checkmate

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Il cuore mi batteva all'impazzata, temendo il peggio. Ma non avevo tempo per riflettere, perciò corsi dritto dal direttore, chiedendogli un permesso di tornare a casa e lui, vedendomi sconvolto, me lo concesse.

Entrai in macchina e guidai velocemente sbattendomene il cazzo del limite di velocità o se qualche macchina della polizia avesse potuto vedermi.

La mia famiglia era in pericolo e io non potevo perderla per nessun motivo al mondo.

Fortunatamente la sede non era molto lontana da casa mia, perciò fui li in pochi minuti.

Una volta arrivato, vidi la porta d'ingresso socchiusa, come immaginavo.

<Lisa! Bambini! Sono qui! Mi sentite?> urlai mentre mi avvicinavo lentamente alla porta nonostante fossi completamente disarmato.

La aprii cautamente, venendo accolto da un buio angosciante e un silenzio di tomba. Cercavo di sforzarmi per sentire anche un solo piccolo respiro, ma niente. Era come se ci fossi solo io.

Ma una volta accesa la torcia del mio cellulare, realizzai di sbagliarmi.

C'erano tutti e nessuno allo stesso tempo. Una scia di sangue arrivava dritta ai miei piedi e degli angoscianti sguardi pietrificati e terrorizzati erano ancora impressi nei loro volti, ormai privi di vita.

Urlai dalla disperazione, mentre mi accasciavo davanti al corpo di Lisa e dei miei figli. La presi tra le braccia scuotendola, pregando e sperando che in qualche modo lei e i bambini potessero essere ancora vivi, mentre lasciavo che le lacrime mi rigassero il volto bagnando le guance di mia moglie.

Era tutta colpa mia...
Non avrei mai dovuto fare quella cazzo di denuncia. Ero stato così egoista, ancora una volta.
Lo ero stato quando avevo inviato a Miles Upshur quella maledetta email, spedendolo dritto dritto all'inferno nel quale probabilmente sarà morto. Per colpa mia.
E ora, ero stato così testardo e assetato di vendetta e giustizia da mettere addirittura in pericolo la vita della mia famiglia, che ora giaceva senza vita accanto a me.

Per colpa di tutto ciò avevo perso tutto...tutto quello che avevo e che mi dava la forza di restare in piedi e continuare a lottare per tornare ad una nuova vita ad essere felice, come avevo promesso ad Eddie.

Ma ora quella promessa non era più valida, e dopo aver fatto fuori quel figlio di puttana che aveva ucciso la mia famiglia non ci sarebbe stato più alcun motivo per continuare a rimanere su questo mondo tanto crudele e spietato.

Poi sentii una risata nell'ombra, il che mi portò immediatamente ad alzare il capo e illuminare la parete.

Ed ecco rivelarsi la persona della quale avevo dubitato per tutto quel tempo, con un sorrisetto beffardo e le mani sporche di sangue.

<Campbell...> sussurrai con un filo di voce.

> sussurrai con un filo di voce

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<Sono proprio io, signor Park.> rise facendosi più vicino a me tenendo impugnata la pistola, <Davvero pensava che non l'avremmo trovata? O che l'avremmo lasciato libero dopo che lei ha letteralmente mandato in rovina l'intera compagnia? Davvero fin troppo stupido da parte sua.>

<Lei è un imbroglione pezzo di merda!> mi limitai ad urlargli, nonostante in quel momento avessi voluto ucciderlo con le mie stesse mani.

<Non esattamente.> precisò, <Ho sempre saputo che lei sarebbe arrivato, il sopravvissuto agli orrori del Mount Massive Asylum! Sapevo già tutto. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, come e cosa avrei dovuto fare. Ma ho aspettato, fino ad oggi. E in fondo, mi guardi, cosa avevo da perdere? Perché mai avrei dovuto rifiutare una simile richiesta dal nostro carissimo ispettore Jeremy Blaire? Anche lui sapeva. Oh si. È stato proprio lui ad informarmi su ciò che sarebbe accaduto, persino della sua stessa morte. Forte, eh?> si fermò scrutandomi.

Ero rimasto tutto il tempo ad ascoltare con attenzione come la Murkoff non la smettesse mai di stupirmi. Ma nonostante avessi da sempre avuto sospetti sul dottorino, lui era comunque riuscito a farmela sotto il naso per colpa del mio egoismo. Perchè, forse, se non avessi mai inviato quell'email niente di tutto questo sarebbe mai successo...

<E come avrebbe potuto prevederlo lei, signor Park?> parlò nuovamente il bastardo, come se mi avesse letto nel pensiero, <Eppure, avrebbe già dovuto sapere da tempo che noi disponiamo di risorse che lei è troppo ingenuo per immaginare, oltretutto, non focalizzate esclusivamente su di lei. No, lei non è poi così speciale, ma la sua famiglia si. Ops, era.> Si corresse, per poi scoppiare in una sonora risata facendomi alzare di colpo da terra.

<VADA ALL'INFERNO!>

<Non intendo tornarci. Quello non è più il mio lavoro,> parlò puntandomi contro la pistola, <bensì questo.>

Così anche io mi lasciai scappare una risata.

<Mi spari pure. Tanto non ho più niente da perdere, come lei. Con l'unica differenza che io mi ricongiungerò con la mia famiglia in Paradiso. Lei resterà a marcire tra le fiamme dell'inferno, insieme a tutti gli altri suoi amichetti della Murkoff.>

<Poetico. Ha altro da aggiungere?>
<Vada a farsi fottere.>
<Seguirò il suo consiglio. Addio, signor Park.>

Strizzai gli occhi e per un attimo mi tornò in mente Eddie. Chissà dov'era, e se stesse supplicando Dio affinchè quel proiettile non mi perforasse la nuca. Perchè in fondo, lui non ha mai pensato ad altro se non alla mia felicità, e probabilmente non avrebbe mai voluto una fine simile per me. Lui che ha addirittura sacrificato la sua stessa felicità per permettermi di vivere una vita felice con la mia famiglia, che ora non c'era più...

Eppure, Simon Peacock mi aveva avvisato, ma io ero troppo accecato dal desiderio di vendetta e giustizia per dargli ascolto. Ed ecco il risultato. Di conseguenza, anche a me stesso, cosa mi restava? Nulla, solo una lunga vita inesorabilmente segnata dalla sconfitta.

O portata a termine dallo sparo che mi rimbombò nelle orecchie successivamente...

Poi aprii gli occhi, vedendo davanti a me Campbell inginocchiarsi morente, con un proiettile conficcato nel petto, sulla base del cuore e una luce riflettersi su di lui.

<Polizia! Ci sono dei feriti!> sentii un uomo parlare dietro di me e qualcun altro toccarmi la spalla lentamente.

Mi voltai, incontrando gli occhi angelici e puri della dottoressa Dixon.

<Waylon! Va tutto bene. Lei è salvo!>

Ma io non la stavo ascoltando, perchè nonostante il mio sguardo puntasse verso di lei, la mia mente era rivolta altrove. A mia moglie, ai miei figli, ad Eddie...

Tutti morti per colpa mia, solo mia. E niente e nessuno avrebbe mai potuto colmare quel vuoto formato dal mio egoismo. Loro erano tutto per me, la mia famiglia...l'unica cosa che mi reggeva in piedi. E dal tutto erano appena diventati un niente che non sarebbe mai più tornato come prima.

Avevo fatto la mia scelta, colpire la Murkoff, senza riflettere attentamente alle conseguenze. Senza riflettere sul fatto che quei bastardi avrebbero potuto farmela davvero sotto il naso perché dotati di potenzialità tali da permettergli di conoscere ogni mia singola mossa anche meglio di me stesso. Ancora una volta, la Murkoff aveva vinto a causa della mia disattenzione. Avevo parlato troppo presto, con la presunzione che tanto sarebbe andato tutto bene. E invece mai abbassare la guardia, eppure io avrei dovuto saperlo. Ma probabilmente, il mio errore era stato dettato dal fatto che fossi fin troppo umano e ingenuo per riflettere sulle mosse dei miei perfidi avversari. E loro, approfittandone, avevano gloriosamente vinto grazie ad una semplice mossa: la mia distrazione. Scacco matto. E io potevo soltanto dichiararmi umilmente sconfitto, senza proferire parola che, in ogni caso, sarebbe stata fin troppo superflua.

Love isn't for everybodyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora