Fight For You, Die For You (part 2)

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«Corri, tesoro! Vai alla palestra!» mi ordinó soffocando alcuni gemiti di dolore.
 
Stavo per mandarlo a fanculo sputandogli un sonoro "col cazzo, io non ti lascio!", ma stavolta il tempo era davvero troppo poco per tentare invano di compiere gesta eroiche.

Il cannibale avanzava velocemente verso di noi, che ci allontanavamo sempre di più correndo verso il luogo stabilito.
Al nostro arrivo, udimmo ad eco il suono della motosega che avanzava verso di noi, ormai sfiniti dopo quella lunga corsa che ci parve infinita.

Eddie tossiva, il che mi preoccupava. Entrambi ci scambiavamo sguardi di timore, l'uno per l'altro. Sapevamo che non avremmo potuto continuare così per molto, io con la gamba che mi pulsava terribilmente, e lui con la ferita al torace.

«Sei mio ora!» parló poi improvvisamente Manera, afferrandomi per il polso e facendomi perdere l'equilibrio.

Caddi a terra, vedendo il cannibale avvicinarsi minacciosamente a me, per poi venire freneticamente attaccato alle spalle da Eddie.

«Non permetterò che uno sporco maiale come te le torci un solo capello! Lei è mia! MIA!» urlò il moro, mentre Manera cercava di divincolarsi.

Guardandoli, mi venne in mente quel momento in cui io, inerme, legato al tavolo e completamente nudo, osservavo Gluskin e un altro paziente affrontarsi, poiché quest'ultimo, saltando dal nulla addosso allo Sposo, non gli aveva permesso di adempiere la sua volontà, castrarmi, cosicché io potessi diventare la sua sposa.
E io, approfittando di quel momento di distrazione, ne avevo approfittato per liberarmi dalle corde che mi tenevano legati i polsi, infilarmi i vestiti e correre via da quella stanza, dolore alla gamba permettendo.

Ma non questa volta. Non avrei permesso a nessuno ti sfiorare ad Eddie un solo capello. Il mio Eddie.

Mi alzai di colpo da terra, pensando che probabilmente non fosse una buona idea buttarmi violentemente sui due litiganti cercando di separarli. Avrei dovuto farmi venire un'idea, qualcosa con cui allontanare il cannibale senza alcuna esitazione, e in fretta.

Appenderlo al soffitto, magari.

Corsi a prendere una delle corde che pendevano da esso, avvicinandomi poi al cannibale che aveva appena steso a terra Eddie. Quest'ultimo, terrorizzato, mi lanciò un'occhiata, e io senza alcuna esitazione, legai la corda al collo di Manera, che per divincolarsi mi ferí la gamba nel punto esatto in cui avevo la ferita, con la motosega.

Soffocai un urlo di dolore, dando successivamente un calcio nelle gambe del variante per farlo cadere in ginocchio e lasciare andare l'arma.

Successivamente iniziai a tirare l'estremità della corda che avrebbe dovuto far alzare l'altra, e quindi, il variante, fino a farlo prendere dal soffitto.

La mia prima preda, nonostante quest'ultima fosse fin troppo pesante per me, dal momento che mi ritrovassi pieno di dolori alle ossa, e con la ferita alla gamba ora letteralmente peggiorata dal taglio della motosega.

Ma non gliel'avrei lasciata vinta. Dovevo resistere, e riuscire ad avere la forza per completare l'obiettivo che mi ero prefissato: compiere il mio primo omicidio, uccidendo Manera una volta per tutte.

"Perché lo sto facendo?" pensavo.

Non sono un assassino, e non avevo mai voluto far del male ai pazienti, dal momento che non c'entrassero nulla con quei pezzi di merda della Murkoff.

Allora, perché stavo per uccidere quella povera anima tormentata?

"Per Eddie. Lo sto facendo per lui." mi risposi continuando a far alzare la corda.

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