Capitolo 37

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NADIA

Mi siedo su una poltrona dalla stoffa blu e il dottor Harvey, si posiziona davanti a me assieme alla sua sedia girevole.

<<Allora...>> mormora posando i gomiti sulle ginocchia con i palmi delle mani uniti. <<Di cosa... cosa ti hanno detto i tuoi genitori?>>

<<Credi davvero di essere mio padre?>> chiedo in modo diretto, senza giri di parole. Stranamente non sono nervosa. Sento che potrei parlare con quest'uomo senza problemi e chiedergli di tutto senza provare vergogna.

<<A ventun anni conobbi una ragazza in un bar. Lei era... magnifica. Non avevo mai visto niente di più bello in vita mia...>>

<<E mi assomiglia?>> domandai interrompendolo. Accavallo le gambe, posando il gomito sul ginocchio e affondando la guancia sul palmo della mano.

<<Sì, siete due gocce d'acqua.>> ammette fissandomi dalla testa ai piedi.

<<E credi di essere tu mio padre perché...>> lo guardo in attesa che continui la frase. Lo osservo per bene, squadrandolo dalla testa ai piedi. Trasuda nervosismo in angolo del corpo: mangiucchia le unghia e fa su e giù con il ginocchio. Mi chiedo se senza rendermene conto dimostro anch'io nervosismo, nonostante io mi senta tranquilla.

<<Sono stato con questa ragazza per un mese. Mi piaceva così tanto che mi stavo innamorando di lei.>> spiega stringendo le labbra. <<All'improvviso però scomparve. Chiesi a tutti i ragazzi che la conoscevano se sapessero che fine avesse fatto, ma nessuno lo sapeva.>>

<<Hai mai scoperto perché fosse scomparsa all'improvviso?>> domando torturandomi il labbro inferiore con i denti.

<<Non fino a quando ti ho visto.>> ammette alzandosi dalla sedia. Comincia a fare avanti e indietro lungo l'ufficio tenendo lo sguardo sui piedi. <<Ho assunto un investigatore privato per trovare. Non avrei mai voluto coinvolgerti se non ci fosse stata la possibilità che tu fossi realmente figlia mia.>>

<<L'investigatore è riuscito a trovare l'indirizzo e il numero di questa donna ed è stato allora che l'ho chiamata.>>

<<L'hai... l'hai chiamata? E lei ti ha risposto?>> domando nervosamente. Inizialmente ero tranquilla, pensavo di poter affrontare questa conversazione senza nessun problema, ma adesso comincio a sentire realmente la tensione. Più mi avvicino a sapere la verità, più ho paura di scoppiare a piangere da un momento all'altro.

<<Appena le ho detto chi fossi, ha riattaccato all'istante.>> ammette voltandosi a guardare fuori dalla piccola finestra che da sul corridoio. <<Ma dopo svariate chiamate ha deciso di parlarmi.>>

<<E cosa ti ha detto?>>

<<Non voleva... lei ha deciso di tenermelo nascosto perché non aveva idea di chi fosse il padre e non le importava saperlo perché aveva deciso di darti in adozione.>> spiega tornando a guardarmi. Dal suo sguardo percepisco all'istante la tristezza e capisco che quell'uomo è davvero convinto di essere mio padre, nonostante la donna che mi ha messo al mondo non ne abbia idea.

<<Da quel che ho capito ha avuto rapporti con altri due ragazzi nello stesso periodo, ma niente mi toglie dalla testa che sono io tuo padre.>> afferma con convinzione. <<Per questo motivo ho messo al corrente della situazione i tuoi genitori, chiedendo di dirtelo per verificarlo attraverso un test del DNA.>>

<<E loro cosa ti hanno detto?>> chiedo riavviandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Mentre lo faccio mi rendo conto che sto tremando e per non farlo notare, infilo le mani sotto le cosce.

Lost in confusion 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora