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-Osati, mi dovevi un favore. Accetta e basta.
-Ma... Insomma, non mi sembra una buona idea. Potrei perdonarti per avermi lasciata dormire su quella panchina, piuttosto.
-Ti ho dato la mia giacca, siamo pari. Oggi esci a cena con me e basta.
L'allenamento era finito molto prima del previsto per via della lunghezza di quello della mattina, perciò la cosa era fattibile. Ma...
-E se qualcuno ci vede? Anzi, di sicuro qualcuno ci vede.
-Fregatene, e se ti chiedono qualcosa nega tutto.
Citò lui. Beh, in fondo era una buona soluzione -proposta da lei, quindi di sicuro buona, in senso- ma l'idea di uscire con qualcuno (con Yuri in particolare) metteva t/n a disagio.
-Solo perché ti devo un favore.
Yuri ghignò: aveva un già un ottimo programma per la serata.

-Posso aprire gli occhi?
-No.
Il russo si guardò attorno: c'erano quasi. In realtà non era era così tanto sicuro, dato che lui stesso era stato al Café Pushkin una sola volta, quando era ancora piccolo: ma ci passava davanti spesso, e ogni volta ripensava alle parole di suo nonno. Ci tornerai con la tua fidanzata, non prima.
-Ora?
-Manca poco, smettila. -Yuri entrò nel locale e portò la ragazza davanti al loro tavolo, poi le mollò la mano -con la quale la stava guidando.- Ora puoi.
T/n aprì finalmente gli occhi e rimase sconcertata. Il luogo era bellissimo: assomigliava ad una casa ottocentesca -con librerie di legno antico,* mappamondi artigianali, luci soffuse e chi più ne ha più ne metta- ma con i tavoli da ristorante, i clienti e i camerieri che li servivano.
-Wow.
Disse solamente. Conosceva quel posto, anche se solo di fama: il Café Pushkin, uno dei lunghi più romantici al mondo.** Yuri sorrise soddisfatto e la portò fino al tavolo che aveva prenotato.
-Cosa prendi?
T/n guardò il menù, con le traduzioni in inglese dei piatti: non aveva la più pallida idea di cosa fossero.
-Facciamo che scegli tu per entrambi. Oddio, non riesco a credere che tu mi abbia portata qui. Che hai al posto del cervello? Ti deve essere costato un sacco.
L'altro alzò le spalle. Era vero, ma ci teneva a farlo. Voleva capire cosa provava davvero per quella ragazza, e quel luogo era il migliore: non tanto per l'atmosfera (anche se, doveva ammetterlo, aveva influito sulla scelta e non poco) quanto per il ricordo che ne aveva, per la promessa fatta a suo nonno anni addietro. Forse aveva già capito cosa provava per l'italiana; forse l'unica cosa che voleva sapere era cosa provava lei per lui.
-Ti piace, almeno?
-È bellissimo! Sai, questa è la mia prima uscita romantica.
Ammise lei, per poi arrossire nel rendersi conto di ciò che aveva detto. Era ovvio, non era "romantica": okay, lo sembrava, ma l'intenzione non poteva essere quella. Non che lei non lo volesse, pensò imbarazzata. Solo... Non poteva essere e basta. Yuri non l'avrebbe mai portata a fare un'uscita romantica: non era plausibile, non in quel modo, senza preavviso. Lei aveva bisogno di preparazione psicologica prima di una cosa del genere.
-Anche la mia.
Rispose però il ragazzo. Oh, ma cosa significava? Perché doveva essere così complicato? Che intenzioni aveva? Se era una cosa romantica, non era tra amici. E se non era tra amici, loro cosa erano?

