Capitolo 17 - Papà

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Oggi è sabato e quindi mi dirigo all'ospedale per il volontariato. In realtà, alzarmi è stato faticoso: ieri pomeriggio abbiamo avuto una riunione per il ballo di Halloween e poi sono tornata con Gemma a casa, visto che lei aveva il corso di giornalismo e, ovviamente,abbiamo passato tutta la serata a ridere e scherzare.

Ammiro l'imponente edificio per qualche minuto prima di entrare.

Incontro una ragazza, che fa la volontariato da anni, la quale mi fa fare un giro veloce del ala di cui mi occuperò.

Accompagno varie persone che, approfittando delle visite gratis, si fanno il prelievo o qualche esame non troppo impegnativo.

Devo dire che ammiro i dottori e le infermiere mentre svolgono il proprio lavoro.

Passo la mattinata così e, ogni tanto, sbircio dalla finestra: nel cortile ci sono dei ragazzi e anche qualche anziano. Una giovane donna credo che sia sulla sedia a rotelle e ha una bandana colorata in testa, mentre su una panchina ci sono due anziani, un uomo e una donna, che discutono.

«Sono pazienti? » chiedo alla ragazza di prima.

«Sì » risponde lei

«Perché nessuno sta con loro? » chiedo.

«Ci sono pochi volontari » alza le spalle.

«Posso andare? Tanto qua ci sei tu e non richiede molte persone fare due passi per accompagnare i pazienti nelle stanze » dico io.

«Certo » mi sorride.

Quando entro nel cortile, noto che ci sono anche dei bimbi che si rincorrono e un uomo, non troppo vecchio, che gioca a scacchi da solo.

Mi avvicino e vedo le persone lanciarmi occhiate stranite.

«Non devi essere di qui » dice il signore quando mi avvicino.

«Sono una volontaria e in realtà mi sono trasferita dalla Grande Mela» dico io.

«Oh, sì... sì, beh dovresti sapere che non amo le interruzioni » dice lui duro.

«Oh, perfetto perché vorrei giocare a scacchi senza perdere tempo » replico sedendomi.

Dieci minuti dopo, si crea una folla intorno a noi, che ci incita, assurdo.

«Ti ho mangiato la regina » ghigna l'uomo.

«Scacco matto » ribatto semplicemente, mangiandogli il re.

Credo che possa gridarmi contro, sembra molto scontroso; invece si passa una mano sui baffi e si congratula con me... wow!

«Keira! Keira! Giochiamo! » I bambini mi trascinano e mi ritrovo a giocare con loro a palla.

Dopo qualche ora, un'infermiera li chiama, così io mi dirigo dalla coppia di anziani.

«Salve » li saluto, con tono cortese.

«Salve » risponde la signora.

«Vi serve qualcosa? Compagnia, magari » le propongo.

«Oh, ha un accento americano... Non è di qui, vero? » chiede l'uomo.

«No, sono di New York » rispondo io.

«Oh,New York! Ci sono stato, ho vissuto lì per qualche anno » continua.

«Perché non ci racconti di te? Non abbiamo nipoti e nostro figlio non ce ne farà avere, mi sa» dice la donna con voce nostalgica.

Passo una mezz'oretta a parlare di me, fin quando la donna non deve andare a fare terapia per il ginocchio e il marito ha un esame al cuore.

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