Nightmare

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AVVERTENZA: i disegni che troverete nella prima parte di questo capitolo appartengono all'artista @Relina-Ru su Tumblr

L'oscurità si faceva sempre più fitta, mentre il mio respiro diveniva regolarmente più affannoso man mano che lo vedevo avvicinarsi furtivamente al tavolo sotto il quale ero nascosto, ansioso di scovare la sua adorabile preda.

Poi lo vidi allontanarsi e sparire nel nulla, il che mi diede qualche minuto per approfittare di ricaricare la mia telecamera ad infrarossi, senza la quale non mi sarebbe stato di certo facile, più avanti, muovermi nel buio.

Ma proprio mentre inserivo la batteria, mi sentii tirare violentemente dalla maglietta e sbattermi con le spalle contro il tavolo nella stessa brutale maniera.

Sussultai ansimando alla vista del mio più profondo terrore: i suoi occhi, rossi e infuocati di rabbia

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Sussultai ansimando alla vista del mio più profondo terrore: i suoi occhi, rossi e infuocati di rabbia.

«PUTTANA» sputó «perché hai cercato di lasciarmi?»

Tremavo come una foglia, il che non gli dispiaceva affatto

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Tremavo come una foglia, il che non gli dispiaceva affatto. Adorava vedermi in quello stato, completamente sottomesso alla sua folle ira, incapace di muovermi né di reagire prepotentemente alla sua ferocia dettata da una sete di vendetta senza fine.

«Pensavo tu fossi diversa. Pensavo che avremmo potuto crescere la nostra famiglia insieme!» continuó ad urlare mostrandomi il suo coltello.

Sgranai gli occhi, mentre invano tentavo disperatamente di piegarlo a compassione.

«Oddio no! Per favore no!» supplicavo, nonostante sapessi già perfettamente quale sarebbe stata la mia fine.

Vidi, infatti, i suoi occhi addolcirsi di una misera pietà sempre più fallace, probabilmente speranzosa di riuscire in qualche modo a calmare il mio timore dettato dalla vista dell'arma affilata.

«Sssh...» sussurrò avvicinando le sue labbra alle mie e baciandomi come se per tutto questo tempo fosse rimasto perennemente in un fondale e ora avesse finalmente raggiunto la superficie.

Aria era ciò che gli sarebbe entrata nei polmoni, nient'altro. Ed io lo ero.
La sua aria.

Ma, riluttante o forse semplicemente terrorizzato, non riuscii a sostenere il suo ennesimo cambio di umore, mostrando un'espressione disgustata, intimorita, più che sbalordita da quel gesto così semplice e naturale.

Eppure, anche questa cambió, non appena sentii una violenta fitta allo stomaco e il sangue salirmi in gola.

«Ora chiudi gli occhi.» sussurrò osservando fiero il suo coltello infilzato sul mio ventre sanguinante, «Non preoccuparti. Non durerà troppo, promesso.»

Tossii sangue, mentre sentivo gli occhi, pur essendo sgranati, già pesanti e stanchi

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Tossii sangue, mentre sentivo gli occhi, pur essendo sgranati, già pesanti e stanchi.
Stanchi di continuare a lottare, perché ormai inevitabilmente sconfitti. E con loro, tutto il resto del mio corpo e della mia anima.

«Sarò qui per te finché il dolore non passerà. Buonanotte, tesoro.» lo sentii terminare di parlare, e con esso, anche il mio cuore cessó di battere. Per sempre.

-

Mi svegliai di colpo urlando.

«Signor Park!» fece altrettanto qualcun'altro nella stanza. Campbell, riconobbi la sua voce.

«Si calmi! Va tutto bene!» continuó.

«COL CAZZO. Niente è mai andato bene! Niente!» mi innervosii io, ancora in preda al panico.

Perché mai avrei dovuto fare un incubo simile dal momento che quel dannato moro mi mancava così tanto? Che il mio inconscio stesse cercando di avvertirmi di qualcosa?

«È stato solo un incubo. Si calmi, la prego.»
Lo vidi alzarsi e prendere un bicchiere, che subito riempì con dell'acqua. Poi lo avvicinó alle mie labbra, ma io col braccio lo lanciai via con violenza.

«SI LEVI DALLE PALLE! LEI NON PUÒ CAPIRE. NON PUÒ.»
«Come può esserne così sicuro?» ribattè.

Davvero in aggiunta ai miei problemi avrei dovuto anche prendere imprese con uno della stessa cerchia di quegli infami?

«Perché solo chi passa attraverso i martiri dell'inferno può capire quanto un'anima può essere tormentata e torturata.» spiegai cercando di essere il più chiaro ed esaustivo possibile, affinché quel quarantenne si togliesse dalla mia vista.

«E lei che ne sa che io non ci sia passato?»
«Lei non ha idea di cosa sia il vero inferno.»
«Allora perché non me lo dice lei?»

«Perché non ci crederebbe.» risposi sperando che quella domanda fosse l'ultima del suo misero tentativo di capire i meccanismi della mia mente e provare a rimetterne insieme i tasselli.

«Già,» lo sentii sospirare dirigendosi verso la finestra, «nessuno potrebbe mai credere cosa regna su quelle montagne, probabilmente perché nessuno è mai tornato per raccontarlo. Non prima di lei.»

Parlava delle Lake County, il paesaggio che appunto poteva vedersi dalla finestra, in mezzo alle quali, nascosto tra i fitti alberi e piccole stradine che portavano inevitabilmente ad un'unica, terribile destinazione, si innalzava possente il Mount Massive Asylum.

Dunque scattai, mettendomi seduto nel letto e lasciando che il terrore invadesse prepotentemente il mio corpo.

«Lei è uno di loro.» parlai secco, guardandolo dritto negli occhi mentre stringevo a pugno le lenzuola.

Love isn't for everybodyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora