SWAT

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Fui svegliato da rumori di spari in lontananza, che mi fecero sussultare.

Agenti? Al Mount Massive?

Vidi davanti a me la sagoma di Eddie, probabilmente in procinto di svegliarmi. Fortuna che alla luce dei recenti avvenimenti avessi imparato a non avere mai un sonno pesante.

«Tesoro, dobbiamo andarcene!» sussurrò con voce tremante, come se dei semplici spari stessero avendo realmente il potere di impaurirlo. Proprio lui, che era passato sotto orrori ben peggiori di questi?

Cercai di mettermi seduto ed alzarmi, ma la mia povera caviglia non me lo permise, iniziando a pulsarmi e facendomi emettere un leggero gemito di dolore.

«No no no. Tranquilla, ti porterò io. Non affaticarti.» disse il moro mentre mi prendeva in braccio dolcemente, come in effetti fa un galante sposo con la sua dolce dama.

Ciò mi portó, per un attimo, a sentirmi così inutile, come fossi un peso morto senza alcuna utilità, che avrebbe potuto rallentare Eddie durante una probabile corsa e sicuramente non avrebbe potuto essergli d'aiuto se mai fosse stato attaccato.

Ma dato che al momento fosse inutile proferire parola, lo lasciai fare, e in una frazione di secondo ci ritrovammo già fuori dalla stanza.

Percorse tutta la sua ala facilmente nonostante avesse me in braccio, quasi come se stesse camminando normalmente senza dover portare alcun peso. Davvero tutti quegli agghiaccianti esperimenti lo avevano mutato così tanto da mostrare una forza impressionante?

Prima di lasciare il suo "inferno", lo vidi voltare leggermente lo sguardo indietro, gesto che non riuscii perfettamente a decifrare.
Il suo viso mostrava un filo di malinconia o forse stupore, poiché probabilmente, nonostante quella non si presentasse di certo come la prima volta che usciva dalla sua ala, mai lo aveva fatto per lasciarla definitivamente, dirigendosi, si spera, verso una nuova vita.

Eppure, quello si trattava semplicemente del primo step, dato che fossimo ancora parecchio lontani dall'ingresso principale del Mount Massive, la vera uscita dall'inferno sulla terra.

Perciò sussurrai il suo nome debolmente, nonostante fu il suono di altri spari a farlo tornare in sé. Lui, però, sembró non darci peso, voltando lo sguardo verso di me, che malgrado fossi inquietato a morte, gli riservai il più dolce sorriso che qualcuno potesse mai ricevere da me in quella situazione.

Ciò gli diede la forza per continuare ad avanzare, mentre dalle finestre vedevo il sole splendere alto nel cielo e sullo sfondo una croce bruciare dall'altra parte del Manicomio.

Voltai il capo verso il petto di Eddie strizzando gli occhi, pensando che non avrei mai voluto immaginare cosa cazzo fosse successo.

Come risposta ricevetti una carezza, segnale che Eddie si fosse fermato nel bel mezzo della corsa, solo per riservarmi una piccola ed insignificante carezza che, alla luce dei continui spari che sentivamo, magari avrebbe potuto costargli la vita.

Ma ancora una volta, lo Sposo mostrava che non tenere per niente a sé stesso, in quanto la cosa più importante per lui fossi io. Sarei sempre stato io.

Ma dato che lo stesso valeva per me e che avevo deciso di non lasciarmi abbattere dagli orrori di quell'inferno solo per salvare lui, gli feci cenno di continuare a muovere il culo, altrimenti avremmo potuto restarci secchi entrambi.

Gli spari si facevano sempre più frequenti. Che gli agenti stessero uccidendo tutti gli altri varianti e pazienti?

Ma perché? In fondo, non erano cattivi, semplicemente deviati in primis dai loro disturbo e secondariamente da quei cazzo di esperimenti di merda. Ma nessuno merita la morte, nemmeno Manera...

Parlava colui che aveva acconsentito ai suoi istinti uccidendolo a sangue freddo.

Passammo davanti alla grata di una porta, dalla quale potremo scorgere dall'altra parte un ascensore con a terra il corpo di un variante al quanto scheletrico e gli agenti intorno.

«Trager...» sussultó Eddie, portandomi a rivolgergli uno sguardo interrogativo. Ma quest'ultimo mi rispose semplicemente con un veloce cenno di capo, facendomi capire che non volesse proferire parola. Non al momento.

Perciò continuiammo a camminare, finché non sentimmo ulteriori spari seguiti da delle urla provenire probabilmente dai piani inferiori. Forse dai laboratori.

Sentii la testa pulsarmi, ed Eddie si allarmó.

«Tesoro!» lo vidi inquietarsi dopo aver visto la mia smorfia di dolore.

«Continua a camminare.» gli sussurrai poggiando il capo sul suo petto, tremando leggermente alla vista in lontananza di una figura nera non esattamente distinguibile sospesa sospesa in aria.

L'ammasso di muscoli e ossa rotte.

L'unico strumento di tortura dei pazienti.

La rovina di quel manicomio.

Il Walrider.

Love isn't for everybodyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora