<Hey, ciao aspetta!> sentii dire da qualcuno dietro le mie spalle mentre stavo per uscire dal cortile della NYPS. Mi voltai e vidi il mio nuovo compagno di classe correre verso di me. <Ciao! Travis, vero?> chiesi facendo la finta tonta come se quel nome non mi avesse tormentato l'esistenza per anni. <Si sono Travis, tu?>
<Brooke!> dissi stringendogli la mano. <Brooke, che bel nome...> iniziò. <Sai, io avevo un'amica in Italia che si chiamava Brooke ma poi, quando avevo sette anni se n'era andata via... da quel momento non la vidi più. Nemmeno una sua foto, nulla.> finì guardando in terra le sue scarpe. Non riuscii a dire niente. In quel momento il mio cuore stava esplodendo di felicità. Quella bambina potevo essere io. Avevo trovato il mio piccolo amico, quello della foto di nonna ed era lì davanti ai miei occhi. Riuscii solo a tirare fuori il cellulare e guardare l'ora per andare via di lì <Mi dispiace per te... oh, si è fatto tardi devo andare. Ci si vede!> dissi uscendo dalla porta. Chiamai l'unica persona in grado di sostenermi. <Sydney. L'ho trovato.> rispose la mia amica dopo due squilli <Chi? Lui?> sorridevo mentre camminavo. <Si, Sydney!!!> dissi mentre roteavo sui marciapiedi e non smettevo di sorridere. Sembravo una Heidi newyorkese. Così le feci la spiegazione di tutto l'incontro è ciò che mi aveva detto Travis Watson. <Hey ti dimentichi il nostro amico Travis! Non pensi che anche lui possa eressero il tuo amico?> ci riflettei <Non lo so... lui mi ha raccontato tutta la storia esatta, dell'altro Travis non so niente!> non ebbi il tempo di finire la frase che Sydney gridò <Aspetta aspetta aspetta!!! Non ci capisco più nulla con tutti questi Travis! Allora... Travis Henderson sarà Travis 1... mentre... mentre Travis Watson sarà Travis 2!> la situazione ci stava sfuggendo di mano <Mi confonderò ancora di più del normale. Dico io non si potevano chiamare uno Josh e l'altro... che ne so Demon?> sentii Sydney dall'altro capo del telefono sospirare. <La tua vita non sarebbe stata tanto incasinata se quei due avessero avuto quei nomi...> disse Sydney. Annuii, anche se non mi poteva vedere. Altro che casino la mia vita era qualcosa di indescrivibile. Nemmeno un monaco sarebbe riuscito a mantenere la calma con la mia vita... neanche il più bravo dei monaci.Il giorno dopo andai a scuola. Mi sedetti in prima fila, vicino a Travis... 2? No 1. Travis 1. Possibile che era ancora più complicato chiamarli con i numeri? Doveva essere una cosa più semplice! <Psssss! Brooke!> mi chiamò qualcuno a bassa voce. Mi voltai. Travis 2 mi stava sventolando la mano con un sorriso stampato in faccia. A mia volta lo salutai sorridendo. <Chi saluti?> mi chiese il mio vicino di banco. <Travis!> gli risposi. Lui si girò, lo salutò e si rigirò verso la professoressa facendo voltare anche me <Non mi fido di quello li. Ha un bel nome ma la sua faccia è... strana. Sembra quasi un alieno venuto male!> disse. Io scossi la testa. Un alieno venuto male? Ma da dove l'aveva presa? <Sei geloso?> sgranò gli occhi <Geloso? Di quell'alieno strano? E perché dovrei esserlo?> mi picchietto sul mento. <Non lo so... perché è molto più bello di te, forse?> sgranò di nuovo gli occhi <Bello? Quello lì? Ma per favore! Si crede bello ma la sappiamo tutti e due la verità> finisse indicandoci. Quando la campanella suonò la mensa si riempì di colpo. Quel giorno era strapiena. Prendemmo un panino in mensa e poi girovagammo per la scuola in cerca di un posto in cui mangiare. Ci accasciammo per terra appoggiando la schiena agli armadietti verdi <Solo noi potevamo andare a mangiare dei panini, tra l'altro anche schifosi, sotto degli armadietti puzzolenti!> commentò Sawyer. E aveva veramente ragione... chi mai sarebbe andato a mangiare sotto degli armadietti dei panini schifosi? Solo noi, ecco chi. <Hey! Quello è il mio armadietto!> lo rimproverò Hazel indicando l'armadietto sopra la sua testa. <Guarda!> disse sempre lei aprendo lo stesso armadietto indicato. <Perché hai una foto della Finlandia?> chiese Colton. Hazel richiuse subito l'armadietto. <Niente... io sono finlandese.> allora mi resi conto quante cose, in realtà, non sapevo dei miei amici. Volevo conoscerli meglio, volevo diventare parte integrante di un gruppo e non dovermene andare mai da loro ma soprattutto non doverli lasciare. <Non sapevo fossi un'europea come me!> dissi andando a batterle il pugno. <Si... molti dei miei parenti abitano là. Qua ci sono solo mia madre e mio padre. Non ho mai conosciuto mia nonna, mia zia né tutto il resto della famiglia. Sto mettendo da parte dei soldi, finita la scuola vorrei fare un viaggio e andare a conoscerli ma... non so se ce la farò... lo spero!> disse ridendo leggermente alla fine. Non era una risata come quelle che fai dopo aver sentito una barzelletta, era una di quelle risate che fai per non far piangere gli altri, quelle che fai per dire "Hey, io sto bene" in situazioni in cui stai tutto meno che bene. Le lacrime ai suoi occhi azzurri si vedevano. Le dita lunghe e piene di lentiggini che tremavano si vedevano. I movimenti nervosi che fai per cercare di non scoppiare in lacrime, anche quelli si vedevano. Io da quella parte ero una ragazza veramente fortunata. Tutta la mia famiglia era lì, a New York, anche perché era molto ristretta. I miei genitori vivevano con me, e così anche mio fratello. Mia nonna era morta mentre l'altra mia nonna e mio nonno abitavano nella periferia ma andavo a trovarli spesso. Solo i miei zii e mio cugino erano in Italia. Ma andavo da loro ogni volta che potevo, li sentivo via Skype e parlavo con loro. Li conoscevo come le mie tasche e loro conoscevano me. È così che si fa tra parenti stretti. Ci si vuole bene. Non avrei mai potuto immaginarmi una vita senza la buona notte di mia nonna, i consigli di mio cugino, i regali di mia zia. Non sarebbe stata un'infanzia. Hazel mi faceva molta pena. Avrei fatto di tutto per farle ritrovare i suoi parenti, ed era quello che avrei fatto. Le corsi incontro e la abbracciai sussurrandole nell'orecchio che io c'ero, che avrei fatto di tutto per aiutarla, per farle incontrare i suoi parenti. Arrivarono anche tutti gli altri che si strinsero intorno a noi. Tutti ad abbracciare Hazel. Tutti contro un obbiettivo comune. Non lo facevamo per pietà: lo facevamo per Hazel. Perché noi eravamo al suo fianco. Contro tutto. Contro tutti. Con un unico obbiettivo. Ed eravamo imbattibili.
Tornata a casa salii in camera mia. Nel cassetto del comodino presi la foto. Me la rigirai tra le mani. "Conservala bene. Nonna" era una specie di promessa indissolubile. Lei mi aveva detto di conservarla bene? Io stavo dando tutta me stessa per non farle arrivare un solo raggio di sole, una sola goccia di pioggia. Era il bene più prezioso che avevo. Se l'avessi persa non me lo sarei mai perdonata. Dieci anni. Avevo passato dieci anni a guardare quella foto, a piangere sopra i morbidi cuscini bianchi. Avevo passato dieci anni senza di lui. Ed ora l'avevo trovato. Avevo solo bisogno del momento giusto per dirgli che io c'ero, che io non l'avevo mai abbandonato. Io c'ero stata per lui. Anche se lui non lo sapeva, anche se eravamo a milioni di chilometri di distanza. Io c'ero. Ero lì. Anche se non sapevo perché stava male, anche se non lo conoscevo praticamente più. C'ero. E non l'avrei mai lasciato andare.
*Spazio autrice*
Heyla lettori e lettrici!
Come va?
Ho deciso che aggiornerò due volte a settimana: il martedì ed il giovedì. Vi va bene?
Il nuovo Travis sembra avere un passato interessante!
Come vi sembra?
Anche Hazel ha un passato difficile... ce la farà a realizzare il suo sogno?
Ricordate di lasciare tante ⭐️ e 💬!
Al prossimo capitolo!❤️
STAI LEGGENDO
Lost
Teen Fiction♡ COMPLETA ♡ Brooke Davis trascorse la sua infanzia in Italia, a casa della nonna. A sette anni, però, dovette partire per New York, abbandonando Travis, il suo amico d'infanzia. Brooke ci soffre e spera ogni giorno di ritrovare quel suo amico perd...