Capitolo 15

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Dicembre. Il mese che molto probabilmente amavo e odiavo allo stesso tempo più di tutti gli altri. Lo amavo per via del Natale, della cioccolata calda, dei maglioni oversize che mi coccolavano e mi facevano sentire a casa ovunque ma lo odiavo perché, cavolo faceva veramente freddo. A parte questo ero molto felice di quel mese. Ormai stavo facendo il countdown per il 25 dicembre... ok, lo ammetto, lo stavo facendo da ottobre... ma questi sono dettagli di poco conto. Quello che era importante era che avevo fatto ormai tutti i regali e mi sentivo veramente fiera per questo mio aspetto... insomma non mi ero mai impegnata così tanto e soprattutto non ero mai riuscita a concludere tutto il via vai di carte colorate, fiocchetti e bigliettini per l'inizio di dicembre. In verità molto spesso mi riducevo alla vigilia e altre volte, se mi accertavo del fatto che io e quella determinata persona non ci saremmo incontrate prima di Natale pensavo al regalo direttamente la settimana dopo la festa, usando la scusa dell' "Accidenti, non ci siamo più visti prima di Natale" d'altronde non sarebbe stato niente di nuovo, ne per me ne per i miei genitori visto che anche Carter lo faceva ogni santo anno ancora più di come lo facessi io. Quel giorno a scuola arrivai con cappello di lana, guanti, sciarpone e giubbotto pesante... che volete faceva veramente freddo! Sta di fatto che non mi tolsi ne il cappello ne i guanti per tutto il giorno, tanto che i ragazzi avevano cominciato a chiamarmi "Rudolph". Colton si era ripreso molto bene dopo l'incidente in cui si era rotto la gamba e ormai camminava senza zoppicare nemmeno. Gli ero stata vicina come tutti gli altri aiutandolo a riprendersi piano piano: prima a camminare con le stampelle, poi a togliere anche quelle e camminare "libero". Tornando a noi... stetti tutto il giorno con il mio gruppo e Watson mi stava appiccicato come una sanguisuga solo che non mi osavo mandarlo via, avendo paura di ferire i suoi sentimenti ma ero sempre fermamente convinta della mia decisione: lui era il mio amico e, visto che avevo cominciato a conoscerlo, mancava poco alla mia fatidica domanda. La scena me la immaginavo in questo modo molto teatrale, del tipo "i nostri occhi si incontrano e io raccolgo tutte le mie forze e glielo chiedo <Travis, sei tu il mio amico?> i suoi occhi si illuminano e le sue braccia mi stringono in un forte abbraccio, quell'abbraccio che mi era sempre mancato" purtroppo per me che non sarebbe mai successo visto che non avrei mai trovato il coraggio. Stavamo andando verso la mensa quando Alice mi strattonò da un braccio. <Ciao Brooke! Come vanno le prove?> feci segno ai ragazzi di entrare e che io li avrei raggiunti dopo, poi risposi alla domanda di Alice <Vanno bene, fila tutto liscio... si sa qualcosa del concorso?> feci a mia volta una domanda. <Si, volevo parlarti appunto di questo... sai che doveva essere intorno ad aprile, no? Ecco, i lavori stanno durando decisamente meno del previsto quindi dovrebbero riuscire a farlo intorno a febbraio!> disse con la felicità che le colorava gli occhi. Quegli occhi azzurri come la spuma del mare durane una tempesta, quegli occhi che erano tali e quali a quelli di mia nonna e che mio fratello aveva ereditato. Mi sembrava quasi surreale il fatto che Alice e mio fratello avessero gli stessi identici occhi. <Wow, fantastico! Sono elettrizzata!> dissi facendo un sorriso a trentadue denti. Parlammo ancora un po' e poi mi avviai verso la mensa, dove di sicuro i miei amici mi stavano aspettando. Poco prima della porta per entrare mi bloccai, o meglio, una voce mi fece bloccare. <Hey, Davis, non siamo mica al polo nord!> commentò infatti una vocetta squillante. Indovinate? Si proprio lei, Madison. Ma chi era, mia madre? No perché solo lei riusciva a fare battute così squallide. <E che cosa sono quelli? Sicura di non abitare sotto un ponte? No perché quei guanti sembrano veramente quelli di un barbone!> disse indicando i miei guanti senza dita. Continuò a rovesciarmi addosso insulti e prese in giro ma io non le ascoltai nemmeno più. Ero ormai abituata a tutto questo. I miei occhi si fissarono nei suoi che guardava prima Madison, poi sghignazzava insieme a tutti gli altri. Non smettevo un secondo di guardarlo quando quei suoi occhi di ghiaccio incontrarono i miei. Il sorriso svanì, le spalle si abbassarono. Gli occhi di Carter si abbassarono dopo qualche minuto mentre tutti gli altri continuavano a sghignazzare a tutti i commenti di Madison. Nonostante stesse continuando a parlare presi la porta della mensa e entrai. Appena adocchiai i miei amici li raggiunsi al tavolo. <Hey, Brooke, tutto bene?> si preoccupó Cameron. <Si, si tutto ok> dissi facendo un sorriso, uno dei più falsi che io abbia mai fatto. Non mi piaceva mentire ma allo stesso tempo non volevo farli preoccupare, quindi scelsi la menzogna una volta nella mia vita. In fondo non sempre le bugie sono cattive... alcune volte le si dicono per una buona causa... d'altra parte non bisogna lo stesso mentire troppo o si diventerà schiavi delle bugie. Qualche occhiata mi arrivò da tutti i presenti... si vedeva così tanto che in verità non stavo molto bene?

