieri è venuto alla mia festa di compleanno. Mi ha chiesto venticinquemila dollari entro la settimana prossima. Non ho idea di come ricavarli.»
«Venticinquemila?» I suoi occhi si sgranarono.
«Venticinquemila.»
«Cazzo.» Sospirò.
«Cazzo.» Ripetei. «Dammi una mano.»
Sospirò ancora. «Ti presterò quel che posso. Ti tirerò fuori da questo guaio. È una promessa.»
Sorrisi sospirando. Avevo davvero paura di quell'uomo che era mio padre. Ma, per mia fortuna, mio zio era tutto il contrario, e per di più stava dalla mia parte.
Lo salutai con un veloce bacio sulla guancia, poi corsi fuori. Rientrai nell'ascensore e premetti il tasto del pianoterra. Uscii e mandai i capelli dietro le spalle. Con mia grande sorpresa, Louis era seduto nell'atrio, con la caviglia destra poggiata sul ginocchio sinistro. Guardava un punto fisso davanti a sé. Lo osservai attentamente quando si allungò, tirò fuori dalla sua valigetta una bottiglietta d'acqua e velocemente ingerì una pillola. Dei brividi mi percorsero la schiena. Si trattava forse degli ansiolitici?
«Hey, Louis!» Chiamai.
Lui ripose velocemente tutto nella valigetta. «Beverly, come mai qui?»
«Uh, mio zio è il capo di queste imprese. Ero qui a salutarlo.»
Lui sgranò gli occhi, incredulo alle mie parole. «Allora lo convinceresti a darmi il lavoro?»
«Cerchi lavoro?»
«Giá. Almeno nei weekend. Ho bisogno di qualcosa per vivere. E in più devo dividermi l'affitto con Niall.»
Annuii. «Vedrai che lo otterrai. Ora scappo, ci vediamo domani!»
Agitai la mano e camminai fuori, verso la mia macchina. Non appena allacciai la cintura, il mio cellulare trillò. Lo afferrai esasperata e lessi il messaggio.
STASERA SPETTACOLO SPOSTATO ALLE 21.45. PUNTUALE. MR. HAMILTON XX

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{SPAZIO AUTRICE}
Capitolo undici e più di 800 lettori! Non sapete quanto mi renda felice! Ringrazio tutti coloro che continuano a votare e quei pochi che commentano, mi fa davvero piacere!
Ora, però, mi dileguo.

La porta si aprì improvvisamente. Udendo il rumore, mi alzai velocemente ed Harry con me, tirando su i suoi pantaloni e allacciandoli con le mani tremanti dalla vergogna.
«Oh, quindi è così che tua madre pensa che tu stia studiando con "la tua amica".»

The showgirl [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora