Capitolo 29

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E fu in quel momento che il mio telefono squillò. Grazie telefono che mi accompagni nei miei momenti migliori. Ma per una volta che poteva stare zitto no, lui si mette a squillare. Entrambi ci spaventammo, facendo un piccolo saltino. Guardai il telefono e notai che era Alice che mi chiamava "tempismo perfetto, Al" sussurrai a denti stretti. <Hey Alice!> dissi cercando di trasmettere felicità da tutti i pori <Ciao Brooke! Senti ti volevo chiedere ti va se ci vediamo domani pomeriggio, così, giusto per parlare un po' con te e tuo fratello...> mi sorse un sorriso spontaneo sul viso, ero contenta che mi avesse cercata, anche solo per scambiare due parole. <Certo, sarebbe fantastico! Che ne dici di fare verso le 4pm a casa mia?> proposi <Sarebbe perfetto, grazie!> <Di niente... sai dove si trova?> e, dopo che mi ebbe risposto negativamente mi limitai ad informarla che le avrei mandato la posizione e salutai prima di mettere giù. Tolsi la suoneria al telefono e lo posai sul comodino. <Era Alice, verrà qui domani pomeriggio per scambiare qualche parola... non so se te l'ho detto ma ha deciso di abbandonare il concorso di poesia, sai, non riusciva a gestire tutti i suoi impegni...> dissi spiegando a Travis che cosa mi aveva detta la mia amica <Capisco... beh è un peccato, era molto brava> commentò lui mentre io mi limitai ad annuire. Restammo in silenzio per qualche minuto che a me sembrò durare un'ora. Durante quel tempo così infinito ma allo stesso tempo così breve mi venne l'impulso di tirare fuori la foto di nonna e mostrargliela ma repressi questo istinto in quanto fermamente convinta dell'idea che quel bambino fosse Travis Watson. <Beh, allora io vado... ci vediamo domani a scuola. Alle otto meno cinque?> pronunciò il ragazzo che fino a qualche secondo prima era seduto dinnanzi a me. Annuii e lui mi abbracciò e mi diede un lieve bacio sulla guancia. Poi si dileguò e sparì nei corridoi di casa mia. In seguito, dalla vetrata, vidi solo una figura che imboccava il vialetto intento ad andare verso casa sua. Si girò e sfoggiò un sorriso che ricambiai.
Quando andai a dormire, tanto per cambiare, pensai. Cosa sarebbe successo se Alice non mi avesse chiamata? Cosa sarebbe successo se io e Travis avessimo continuato ad avvicinarci? Ci saremmo baciati? Ma la cosa più importante era... a me Travis piaceva?

Il venerdì alle 4pm in punto bussò Alice alla porta e mi precipitai ad aprire. Carter aveva preparato qualche snack che aveva disposto sul tavolo della cucina, dove avremmo accolto la nostra ospite. Ci salutammo con un abbraccio e poi la condussi dove si trovava mio fratello e gli snack. Dopo un po' che ridevano e parlavamo arrivò in cucina mia madre. <Hey, ragazzi, avete invitato un'amica?> disse versandosi dell'acqua in un bicchiere per poi portarselo alla bocca. <Sì mamma, lei è Alice, Alice Price. È quella del concorso delle poesie.> dissi alzandomi. Mia madre sbiancò e dovette reggersi al ripiano della cucina per non cadere all'indietro. Iniziai a scorgere delle lacrime in quei suoi occhi scuri protetti da un paio di occhiali per il computer. Corsi in suo aiuto tirandola sù e facendole riacquistare l'equilibrio. Lei si avvicinò cautamente alla mia amica e le accarezzò la guancia. <Alice...> sussurrò per poi stringerla. Alice ricambiò l'abbraccio nonostante si sentisse spaesata e confusa. Io e Carter ci guardammo e capimmo, con uno sguardo che appena Alice se ne fosse andata ci saremmo parlati. <Mamma, torna al lavoro... vuoi che ti accompagni su per le scale?> le chiesi abbastanza preoccupata. <No, Brooke, tranquilla...> disse lisciandosi il vestito e mettendosi a posto gli occhiali per poi sparire su per le scale portando con se solo il rumore dei suoi tacchi.

<Ciao Alice, ci sentiamo!> dissi per poi chiudere la porta d'ingresso. Tornai da Carter in cucina. <Cosa prende a nostra madre?> chiesi. <Non so... ha guardato Alice come se la conoscesse da tutta la vita, come se fosse una sorella...> disse Carter. Come se fosse una sorella... è esattamente così che la guardò <E poi l'ha stretta forte... segno di un forte legame... ma come fanno a conoscersi scusa? È la prima volta che si vedono, no?> ragionai rivedendo nella mia mente i movimenti di mia madre. <È quello il punto... è la prima volta che si vedono e deve avere un significato il suo comportamento... è come se l'avesse riconosciuta dopo tanto tempo...> disse mio fratello <Ma che tipo di legame ci può essere tra loro due a questo punto? Uhm... magari è la figlia di una sua amica che non vede da tanto...> ipotizzai <Mmm... mi sembra una reazione un po' esagerata e comunque le avrebbe detto che conosceva la madre...> fece una pausa. <Brooke... ho paura a chiedertelo ma... te lo ricordi il certificato di divorzio che hai trovato nell'ufficio di mamma?> annuii cercando di trovare un nesso ma non ci riuscii <ti... ti ricordi per caso i nomi dei coniugi scritti sopra?> ripensai a quel foglio mezzo stropicciato nel cassetto <No, purtroppo sono solo riuscita a leggere il titolo...> Carter annuì rassegnato. <Allora stanotte faremo una missione speciale. Tu andrai nell'ufficio di mamma a riprendere il foglio, visto che sai dove si trova mentre io starò di guardia, ci stai?> mi spiegò. <Piano geniale, fratello ma non ho ancora trovato il nesso tra Alice e il divorzio> lui si alzò appoggiando le mani sul tavolo e si avvicinò a me. <Te lo spiegherò appena leggerò i nomi sul certificato.>

<Vai Brooke, ti guardo le spalle> entrai di soppiatto nell'ufficio della mamma e mi spostai a tastoni verso il cassetto dove avevo trovato quel maledettissimo foglio. Frugai un po' nel cassetto ma del foglio non c'era nessuna traccia. Guardai anche negli altri ma, come l'altra volta era tutto pieno solo e soltanto di penne e block-notes. Mi misi le mani nei capelli. Non me l'ero sognato, era reale, lo sapevo. Uscii dall'ufficio. <Carter, c'è un problema: il certificato non c'è più. Ho guardato in tutti i cassetti. È come scomparso. Ti giuro che c'era, non me lo sono inventato.> sussurrai a voce talmente bassa che quasi non mi sentivo nemmeno io. Carter imprecò sottovoce e a me parve di sentire un rumore provenire da camera dei miei. Tappai la bocca a mio fratello, cercando di sentire meglio. Singhiozzi. Singhiozzi femminili. La mamma. La mamma stava piangendo? Guardai Carter, i miei occhi si riempirono di lacrime. Sentire la propria madre piangere è una cosa che ti distrugge dentro. Anche Carter era distrutto. Fissava la porta sentendo quei singhiozzi. <Dovremmo entrare? Dovremmo aiutarla?> chiesi <No, prova a metterti nei suoi panni, io preferirei essere lasciato in pace> in effetti era vero, anche io avrei preferito essere lasciata in pace ma il mio cuore è il mio istinto da figlia mi dicevano di andarle ad asciugare le lacrime dal volto. <Vieni, vieni a dormire in camera mia.> disse Carter trascinandomi verso il suo letto. Distrutti, con i singhiozzi che ancora ci risuonavano delle orecchie, tremanti ci stendemmo e ci abbracciammo, cercando di trovare conforto l'uno nell'altra. Non fu facile addormentarsi, né per me né per Carter. Avremmo pensato poi a che cosa fare, a cercare di scoprire e scavare nel passato. Mi addormentai, nel profumo della colonia da uomo di mio fratello.

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