-È stato il ristorante più bello in cui io sia mai stata.
Sospirò t/n con un piccolo sorriso. Ed era vero. L'atmosfera era fantastica, il cibo e la compagnia pure; non mancava davvero niente.
-È stata la cena più bella che io abbia mai fatto.
Ridacchiò Yuri. Nulla era andato secondo i piani; ma di quel "nulla" lui avrebbe cambiato altrettante cose. Non avrebbe voluto nient'altro. Gli bastava t/n, con i suoi discorsi mai adatti alla situazione, la sua allegria fin troppo contagiosa, i suoi problemi mentali che c'erano indubbiamente e lo facevano sentire più normale in un modo strano. I suoi piedi lo portarono automaticamente verso il suo luogo, quello dove amava sparire per ore, quello dal quale non avrebbe voluto uscire mai.
-Dove stiamo andando?
Domandò confusa t/n: pensava che sarebbero tornati a casa.
-Voglio mostrarti un posto.
Ammise Yuri, guardando l'orologio. Era tardi; avrebbe dovuto portarla a dormire, il giorno dopo avrebbero avuto allenamento come sempre. Ma non voleva farlo. Quello che si era creato fra loro quella sera era unico: voleva sfruttarlo, finché ci sarebbe stato. Sperò solo di non svegliarsi il giorno dopo scoprendo che era tutto un sogno: il ballo, la serata, magari persino t/n. No, non lo voleva. Voleva che quell'italiana espansiva, adorabile e alla quale nessuno si doveva avvicinare restasse con lui. Tanto non avrebbe potuto fare altrimenti: Yurio non aveva intenzione di lasciare che andasse con qualcun altro. La voleva solo per sé; desiderava che gli rimanesse affianco nella sua semplice spontaneità, voleva che fosse se stessa e non chi qualcun altro voleva che lei fosse -Yakov per primo. Voleva poterle dire che era sua, sua soltanto, e che lei lo rassicurasse confermandoglielo; voleva poter fare uscite come quella ogni giorno, senza che nessuno gli potesse dire niente. Voleva dirle che l'amava; voleva dirle che l'amava e sentirsi rispondere di essere amato. Voleva lei. Voleva t/n t/c, quella che gli aveva fregato la stanza, i vestiti, il nonno, il gatto, l'allenatore e che non accontentarsi gli aveva rubato pure se stesso. Com'era successo? Quand'era successo? Yuri non riusciva a capirlo. Quei pensieri lo spaventavano: tutto ciò che si era creato tra loro due si sarebbe potuto distruggere con un piccolo, semplice rifiuto. Poteva già sentire il suono del suo cuore che si spezzava; lo sguardo pieno di pietà dell'altra mentre gli diceva che si era innamorata del suo allenatore. No, dirglielo era troppo rischioso. Ma allo stesso tempo i rischi eguagliavano i possibili benefici. S'immaginò ciò che sarebbe successo in caso lei lo avesse ricambiato: possibilità remota, certo, probabilmente pura illusione, ma la faccia di quel dannato di Gabriele nel vederli assieme, o meglio, l'idea della faccia di quel dannato di Gabriele nel vederli assieme -assieme davvero, assieme come coppia- bastava a fargli nascere un ghigno sulla faccia. Sì, era indubbiamente ciò che desiderava. Ma era una possibilità remota, una su tante: in quel momento si sarebbe decisamente accontentato con un contatto, anche uno semplice come il tenersi per mano. Senza pensarci, fece scattare il braccio e in un attimo stava camminando mano nella mano con la ragazza. Non pensava sarebbe andata così, ma nessuno dei due si fece alcun tipo di problema. Ecco cos'era che rendeva t/n tanto unica: la capacità di farlo sentire diverso, di farlo comportare in modo diverso ma allo stesso tempo farlo rimanere se stesso.
-Questo è il mio luogo preferito in tutta Mosca. È un angolo di natura e tranquillità in tutto questo... Frenetico e costante movimento.
-È bellissimo.
Sussurrò la ragazza. Sì, quel posto era bellissimo: i pochi alberi e il piccolo giardino erano illuminati dalle stelle, che gli davano un'atmosfera di pace quasi romantica. Le luci e i rumori della città parevano a chilometri di distanza, nonostante fossero molto più vicini: ma lì c'erano solo loro due, nessuna scocciatrice giapponese, nessun fan a scattare fotografie. Solo Yuri e t/n, una che guardava il cielo, l'altro che osservava lei e pensava che di tutte le meraviglie che ci potessero essere nel mondo, vicino quella ragazza sarebbero sfigurate. Niente aveva più importanza: quel luogo e quella poca distanza parevano dargli alla testa. Forse lo facevano davvero.
-T/n... -Sussurrò, sapendo che se ne sarebbe pentito. Ma quello dopo, nel futuro; e loro erano nel presente, e lui non poteva più stare lì a far niente. Se davvero gli piaceva, allora l'avrebbe accettato. Era il sentimento più bello che avesse mai provato: niente faceva sospettare di quanto pericoloso fosse in realtà. Ma Yuri lo sapeva; lo sapeva e non gli importava.- Scusa.
-Per cos...?
Cominciò lei, ma venne interrotta dalle labbra del russo che si posavano sulle sue delicatamente, quasi con timore. Timore che non durò a lungo: il ragazzo la afferrò per i fianchi e la trascinò verso di sé, approfondendo il bacio. Lei non sapeva davvero cosa fare. Non sapeva cosa provava di preciso verso il biondo: tutto quello la stava confondendo ancora di più, le metteva fretta nel trovare una risposta alle sue domande. Ma lei non aveva intenzione di sbagliarsi, stare con Yuri per un po' e poi lasciarlo per un altro, o perché non sentiva più ciò che sentiva in quel momento. Ma cosa sentiva in quel momento? Solo affetto o... O qualcosa di più?
Il russo strinse il giubbotto di t/n con bisogno, con desiderio; poi la lasciò andare. Non aveva sentito alcun tipo di risposta, a quel fottuto bacio: era rimasta immobile tutto il tempo.
-Fingi che questo non sia mai successo e comportati come sempre, okay?
Sussurrò deluso. Eccolo: il suono del suo cuore che si spezzava.
-Scusami, Yuri. -Rispose piano l'altra. Distolse lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello del russo: non aveva intenzione di prendere decisioni così affrettate.- Sono troppo confusa in questo momento.
-Ehi, lo capisco. Non cambierà nulla?
-Non cambierà nulla. Grazie, Yuri.
Al ragazzo sembrò che il cuore esplodesse nel petto nel vedere il suo sorriso grato e pensò che avrebbe potuto anche aspettare, se poi la ricompensa fosse stata simile.

Scusate ragazze, ma non potevo farli mettere assieme dopo due giorni in croce di convivenza.
*Sì, spezzoni di descrizioni sono stati presi da siti online perché io ovviamente non ci sono mai stata. Giusto per puntualizzare, in teoria (visto distrattamente, non fidatevi) mangiare al Café Pushkin dovrebbe costare 250/350 euro, forse a persona, boh, ma è tipo un botto...
**in teoria.
E sì, vi aggiorno oggi perché ho voglia. E perché siete diventate tantissime! Quanto ho cominciato a scrivere questa schifezza non me l'aspettavo, sul serio. Invece state diventando un sacco! (Mi riferisco a voi lettrici obv) love u all!

Angel || Yurio x readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora