29. Un nome in mezzo alla lista

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"Fai tanto la dura, ma sei debole. Incredibilmente debole, Clark. Ti sei aggrappata a me inevitabilmente, mi dispiace per questo. Talmente debole da non aver nemmeno il coraggio di cercare tua madre pur sapendo che è viva."

Le sue parole mi arrivato dritte in faccia come un pugno scagliato da chi meno me lo sarei aspettato.
Che senso avrebbe? Perchè, con tutto ciò che poteva dire, ha scelto di tirare in ballo mia madre?
"Credo che per me sia arrivata l'ora di andarmene una volta per tutte" asserisco in tutta serietà.
Mi dirigo verso la porta mentre lui tenta di bloccarmi afferrandomi per il braccio, ma io mi divincolo dalla sua presa e me ne vado.
"Smettila di fuggire ogni volta che ascolti la verità!" Mi grida alle spalle prima che io prenda a scendere le scale.
Ho detto basta almeno un centinaio di volte, ma non me n'ero mai andata così infuriata.
Sono delusa. Delusa perché non me lo aspettavo e delusa perché in fondo ha ragione.

Torno alla confraternita dove sono praticamente sola. Tutte le ragazze sono tornate a casa ed io mi trovo sola proprio nel giorno del Ringraziamento.
Per cosa dovrei essere grata? Mia madre se n'è andata prima ancora che io potessi ricordarmene, mio padre prima si è inventato che era morta, poi ha cominciato a bere e a dimenticarsi che esisto. Sono una pessima amica, ho tradito Phoebe, Baker mi ha solo usata, Emmett ha preferito lasciarmi per un'altra e Nicholas non si è nemmeno presentato al nostro appuntamento.
Sono sola e so che è colpa mia.
Allontano le persone e inevitabilmente loro escono dalla mia vita.
Vorrei che non fosse così, ma so che mi è impossibile.
Mi asciugo una lacrima ancor prima di accorgermi di star piangendo contro la mia volontà.
Ha ragione Adrian a dire che sono debole.
Sto per gettarmi nel letto quando sento dei rumori sordi provenire dal corridoio e qualcuno bussare alla porta.
Pensavo di essere rimasta solo io qui...
Mi rassetto appena prima di dirigermi ad abbassare la maniglia.
La porta si spalanca e dietro, con lo sguardo amareggiato e il fiato corto, c'è Adrian.
"Che ci fai tu qui? Ho detto di non volerti vedere" dico ormai esausta. Non riesco più a litigare con lui, è estenuante.
"Mi dispiace" sussurra.
"Ora che hai imparato a dirlo non puoi fare a meno di ripeterlo? Vattene Adrian, io non sono Phoebe" faccio per chiudergli la porta in faccia, ma lui la blocca.
"Hai pianto e mi dispiace" ripete con lo stesso sguardo serio. Punto i miei occhi malinconici nei suoi e capisco che crede in quello che mi sta dicendo; è davvero dispiaciuto.
Vorrei provare a sbattergli la porta in faccia di nuovo, ma, inaspettatamente mi avvicino a lui e lo bacio.
Faccio aderire alla perfezione le mie labbra con le sue incorniciandogli il viso con le mani tremanti.
"Mi dispiace davvero" farfuglia appoggiando la fronte contro la mia.
"Lo so" rispondo accennando ad un sorriso prima di tornare a far scontrare le nostre labbra.
Le mie sono salate, bagnate dalle lacrime che fino a poco prima sgorgavano dai miei occhi. Le sue sono calde, accoglienti.
Lo trascino dentro la stanza senza perdere il contatto.
Richiudo la porta a stento e lo faccio sedere sul mio letto.
Lo guardo con serietà, la stessa con cui lui ricambia.
Mi siedo a cavalcioni sulle sue gambe e mi scanso i capelli per poter ricominciare a baciarlo ancora.
Più questa storia va avanti e più comincio seriamente a non poterne fare a meno.
Adrian appoggia le mani sui miei fianchi, al di sotto della maglietta facendomi sussultare.
I nostri corpi fremono perché consapevoli di ciò che li attende.
Ribalta la situazione facendomi sdraiare lentamente. Io ho lo sguardo terrorizzato, i capelli sparsi sul cuscino e un fremito alla pancia. Sento un calore familiare al basso ventre guardandolo semplicemente negli occhi.
Il suo viso è a un palmo dal mio e mi scruta con curiosità.
"Ho qualcosa che non va?" Domando preoccupata.
"Non hai niente che non vada"
"E allora perché mi guardi così?"
"Perché prima mi hai detto che non sei come Phoebe..." farfuglia.
"E qual è il problema?"
"È proprio questo il problema. Non sei come Phoebe, nè come tutte quelle che si sono trovate sotto di me, così come te ora"
Aggrotto le sopracciglia continuando a non capire.
"Mi mandi in tilt, quando ti incazzi, quando sei assorta nei tuoi pensieri, quando ridi coi tuoi amici e addirittura ora. Il mio cervello sta esplodendo a vederti vestita più di quanto abbia mai fatto con una ragazza nuda nella tua stessa posizione"
La sua confessione mi lascia senza parole.
Il mio respiro si fa sempre più rapido e il mio petto si alza e si abbassa arrivando a sfiorare il suo.
Potrei rimanere così per ore.
"Se credi che io ti abbia cercato solo perché non avevo nessun altro ti sbagli, e sono disposto a dimostrartelo" continua.
"E come?"
"Rimarrò qui e parleremo. Dormirò con te se necessario, ma non faremo nulla. So che ti voglio e che anche per te è così, ma sono deciso a controllarmi per poterti dimostrare che non sei un nome come gli altri in mezzo alla lista"
Rimango impietrita di fronte alla sua decisione e fortemente sorpresa.
"D'accordo" dico lasciandogli un ultimo casto  bacio.
Adrian si allontana da me sdraiandosi su un fianco. Il letto è piccolo, ma ci entriamo entrambi lo stesso.
"È la prima volta che stiamo nella tua stanza" constata.
"Sì bè, sai, di solito c'è Phoebe..."
chissà come starà andando il suo Ringraziamento.
"Posso farti una domanda?"
"Da quando in qua me lo chiedi?"
"Promettimi che non ti arrabbierai. Voglio solo parlare"
"Va bene"
"Prometti" ribatte.
"Prometto" sorrido.
"Perché non hai mai provato a cercarla?"
Una parte di me sapeva che avrebbe tirato di nuovo in ballo il discorso e non voglio nascondermi. Voglio parlargli.
"Sinceramente non ne ho mai avuto la necessità. Sono vissuta per quasi diciotto anni pensando che fosse morta e l'idea che in realtà non sia così mi ha scombussolata, è vero, ma non ho mai trovato un punto dal quale partire"
"Se non ne vuoi parlare potremmo sempre cambiare discorso" mi rassicura.
"Che ne diresti di chiedermi quale sia il mio colore preferito?" Ridacchio.
"D'accordo. Qual è il tuo colore preferito?" Mi prende alla lettera sorridendo.
"Mmm il verde. Il tuo?"
"Non credo di averne uno, ma se dovessi scegliere direi il blu, credo. Piatto preferito?"
"Oltre al messicano?"
"Oltre al messicano" ribatte.
"Il gelato e le patatine immerse nella cioccolata"
Adrian rabbrividisce farfugliando un disgustoso.
"A che età hai perso la verginità?" Domando io.
"Quindici anni. Stavamo giocando a obbligo o verità"
Rimango sorpresa.
"Hai perso la verginità per un obbligo?!"
Adrian scoppia a ridere fragorosamente.
"No, semplicemente una delle ragazze più attraenti e facili della scuola, durante una verità, ha rivelato che gli piacevo. Ho solo colto la palla al balzo" alza le spalle innocentemente.
"Ora è diventata una tossico dipendente e ninfomane"
"E tu come fai a saperlo?" Continuo con curiosità.
"Una volta ci siamo incontrati ad una festa nell'Upper East Side. So che è una tossico dipendente perché doveva vendere delle pasticche per saldare un debito e una ninfomane perché... Bè il resto è storia"
Rabbrividisco al solo pensiero.
La facilità con cui Adrian si porta a letto le ragazze è strabiliante.
"Il tuo primo bacio?"
Mi imbarazzo per la sua domanda. Per Adrian evidentemente non sono molto importanti le prime volte...
"Quindici anni, Emmett..." ammetto.
"Il tuo ex?!" Adrian sembra allibito.
Annuisco.
"Cioè, tanto per intenderci, lui è stato il tuo primo ragazzo, il tuo primo bacio e la tua prima volta?"
Di che si sorprende? Mica tutti ne cambiano una al giorno.
"C'è qualche problema?"
"No, ma dovevi esserne davvero innamorata..."
"Abbastanza da perdonargli un tradimento per due volte, direi di sì"
"Chi altro hai baciato dopo di lui?"
"Non è il tuo turno, comunque" mi lamento, ma notando l'espressione sul suo viso capisco che non cambierà idea.
"Qualche ragazzo del liceo, Will, i due tipi della festa e te, suppongo"
Perchè gli interessa? Non è poi così interessante.
"Con quante ragazze sei andato a letto?" Chiedo.
"Non le so quantificare, Clark, lo sai"
Già, lo sapevo, ma ero lo stesso curiosa di sapere se ne tenesse il conto.
"Hai mai avuto un animale domestico?"
Faccio per rispondere, ma il mio telefono prende a squillare.
Adrian alza gli occhi al cielo, mentre io mi sporgo per controllare chi sia.
Ancora una volta spero che sia mio padre, ma invece non è lui.
Controllo il nome sullo schermo e per un attimo ho un tuffo nel cuore.
Nicholas.
Perchè ora mi chiama? Magari vuole spiegarmi perché non si è presentato all'appuntamento. Magari vuole dirmi che non gli piaccio. O magari mi racconterà una storia assurda alla quale mi accontenterò di credere.
"Giuro che se rispondi a quel coglione, me ne vado" mi minaccia Baker puntando i suoi occhi scuri nei miei.
Lo guardo timorosa e nel frattempo la suoneria cessa lasciando scritto sullo schermo (1) Chiamata persa Nicholas

"Un coniglio di nome Hippo" rispondo alla domanda di prima come se la chiamata non sia mai esistita.
"Perché mai dovresti chiamare un coniglio Hippo?"
"Bè, perché non era un ippopotamo..."

Ecco che lo schermo torna ad illuminarsi, ma stavolta indica una serie di messaggi.

Nicholas:
Clark, ti prego rispondi.

Nicholas:
Devo darti una spiegazione.

Nicholas:
Non mi aspetto che tu mi creda o mi dia un'altra chance.

Nicholas:
Ho solo bisogno che tu mi ascolti.

"Cosa dovrei fare?" Domando alzando gli occhi dallo schermo.
Adrian lo sta guardando severo, con la mandibola serrata.
"Fai quello che vuoi" risponde semplicemente facendo per alzarsi.
È infastidito.
Lo blocco trascinandolo di nuovo sul letto.
"Non ho intenzione di rispondere" lo avverto facendo sì che la sua espressione corrucciata svanisca.
"E anche se ci parlassi sono pur sempre Clark. Trattare male le persone è il mio forte"
"Trattare male me però ti riesce meglio" ridacchia.
"Dio, perché non siamo rimasti nel mio appartamento? Questo letto è tremendamente scomodo" si lamenta cercando di stiracchiarsi evitando di cadere giù.
"Di che ti lamenti? Tanto dormirai sul letto di Jackie!" Lo informo con un sorriso malefico in volto.
Adrian assottiglia lo sguardo scendendo lentamente dal letto, poi afferra un cuscino e mi colpisce.
Spalanco la bocca giusto in tempo per beccarmi un'altra cuscinata.
"E così vuoi la guerra, eh Baker?" Prendo il cuscino sotto la mia testa e comincio a rincorrerlo per colpirlo.
"Non mi sfuggirai"

•••

"E se Jackie dovesse sentire il mio odore sulle lenzuola? È meglio che io dorma con te" Adrian tira fuori l'ennesima scusa per poter dormire nel mio letto.
"Poco fa hai detto che il mio letto è scomodo"
Gli ricordo sistemando i cuscini.
"Ma io scherzavo! È così comodo che potrei dormirci ogni notte"
"Un po' come faccio io, d'altronde" borbotto senza degnarlo di uno sguardo.
Sto rifacendo il mio letto per prepararmi ad andare a dormire.
"Non ti toccherò nemmeno con un dito, promesso"
Esasperata mi volto verso di lui, beccandolo seduto sul letto di Jackie a lamentarsi.
"Vuoi provare qualcosa di davvero scomodo? Bene, stanotte dormirai sul pavimento, così non ci sarà nemmeno il problema dell'odore"
Gli butto delle coperte a terra e mi infilo nel letto guardandolo, con un'aria corrucciata, prepararsi il pavimento dove dormirà.
No, non mi fa pena neanche un po'. Sarà spassoso vedere Adrian stronzo Baker soffrire per questa notte.
Ben gli sta.
"Bè, c'è da dire che almeno così siamo più vicini di prima" dice in tono ammiccante.
"Buonanotte Baker" dico spegnendo la luce una volta che Adrian si è infilato sotto le coperte.
"Buonanotte acido cloridrico" ribatte.
Afferro il telefono dal comodino e lo sblocco.
Apro i messaggi ricevuti e faccio per rispondere a Nicholas.
Voglio sapere cos'ha da dirmi.
"Sappi che probabilmente la mia sveglia ti sveglierà. Devo fare delle compere domani mattina" mento per non destare sospetti.
"Mh mh" farfuglia il ragazzo ormai quasi addormentato.

Tu:
Domani mattina, alle 9:00 am. Caffetteria Paul&muffins. Spero che la tua spiegazione sia plausibile.


//Spazio dinosauro 🦖
Ciao gente!
È da tantissimo che non scrivo più qualcosa negli spazi autrice, forse perché non ho poi molto da dire.
Sono soddisfatta di come la storia sta procedendo, anche se sta assumendo una piega del tutto inaspettata rispetto a quella che avevo intenzione di dargli quando ho cominciato a scriverla.
Adoro scrivere di Adrian e Clark, quindi spero di riuscire a trasmettervi la mia passione per questa storia e che piaccia soprattutto andando avanti coi capitoli.
Grazie di cuore a chi continua a seguire gli alti e bassi di Baker e di quell'acido cloridrico di Clark.
Qualche giorno fa guardando le classifiche per poco non mi prendeva un colpo, è una racconto che per me conta molto e sono davvero entusiasta dei piccoli traguardi che sta raggiungendo.
Grazie ancora e alla prossima.
Ci si legge! 💕

-JSparks

Cinnamon Junks (Endless story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora