Take Me Into Your Loving Arms

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Non so esattamente per quanto tempo riuscii a dormire, dato che la mia mente venne dominata da continui incubi.

Ciò nonostante, venni svegliato del suono di singhiozzi accanto a me.

Aprii gli occhi, notando di essere distante pochi centimetri dalle sue labbra, che mugolavano qualcosa di incomprensibile mentre le sue guance venivano rigate da calde lacrime di paura, o dolore, non riuscivo a capirlo

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Aprii gli occhi, notando di essere distante pochi centimetri dalle sue labbra, che mugolavano qualcosa di incomprensibile mentre le sue guance venivano rigate da calde lacrime di paura, o dolore, non riuscivo a capirlo.

Aprii gli occhi, notando di essere distante pochi centimetri dalle sue labbra, che mugolavano qualcosa di incomprensibile mentre le sue guance venivano rigate da calde lacrime di paura, o dolore, non riuscivo a capirlo

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«No...non di nuovo...» sussurrava nel sonno come se stesse supplicando qualcuno, strizzando gli occhi, «Lasciami andare...» tremava.

Non sapevo se fosse stato opportuno svegliarlo, ma almeno avrei messo fine ai suoi incubi.

«Eddie.» sussurrai scuotendolo con le gambe, ancora legate.

«Non toccarmi!» urlò terrorizzato, con gli occhi ancora chiusi.

«Sono io, tranquillo!»

Aprii gli occhi, che si incrociarono perfettamente con i miei. Erano rossi e gonfi di lacrime, pieni di terrore e tristezza. Non glieli avevo mai visti in quel modo.

«Tesoro, sei tu.» disse mentre un tenero sorriso gli appariva in volto.

Ero così imbarazzato. Non sapevo che avrei potuto dirgli al fine di non sembrare troppo falso ed insensibile.

«Ho parlato di nuovo nel sonno? Mi dispiace. Ti ho disturbata?»

«Non preoccuparti.» risposi dopo aver esitato un attimo, «ora sei al sicuro. Era solo un brutto sogno.»

«No. Era reale. Tutto è sempre così reale. Lui lo era. E ritornerà, appena chiuderò di nuovo gli occhi.» rispose voltando il capo e guardandosi intorno, come alla ricerca di qualcuno che non avrebbe mai voluto vedere.

Parlava di suo padre?

Ricordai di aver letto della sua infanzia nel referto medico trovato in giardino accanto ad una fontana, mentre fuggivo via da lui qualche oretta prima.

Come si può causare un'infanzia così traumatica al proprio figlio? E grazie al cazzo se poi fosse diventato così, incredibilmente folle e con una mente fuori da ogni principio razionale. In più, avevano contribuito quei bastardi della Murkoff a dargli il colpo di grazia con quei cazzo di esperimenti.
Denunciarli sarebbe stata la prima cosa che avrei fatto una volta uscito di lí.

Ma come?
E lasciarlo lì da solo?

«Lui non tornerà più.» gli dissi scrutandolo negli occhi, «Credimi se ti dico che ha già un bel posticino all'inferno solo per lui da un sacco di tempo.»

Spalancò gli occhi, mostrando un'espressione che non riuscii a decifrare. Che fosse un misto tra paura per il ricordo di quegli eventi passati e la netta realizzazione della presunta veridicità di ciò che avevo appena detto, questo non lo avrei mai saputo con certezza. Del resto, chi cazzo sarebbe riuscito a capire cosa frullava realmente nella sua testa?

Poi mi abbracciò, e io per un attimo mi sentii mancare il respiro. Con lui accanto ero sempre nelle difensive, nonostante qualcosa dentro di me mi spingesse a fidarmi di lui, ad accettare il probabile destino che la vita mi aveva riservato. Lui.

«Prometti che resterai con me? Che non te ne andrai?» sussurrò, «Non come...»

Non avevo intenzione di chiedergli come mai si fosse appena bloccato o di chi stesse cercando di nasconderne il ricordo alla sua già povera e malata mente. Che fosse sua madre?

«No.» gli risposi cercando di fargli percepire tutta la mia sicurezza, «Prometto che non ti lascerò mai.»

Lui si lasciò scappare una lacrima, baciandomi la fronte, poi la guancia, mentre mi accarezzava i capelli lasciando trasparire tutta la sua dolcezza.

Lui non era cattivo. Voleva solo essere felice.

Lasciai che le nostre labbra si unissero in un caldo bacio, facendomi cullare dal suono della pioggia che sbatteva nella finestra; e lui, mostrando un'espressione compiaciuta, probabilmente sentii tutta la bellezza di quel gesto così piacevole, dolce.

Proprio quello che ci voleva affinché il suo cuore pulsasse dalla felicità.

«Posso chiederti una cosa?» disse mentre mi accarezzava la guancia.

«Dimmi» sussurrai tenendo ancora gli occhi chiusi.

«Mi abbracci?»

Sicuramente, lui li vedeva come la prova inconfutabile che fossi realmente solo "sua" e che non potessi andare da nessuna parte, neanche se l'avessi voluto.

Ma forse, il desiderio di sentirsi protetto tra le mie braccia era piú forte della sua folle mania di possessione.

Perciò, sciolse lentamente i lacci, permettendomi finalmente di muovere i polsi.

Poi mi baciò le mani, tenendole strette tra le sue, mostrando tutta la sua insicurezza, nonostante la sua altrettanto incredibile voglia di sentire i nostri cuori martellare all'unisono.

Lentamente, gli misi le braccia intorno al collo, stringendolo a me. Percepivo la sua irrequietezza mentre mi cingeva la schiena, per poi sentirlo scoppiare in lacrime, e poggiare il volto sulla mia spalla.

«Sssh...tranquillo. Va tutto bene.» gli sussurrai stringendolo più forte.

«È da quando ero piccolo che non ricevo un abbraccio così.» rispose tra i singhiozzi, facendomi sentire incredibilmente triste.

La vita era stata così ingiusta con lui. Perché? Cosa aveva fatto per meritare tutte quelle sofferenze? Chiedeva solo un po' di felicità, come tutti.

Poi sentii una fitta alla gamba, mugolando un gemito di dolore e lasciandomi cadere nel letto, trascinandomi anche lui, che sussultò.

Mi guardava con quegli occhi gonfi, rossi, spalancati, così vuoti e spenti. Quello sguardo mi terrorizzava ancora. Nonostante ciò, cercai di non farglielo capire.

Piuttosto, mi lasciai andare in una risata, per ironizzare l'accaduto. E piano piano, anche nel suo volto iniziò ad apparire un dolce e tenero sorriso.

«Stai bene, tesoro? La tua gamba ti fa ancora male, vero?» mi chiese poi, passando velocemente ad uno stato di estrema preoccupazione.

«Tranquillo, è stato solo per un momento.» gli dissi continuando a mantenere un sorriso rassicuratorio.

Poi mi strinsi nuovamente a lui, che sentii sospirare.

«Sento il battito del tuo cuore, tesoro.» disse mentre mi sfiorava leggermente le labbra, provocandomi un inquietante brivido lungo la schiena.

Di paura.
Inconscia, sicuramente.
Perché io non ne avevo, anzi...

«Sarà più facile addormentarmi così.» completò la frase chiudendo gli occhi, mentre io gli accarezzavo i capelli.

Prima di addormentarmi anche io nuovamente, tenni lo sguardo perso nel vuoto per qualche secondo.

Ripensavo a quel bacio, a come mi fossi comportato fino a qualche secondo prima.
Fino a quel momento.
A come non mi riconoscessi più.

Ma tutto quello non era normale. Sicuramente, per quanto mi riguarda, la ferita si stava infettando, e di conseguenza, la febbre mi stava facendo perdere il senso della realtà.

O forse, anche la mia povera mente stava iniziando a cedere.

Non c'era altra spiegazione...

Love isn't for everybodyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora