Il mio riflesso nello specchio era terrificante.
Avevo i capelli spettinati, due occhi rossi con accenni di viola e un'espressione da morto vivente.
Per non parlare della pelle bianca... ancora più del solito.
Mi avevano ricostruito il naso, per fortuna, ma gli antidolorifici mi avevano rammollito e sembrava che stessi per addormentarmi da un momento all'altro.
Il dottore avrebbe voluto tenermi ancora in ospedale.
-Non la lascio andare fino a quando non è in grado di stare in piedi- disse.
Per farla breve, ero scappata.Prova a sembrare decente.
Sembrava che niente volesse stare al suo posto.
Maledetta me e la mia impulsività.
Maledette pillole...
Quella sera avrei provato a smettere di prenderle. Avrei provato a vedere cosa sarebbe successo.In quel momento qualcuno bussò alla porta.
-Avanti-.
Vidi sbucare un ciuffo rosa dietro alla porta. Mi girai e lo vidi entrare.
Non dissi nulla, rimasi solo a guardarlo. Sentivo il calore che saliva e le guance colorarsi di rosso.
È venuto? Dopo quello che ho fatto?
Sorrisi all'idea di quello che stavo per dire.
-Secondo me ti hanno obbligato- confessai.
-No- rispose lui. -Sono venuto di mia spontanea volontà-.
-Io ti chiedo...- cercai di dire.
-Non importa- mi interruppe lui. -Non devi scusarti-.
Al diamine la professionalità.
Mi avvicinai e lo abbracciai.
Un modo gentile per dire grazie.
Strano ma vero, lui ricambiò l'abbraccio.
Se le persone ti perdonano con un abbraccio, dovrei farlo più spesso. Ma possibilmente non con tutti.***
-Eccola- mi disse l'autista, fermandosi davanti a una villa.
La guardai: l'ennesima villa circondata da un alto muro che non mostra nulla, telecamere a ogni angolo e un uomo fermo davanti alla porta.
Se non fossi stata abituata, avrei detto che la cosa mi dava fastidio.
Ringraziai l'autista.
-Tutto bene?- mi chiese.
A quanto pare la mia espressione era abbastanza preoccupata. E lo ero. Ogni volta che avevo un nuovo incarico non sapevo mai dove sarei dovuta andare.
E se fossi ritornata viva.
-Sì- riposi e scesi dall'auto.
-Allora perché non ti credo?- chiese, prima che chiudessi la portiera.
Sorrisi: -Non lo so-.
Fece lo stesso e si presentò: -Mi chiamo Jimin-.
Allungai la mano e lui la strinse: -Jo- risposi.L'uomo alla porta non mi chiese nulla, non mi guardò nemmeno. Entrai senza problemi e non mi feci tante domande. Aveva un auricolare e molto probabilmente gli avevano già comunicato del mio arrivo.
Superato il cancello andai avanti per un sentiero ciottolato.
Fino a metà andò tutto bene, poi non so come sentii rumore di passi e vidi sfrecciare qualcosa in aria, che poi cadde davanti a me.
Mi piegai e lo raccolsi.
Era una pala e non capivo proprio come fosse arrivata lì.
Mi girai verso sinistra e vidi un tipo che guardava a terra e si grattava la testa. Era circondato da buchi nel terreno e da fiori ancora nel vaso. Indossava una salopette di jeans sporca di terra e un cappello da pescatore. L'unica cosa pulita era la maglia gialla che aveva al di sotto.
Mi avvicinai: -Direi che questa appartiene a te-.
Lui si girò e sembrò sorpreso di vedere qualcuno.
Neanche a farlo apposta era di nuovo un tipo giovane.
Era il quarto che incontravo, quanti ancora ce ne sarebbero stati?
-Grazie- fece lui, riprendendosela. -Piacere, Taehyung- si presentò, togliendosi i guanti.
Gli strinsi la mano: -Piacere, Jo-.
Guardai i buchi nella terra e lui seguì il mio sguardo.
-So usare di tutto, tranne che la pala- ammise.
-Ho notato- sorrisi.
-Sei nuova? Non ti ho mai vista-.
Annuii: -Abituatici, mi vedrai molto spesso-.
-Sei una parente del padrone di casa?-.
-Non direi, sono la sua guardia del corpo-.
Spalancò gli occhi: -Davvero?-.
Dal modo in cui si comportava sembrava un tipo dalla scarsa intelligenza, ma vedevo benissimo che in realtà non lo era. I suoi occhi mi guardavano incuriosito, cercando di capire che tipo di persona fossi e questa non è una cosa che le persone stupide fanno. Avrei dovuto scoprire perché lo faceva, ma in quel momento una figura apparve sulla soglia di casa.
Salutai il ragazzo e mi diressi verso di lui.
-Buongiorno- salutai, facendo un piccolo inchino.
Lui non mi rispose ed entrò in casa.
-Ci sono poche e semplici regole- cominciò a dire. -La prima: per nessun motivo deve disturbare il signor Harada. Quando avrà bisogno di lei, la chiameremo. La seconda: non deve assolutamente intromettersi nei suoi affari, non le consiglio di stare in vista quando effettua le sue riunioni. La terza: cerchi di farsi notare il meno possibile-.
"Preciso, il signore", lo schernii io mentalmente.
Non mi aveva dato nemmeno il tempo di capire che cosa fare o anche semplicemente chiedere quale era la mia stanza, che sparì esattamente come era comparso.
Ma non potevo scegliere di diventare giardiniere come Taehyung? Non me la cavo male con le piante. O magari un barista come Jungkook, tralasciando il Taekwondo?
Rimasi impalata in mezzo al soggiorno senza sapere cosa fare, quando all'improvviso vidi una bambina dirigersi verso di me.
-Konnichiwa- la salutai.
Lei si mise a ridere e mi prese per una mano, trascinandomi in un corridoio.
-Dove mi stai portando?- chiesi.
Non mi rispose e continuò a ridere. Alla fine mi lasciai semplicemente condurre da quella bambina con gli occhi scuri e il sorriso dolce.
Mi portò alla fine del corridoio e mi fece entrare in una stanza bianca di piccole dimensioni, con un letto, un armadio e una zona studio.
Qualcosa mi diceva che quella era la mia stanza.
Mollai il borsone a terra.
-Arigatō- la ringraziai. Era stata tanto gentile con me.
Lei si mise di nuovo a ridere.
Sbaglio o ride quando parlo in giapponese?
-Sai parlare in inglese, non è vero?- le chiesi, accovacciandomi davanti a lei.
-Hai- rispose.
Certo che è furba questa bambina.Quella sera ero in cucina a guardare il notiziario mentre stavo girando annoiata le bacchette nella ciotola di ramen. La bambina mi aveva lasciata un paio di ore prima e da allora mi ero rifugiata nella stanza che più amo della casa, anche se non della mia. Avevo cercato del cibo e lo avevo trovato subito. Le dispense erano piene, come se nessuno di quelli che vivevano lì dentro mangiassero.
-Buon appetito- disse una voce.
Mi girai e vidi Taehyung entrare in cucina. Era ancora vestito con la salopette e non riuscii a trattenere un sorriso.
-Ti sta bene, lo devo ammettere- mi complimentai, indicandola.
-Questa? Sì, modestamente- fece lui cominciando a cercare qualcosa.
-Sai dove sono le teglie?- mi chiese.
-Sono in questa casa da tre ore, so soltanto dov'è la mia stanza- scherzai.
Lui intanto aprì tutti gli scaffali fino a quando non trovò ciò che cercava.
Prese una teglia e la mise sul tavolo.
Aprì il frigo e prese quattro uova, poi la dispensa e prese la salsa di soia.
-Sai fare i tamagoyaki?- mi chiese ad un certo punto.
Ne avevo sentito parlare, ma non li avevo mai fatti.
Negai con la testa.
Lui mi guardò: -Non ci credo-.
Le tagliatelle del ramen mi si bloccarono in gola. Cominciai a tossire.
-C'è sempre una prima volta- disse. -Io vado a farmi una doccia-.
Se ne andò, così, semplicemente.
-Provaci- aggiunse, quando era già fuori dalla cucina.Provaci continuavo a ripetermi.
Non so come si fanno! Ora vedi che do fuoco alla cucina...
Avevo il telefono nella mano sinistra, mentre con la destra stavo stendendo le uova sbattute nella teglia. In teoria dovevo stendere uno strato sottile, ma il mio non è che lo fosse poi così tanto. La parte più divertente era quella in cui dovevo far scoppiare con le bacchette le bolle che si formavano.
Una volta che si era cotto dovevo arrotolarlo. Chiaramente nemmeno quel passaggio mi veniva bene.
Posai il telefono sul tavolo e per caso guardai annoiata fuori dalla finestra.
Mi sporsi in avanti.
Sbaglio o è appena passato qualcuno?
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Eighth/BTS ✔
Fanfiction"Tutti temiamo qualcosa del passato. Le mie paure hanno la forma di un ragazzo con la testa coperta da un cappuccio. Lui è il filo oscuro che lega la mia anima ad altre sette" Jo è una guardia del corpo. Dopo aver perso il suo incarico per lei s...