Il pomeriggio tornai a casa. Appena entrai filai in camera mia e mi buttai sul letto. Le lacrime cominciarono a rigarmi il viso, una dopo l'altra. Bagnarono la coperta, il cuscino mentre i singhiozzi riecheggiavano nella stanza. Quando mi calmai e smisi di piangere riaprii gli occhi. La vista era ancora offuscata dalle lacrime. Stetti ferma quasi come se fossi incapace di muovere qualsiasi muscolo, come se non avessi le forze. La verità era che non avevo la forza di guardarlo un' altra volta negli occhi. Rimasi ferma fino a quando non sentii bussare alla porta. <Si?> chiesi con la voce tremante. <B-Brooke?> mi chiese una voce maschile che dapprima non riconobbi. Non era mio fratello, ma nemmeno mio padre... poi la sua voce divenne, ad un tratto la più famigliare che potesse esistere. Mi asciugai le lacrime che mi bagnavano ancora le guance, tirai su dal naso una o due volte e mi sedetti sul letto prima di dire <Travis?> lui esitò un momento, così pensai che lui non fosse Travis e mi fossi confusa con qualcun'altro <Si... si sono io...> disse. Mi portai i capelli dietro l'orecchio e mi avvicinai alla porta. Il cappellino era caduto non so dove in mezzo alle coperte mentre alle mani avevo ancora i guanti e la morbida coperta che avevo completamente srotolato dal letto mi avvolgeva e strusciava a terra come se fosse un velo da sposa. <Emmm... volevo assicurarmi che tu stessi bene siccome oggi... insomma... ti ho vista che non ti sentivi benissimo... quindi, ecco, nulla... volevo solo sapere questo...> che carino che era stato. Nessuno mi aveva mai rivolto quelle attenzioni, o almeno nessuno che facesse parte della mia famiglia. Decisi di dirgli la verità. <Beh, non posso mentirti... non sto molto bene... ma per ragioni mie personali, nulla a che fare con te e gli altri solo... beh, sono arrabbiata con una persona che mi ha fatto un torto enorme e... semplicemente questo...> passarono altri minuti di estenuante silenzio. <Oh, ok. Ciao Brooke.>
<Ciao.> lo salutai dall'altra parte della porta. Lo so che potrebbe essere sembrato maleducato non farlo entrare in stanza ma non volevo che mi vedesse in quello stato, con il mascara per tutta la faccia e gli occhi rossi e gonfi. Però, mio malgrado o fortuna (chiamatela come volete) lo vidi comunque, infatti ci guardammo. Lui era in cortile mentre io ero in camera e lo guardavo attraverso la finestra. I nostri occhi rimasero incatenati. Mi fece un sorriso che io ricambiai prima di dileguarsi con un cenno della mano e scomparire tra gli alberi e le foglie del viale.

*Spazio autrice*
Heyla lettori e lettrici!
Come va?
Primo aggiornamento notturno!
Comunque non so se ve ne siete accorti, ho cambiato data di aggiornamenti per ragioni di impegni sia scolastici che personali. Infatti da martedì e giovedì siamo passati a martedì e sabato.
Spero che vi vada bene lo stesso!
Ricordatevi di lasciare tante ⭐️ e 💬!
Al prossimo capitolo!❤️

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