Wrong || Niall Horan

Capitolo 2

Un taglio, un altro taglio, stavolta però nelle gambe, perché le braccia erano piene per quel giorno.

“Ross!”, mio padre mi chiamò da sotto, stava salendo le scale per venire in camera mia. Cazzo.

Mi affrettai a chiudere la lametta dentro il cassetto, presi un fazzoletto e l’appoggiai sulle ferite, mi rialzai i pantaloni e mi misi sdraiata sul letto, tutto nel giro di circa trenta secondi, giusto in tempo.

Entrò nella mia camera incazzato, si vedeva solo dalla sua espressione ormai familiare, mi sventolò davanti alla faccia un foglio, appoggiandomelo sul petto. “Ho chiamato la scuola e hanno scelto un tutor per te, è ora che cominci a recuperare o perderai l’anno, i tuoi voti fanno schifo.”, disse.

Mi misi a sedere con cautela, guardando i miei voti sulla pagella. Di antologia avevo sette anche se non facevo mai i compiti (quella prof mi amava e non capivo perché) e dato che mi insegnava anche storia avevo sette anche lì. Quattro di matematica, religione non la facevo, otto di ginnastica, cinque di fisica, quattro di arte, inutile continuare perché il resto erano due sei e due cinque. Mi morsi il labbro inferiore. “Dai non è tanto male. Mi aspettavo di peggio.”, dissi quasi a bassa voce, ricevendo un’occhiataccia da parte di mio padre, “Dai non voglio un secchione che mi fa da tutor! Chi se ne frega se perdo l’anno!”, continuai.

“Ross ma ti rendi conto? Hai un sacco di insufficienze e se non recuperi perdi l’anno e dato che io voglio che tu finisca questa scuola, ti ho già chiamato il tutor. Arriverà tra poco.”, guardò l’orologio da polso, mi sfilò la pagella dalle mani e si avviò per la porta.

“Non puoi averlo fatto!”, urlai quasi in preda alla disperazione. Non potevo crederci, mi aveva appena chiamato un tutor contro la mia voglia. Avrei dovuto ‘socializzare’ con un mega secchione sicuramente antipatico, e non se ne parlava di socializzare con nuova gente. Ormai ero diventata solitaria e solitaria volevo rimanere.

“Mi dispiace Ross, lo faccio per il tuo bene.”, disse ridacchiando quasi. Intravidi la sua punta di orgoglio negli occhi verde cristallo e uscì da quella stanza, lasciando la porta aperta.

La rabbia mi bollì dentro come non mai, serrai i pugni e la mascella per l’agitazione. I tagli mi bruciavano da matti. Mi alzai dal letto e mi tolsi i pantaloni, finendo di disinfettarmi le ferite. Ero ancora in mutande quando sentii dei passi verso la stanza. Mi infilai velocemente i pantaloni della tuta e aspettai che si facesse avanti chiunque fosse.

“Ross! Io esco!”, urlò mio padre da sotto. Quindi non era mio padre quello che stava salendo, quindi c’era già qualcun altro in casa, quindi il tutor era già arrivato.

Il mio cuore balzò in gola non appena un ragazzo biondo dalle guance rosse e gli occhi color cristallo fece capolino nella mia stanza, con uno zaino sulle spalle. Mi mancò nuovamente l’aria, come la prima volta che l’avevo visto. Era bellissimo, esattamente come lo ricordavo, esattamente come l’avevo sognato nei miei filmini mentali prima di dormire quella notte.

“Ah, sei tu.”, scrollò le spalle e vidi uno scintillio nel suo sguardo.

Abbastanza abbattuta dalla sua reazione nel vedermi, sospirai triste, consapevole che ora anche il ragazzo di cui mi ero ultimamente invaghita mi odiasse a prescindere. Gli indicai il letto dove poter poggiare le sue cose e rimasi a fissarla impalata come uno stoccafisso in mezzo alla stanza.

“Niall Horan.”, mi allungò la mano e fece un piccolo sorriso. Un sorriso meraviglioso che non illuminò solamente la stanza, ma anche un’altra parte del mio cuore di ghiaccio. In frazioni di secondi mi immaginai tra le sue braccia, mentre sorridevamo spontaneamente per qualche battuta o solamente perché stavamo insieme. Realizzai che era impossibile, che nessuno voleva stare con Ross- sono acida- Gates e che sbagliavo a farmi quei film mentali.