6. Hai vinto tu

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Canzone del capitolo:
Do I wanna know- Artic Monkeys

Mi sto strofinando le mani sui jeans da circa un quarto d'ora. Mi chiedo per quale motivo io abbia accettato.
Lo faccio solo per Phoebe.
Secondo quale logica però? Perchè uscire col ragazzo che le piace dovrebbe renderla felice?
Dannato Baker.
Leggo e rileggo il messaggio.
Vestiti decentemente.
Ho infilato dei jeans scuri e una maglia con le maniche a tre quarti rossa. Per lui magari non corrisponderà al suo "decentemente" ma io sto bene vestita così. E poi non devo mica mettermi in tiro per uscire con quella sottospecie di uomo.
Dannazione.
Alzo la testa incontrando il soffitto ricoperto di macchie e crepe. Sono venuta al college sperando di sfuggire ai problemi, non di crearmene di nuovi.
Phoebe e Jackie sono andate dalle Kappa Tau per aiutarle con l'organizzazione di una sottospecie di festa al femminile. Strano che non abbiano invitato Adrian come ospite d'onore. Non ci avrebbe pensato nemmeno un secondo a farsele tutte.
Mi chiedo con che razza di persona mi ritroverò davanti stavolta.
Quella meschina e stronza o quella indifferente e rompi scatole?
Il telefono prende a vibrare e con la testa ancora tra le nuvole leggo il messaggio.

Numero sconosciuto:
Esci, sono qua sotto

Ho deciso di non salvare il suo numero per due motivi.
Motivo numero uno: non me ne può fregare di meno.
Motivo numero due: per non destare sospetti.
Se penso a ciò che sto facendo alla mia migliore amica mi si rivolta lo stomaco.
Mai avrei pensato di arrivare a fare questo per lei, mai.
Eppure eccomi qui ad infilare il mio giubbetto di jeans e ad uscire dalla stanza del dormitorio troppo, decisamente troppo, ansiosa.
Mi richiudo la porta alle spalle dopo essermi assicurata di aver preso le chiavi. Sicuramente torneró al dormitorio prima delle mie coinquiline quindi è bene che io non rimanga fuori dalla stanza.
Scendo le scale passando davanti alla responsabile che mi dà una rapida occhiata poi come se nulla fosse torna alle sue faccende.
Metto piede fuori, ma non riesco ad individuare Adrian. Sposto lo sguardo alla ricerca della sua possibile auto e in lontananza lo vedo, parcheggiato accanto ad un albero.
Prendo un respiro e faccio per rientrare nell'edificio, ma ormai sono qui e devo arrivare fino in fondo.
Lo faccio solo per Phoebe.
Cammino a passo deciso verso l'automobile e una volta averla raggiunta apro lo sportello dal lato del passeggero e lo richiudo con non chalance.
"Se sei incazzata con me non devi mica prendertela con la mia auto" ridacchia Baker ingranando la marcia. Solo un tipo come lui potrebbe comprarsi una macchina col cambio manuale.
Alzo gli occhi al cielo e mi allaccio la cintura per poi tornare a guardare dritto davanti a me.
Non guardarlo mai negli occhi Clark. Gli occhi fottono. Sono le armi più pericolose delle persone.
"Dove hai intenzione di portarmi?" Borbotto.
Adrian non risponde, continua a guidare guardando la strada con attenzione. Forse mi ha sentita e non vuole rispondere. Forse è troppo assorto nei suoi pensieri e non sa nemmeno che io gli abbia posto una domanda.
Osservo il suo profilo concentrato con le sopracciglia aggrottate e le labbra tirate. Una mano stringe con decisione il volante mentre l'altra regge la sua testa con il gomito appoggiato allo sportello.
Cerco il pulsante per abbassare il finestrino perché comincia a fare terribilmente caldo. O forse è solo l'ansia.
Torno a guardare la strada velocemente per paura che mi becchi a fissarlo mentre si annoia.
"Se non vuoi uscire puoi sempre riportarmi al dormitorio, sai che farei i salti di gioia" dico acida, al che lui, una volta essersi fermato al semaforo rosso, volta la testa nella mia direzione e mi fulmina con lo sguardo.
"Tu non vai da nessuna parte, abbiamo un accordo" dice con freddezza.
"Ah sì? E spiegami, per quale motivo sei così ossessionato dall'uscire con me? Non sembra che tu sia felice di avermi qui" mantengo la calma abbandonandomi su questo sedile così scomodo.
"Come faccio ad essere felice di essere con una ragazza che sbuffa ogni due secondi?" Risponde lasciandomi interdetta. Sbuffo ancora.
Non mi importa se a lui dá fastidio, non vedo perché debba preoccuparmi di ciò che a lui fa piacere o meno.
"Sei voluto uscire con questa ragazza sapendo il ripudio che prova verso di te, ora ne subisci le conseguenze altrimenti mi riporti al dormitorio" concludo prima che l'auto si fermi di fronte ad una spiaggia isolata.
Non sono mai stata al mare, nè tanto meno ho mai visto l'oceano. Sono a Los Angeles da più di una settimana e non ho avuto nemmeno un momento libero per poter visitare la città. Due giorni fa sono stata assunta al bar del campus e comincerò a lavorare lì lunedì. Sono entusiasta all'idea di poter guadagnare qualche soldo per aiutare la mia famiglia, l'ho sempre fatto anche a casa.
Scendo dall'auto richiudendo lo sportello con la stessa forza di prima lasciando che uno sbuffo fuoriesca dalle labbra carnose di Adrian e mi incammino verso la spiaggia cercando di mantenere una certa distanza dal ragazzo il quale mi supera dopo aver raccattato due bicchieri di carta con il logo del bar del campus e un telo.
Lo osservo di soppiatto mentre cammina con sicurezza. Le spalle larghe coperte da una maglia nera, le gambe sode fasciate da dei pantaloni neri strappati. Lo sguardo mi cade sul suo fondoschiena sodo e stretto nel tessuto scuro. Caspita!
Torno velocemente sù e aumento il passo per raggiungerlo.
Di fronte a noi c'è una staccionata che entrambi scavalchiamo senza problemi per poi immergere le scarpe nella sabbia nascosta tra qualche filo d'erba verde e un po' secca a causa del caldo californiano. Osservo Baker sfilarsi le scarpe e di conseguenza seguo il suo gesto assaporando il freddo contatto a tratti fastidioso con il suolo. È incredibile come  questo semplicissimo gesto mi abbia reso terribilmente euforica. Ma devo trattenermi, altrimenti Adrian penserà che sia a causa sua. Ma su, vogliamo paragonare Baker alla prima volta che tocco la sabbia?
Con trepidazione aspetto che lui muova qualche passo verso l'oceano così che io possa seguirlo e nel fare ciò sento la leggera brezza marina scontrarsi col mio viso e provocarmi un lieve tremolio. Stende il telo che svolazza per qualche istante per poi andarsi a posare con eleganza sulla sabbia appena scossa da quel gesto, poi vi ci appoggia i bicchieri e comincia a sedersi invitandomi silenziosamente a seguirlo.
Lo fisso stretta nella giacca mentre i miei capelli si abbandonano al venticello e le onde dell'oceano pacifico sfumano in sottofondo.
Il suo sguardo è insistente e mi sta implicitamente costringendo a sedermi accanto a lui, così con lentezza mi abbandono sul telo, il più lontana possibile dal suo corpo e abbraccio le gambe flesse appoggiando la testa sulle ginocchia.
Guardo l'acqua, i gabbiani che vi galleggiano come se fossero tante paperelle di plastica in un enorme vasca da bagno. Il sole sta tramontando ed è una palla infuocata che costringe gli occhi a stringersi appena in due fessure per il fastidio e l'odore di salsedine è tanto forte quanto piacevole. La sabbia bagnata sembra cambiare magicamente colore ogni volta che viene raggiunta e poi abbandonata da delle piccole onde di acqua salata. Tutto è così calmo, se non fosse per il mio cuore che sta battendo all'impazzata.
"Cioccolata?" Domanda Adrian porgendomi un bicchiere.
Distolgo lo sguardo dall'orizzonte e lo punto sul suo braccio teso, poi sul suo volto serio.
Afferro il bicchiere frettolosamente e torno nella mia posizione cercando di evitare qualsiasi contatto o discorso con Baker.
Se ci fossi riuscita allora la serata si sarebbe conclusa bene.
"Ho notato che la bevi spessi, la cioccolata" dice sorseggiandone un po' con premura. Osservo il modo in cui le sue labbra piene sfiorano il bordo del bicchiere e il suo pomo di Adamo alzarsi e abbassarsi ad ogni sorso. Gli occhi leggermente socchiusi quando poi allontana il bicchiere e si lecca le labbra in una maniera tutt'altro che innocente.
Evito di rispondere e comincio a fissare la sabbia che ricopre le mie dita, la studio attentamente lasciando che gli occhi contino i granelli di diverso tipo e colore mischiarsi a creare quella polverina grigiastra e ocra.
Adrian sembra non aver capito il messaggio però.
"Facciamo un gioco" dice infatti interrompendo i miei attimi di indifferenza.
Alzo lo sguardo annoiata e aspetto che continui.
"Io devo indovinare quante più cose possibili su di te e tu farai lo stesso" asserisce con serietà sistemandosi meglio sul telo. I miei occhi lo scrutano con curiosità e loquacità. Sto cercando di capire le sue intenzioni, ma non sembra avere doppi fini, a prescindere dal suo sguardo tranquillo e spensierato, le labbra sono arricciate in una sottospecie di sorriso e i suoi occhi mi fissano con insistenza e senza pudore.
Annuisco stringendo le labbra in una smorfia.
Comincia a picchiettare le dita sul bicchiere arricciando le labbra mentre tenta di studiare ogni mio singolo gesto.
"Vediamo un po'... Tanto per cominciare odi le feste, l'alcol, il fumo, tutto ciò che è illegale e i tipi come me. Magari lo fai perché ti sei ritrovata proprio con uno di noi e non è andata a finire bene, magari il capitano della squadra di football, o lacrosse, non so cosa ci sia da dove provieni tu."
"Non è poi molto diverso dalla California"
"Sì, bè. Ha giusto un oceano in meno e qualche abitante più matto. Tornando a noi: odi le cheerleader, le ragazze fighe, lo shopping, sei noiosa, vergine e magari con una famiglia altrettanto noiosa e iperprotettiva. Partecipi spesso ai brunch con gli amici dei tuoi e tua madre non ti fa mai mancare uova e pancakes a colazione; Inoltre hai solo due amici perché non hai mai perso tempo a relazionarti con qualcuno che non sia un libro o una cioccolata calda. Scommetto che odi Los Angeles e che al liceo eri presa di mira"

Cinnamon Junks (Endless story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora