Capitolo 13

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Infatti alle otto meno cinque uscii dalla porta. Avevo contato i secondi e appena era scattata l'ora sul telefono ero uscita di casa. Nello stesso momento in cui posai il piede fuori di casa Travis comparì dal viale alberato. <Buongiorno!> mi salutò. Io sfarfallai la mano in segno di saluto <Buongiorno.> mi diede un lieve abbraccio facendomi rimanere spiazzata, non me lo aspettavo. <Andiamo a scuola?> annuii, ancora incapace di parlare. <Stai bene?> odiavo quella domanda fatta la maggior parte delle volte per gentilezza, non perché alle persone importi che tu stia bene. A poche persone importa che gli altri stiano bene ora che ci penso. A quella maledetta domanda avrei voluto rispondere "No, no che non sto bene! La mia vita è una merda, non sto più capendo nulla da quasi un mese ormai: mio fratello sta cambiando ma allo stesso tempo sta rimanendo la stessa persona di sempre e mi manca l'unica persona che mi avrebbe potuto dare un consiglio: mia nonna." Ok, si, ero una stupida. Erano passati dieci anni ormai dalla perdita di nonna ed io ci stavo ancora male ma che ci potevo fare la nonna era sempre la nonna. <Si, grazie... e tu?> chiesi con gentilezza <Diciamo che sto... in questo periodo ho dei problemi famigliari... mia nonna sta male e nemmeno io mi sento molto bene sinceramente...> ammiravo la sua schiettezza nel dire le cose. Avrei voluto avere anch'io la sua sicurezza e il fatto di aprirmi con gli altri ma purtroppo non lo potevo fare... dovevo accettarmi per ciò che ero e mettercela tutta per migliorare. <Posso farti una domanda?> io annuii e continuò il suo discorso <Sei molto brava... non hai mai pensato di dedicare tutta la tua vita alla musica? Tipo fare la compositrice o la cantante?> la risposta ce l'avevo. Da quando avevo tre anni desideravo di fare la cantante. <Da sempre. Ho sempre sognato di fare la cantante... e la veterinaria. La cantante-veterinaria a dire la verità ma poi andando avanti nel tempo mi sono accorta che avrei sofferto troppo per tutti gli animali che non ce l'avrebbero fatta perciò ho rinunciato ma il sogno della cantante è rimasto. Ma sto facendo volontariato in un canile! Ma mi piacerebbe anche farlo anche in una mensa per i poveri o qualcosa del genere.> dissi fiera di ciò che stavo facendo. <Wow. Sei una delle persone più altruiste che ho mai conosciuto.> disse. <Non esagerare!> mi sminuii <No, è vero! Ma lo troverai il tempo anche per studiare e fare tutte le tue cose?> insistette. <Si, troverò il tempo di fare quello. Pensando però che molte persone in questo mondo sono state private anche del privilegio di andare a scuola o di uscire e divertirsi con i propri amici... beh, questo mi fa stare male... perciò voglio contribuire a dar loro una vita migliore!> dissi. La scuola era ormai a pochi passi di distanza e la "N" verde cominciava a farsi vedere sempre più grande, sempre più grande. <Sei fantastica, Brooke Davis.> disse il ragazzo facendomi tornare alla realtà. (Si perché sarò l'unica persona che riesce a distrarsi anche fissando un edificio). Comunque sia gli rivolsi un sorriso per poi ritornare a fissarmi la punta delle scarpe che andava avanti e indietro e poi di nuovo avanti e indietro. Sentii due mani magre e soffici coprirmi gli occhi appena entrammo nel cortile della scuola e poi dirmi <Chi sono?> la riconobbi subito, anche perché era l'unica ragazza in grado di fare questo stupido gioco alla nostra età. <Un diavolo della Tasmania... Sydney quante volte ti ho detto che questo gioco è la cosa più infantile della Terra? Lo facevo quando andavo all'asilo che poi eravamo talmente pochi che eravamo in una classe di dieci persone e ormai riconoscevo le voci di tutti perciò anche li avevo perso il gusto di giocarci.> cercai di spiegarle <uffa Brooke sei veramente una ragazza triste! E lasciami divertire almeno un po'> disse aggrappandosi alle mie spalle e saltando per arrivare a camminare vicina a me. Mi sussurrò all'orecchio "dopo dobbiamo parlare" in modo che potessi sentirlo solo io. Annuii impercettibilmente, infatti non so se l'avesse visto. Fu così che entrammo in classe e i miei occhi si scontrarono con quelli marroni di Travis Watson. Mi corse incontro <Hey Brooke!> ricambiai il saluto. Stavo iniziando a fidarmi di quel ragazzo e la mia curiosità stava cominciando a farsi sentire giorno dopo giorno più grande. Lo sapevo, lo sentivo dentro di me che quel ragazzo era il mio amico era una di quelle cose di cui non hai la certezza ma lo sai. <Volevo chiederti una cosa, Travis... se sei stato veramente in Italia, se hai vissuto veramente in Italia... dimmi qualcosa in italiano.> volevo testare le sue testimonianze, volevo sapere se dicesse la verità <Beh... ciao io sono Travis Watson e come puoi constatare ho vissuto la mia infanzia in Italia.> ok, stavo cominciando a crederci. <E qual'è la cosa che ti è piaciuta di più di quel posto?> lui mi rispose con una parola, più precisamente il nome di una città: Firenze. Io e Travis avevamo fatto un viaggio a Firenze con la nonna e i genitori di Trav. Eravamo stati lì una settimana. Era stata molto probabilmente la settimana più bella della mia vita. Il cibo, le opere d'arte che mia nonna ci aveva obbligato a vedere perché erano "La parte più bella della città e dell'Italia intera" ma soprattutto le risate, le corse e le camminate di quella settimana mi rimarranno impresse nella mente per sempre. Mi mancava. Mi mancava Travis, mi mancava mia nonna, mi mancavano i pomeriggi passati a ciondolare le gambe giù per il tronco di quell'albero possente da cui raccoglievamo i fiori in primavera ma anche gli inverni passati a lanciarci palle di neve e le estati, i compleanni più belli di sempre nella cucina della nonna con quella torta margherita che preparava sempre lei e che io adoravo. Speravo che un giorno sarebbe tornato tutto come prima: i compleanni, i pomeriggi invernali e quelli estivi. Speravo di ritrovarlo e so che potrei sembrare una stupida, insomma gli amici vanno e vengono, me ne sarei potuta fare altri con cui avrei vissuto le stesse avventure, magari anche migliori ma per me non era così. Lui era lui e nessuno, neanche il presidente degli Stati Uniti, nemmeno la mia cantante preferita avrebbe potuto sostituirlo. Nessuno.

Fu così che mi ritrovai fuori dalla scuola. Le lezioni erano finite e Sydney mi aveva bloccata nel bagno delle ragazze per parlarmi. <Perciò... ora mi dici perché sei venuta a scuola con Travis.> così le spiegai tutto il discorso del libro di algebra e di come mi aveva invitata ad andare a scuola insieme. <È lui.> quella frase mi fece sbiancare. Sgranai gli occhi, il cuore batteva all'impazzata. <Non può essere... e Travis Watson? Non lo prendi in considerazione? No perché io lo prendo molto in considerazione siccome sta mattina mi ha parlato italiano dicendo che aveva passato l'infanzia in Italia e mi ha anche detto che aveva un'amica di nome Brooke e che quando aveva sette anni era partita.> mosse la testa. I suoi lunghi capelli ciondolarono da una parte all'altra. <Non mi convince... quel tipo ha una faccia troppo strana secondo me per essere il tuo Travis.> "Ma che cos'hanno tutti contro la sua faccia?" Mi chiesi.

La notte mi coricai nel letto piena di pensieri. E se veramente Henderson era il mio Travis? E se Watson aveva avuto la stessa esperienza ma con un' altra persona? Avevo bisogno di certezze e di certezze non ne stavo avendo. Forse aveva ragione Sydney. Forse avevo ragione io. Forse non era nessuno dei due ragazzi. Per me l'importante era trovarlo, stringerlo in un abbraccio e sentire il profumo dei suoi capelli. Tornare bambini con le gambe a penzoloni sull'albero nel cortile di mia nonna. Quello era ciò che contava. E io attendevo quel giorno da troppo tempo ormai.

*Spazio autrice*
Ciao lettori e lettrici!
Come va?
Volevo solo dirvi che no, non sono diventata pazza: la battuta che ho inserito in grassetto era solo per farvi capire che Travis aveva parlato in italiano. (Però forse un po' pazza lo sono lo stesso...)
Comunque... come vi è sembrato questo capitolo?
Spero vi piaccia!
Ricordatevi di lasciare tante ⭐️ e 💬!
Al prossimo capitolo!❤️

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