24. Run (part 1)

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-Mi avete mentito- dissi.
Non riuscivo più a tenere gli occhi aperti.
Stavo poggiata alla spalla di Jin e cercavo di non addormentarmi. Di tanto in tanto prendevo dei grossi respiri e li spalancavo: il profumo della pelle trattata dei sedili mi entrava nelle narici.
Da mezz'ora eravamo in auto e non sapevo da che parte stavamo andando.
Davanti a me Namjoon guidava silenzioso, mentre accanto a lui Jimin stava cercando qualcosa sul telefono e di tanto in tanto riceveva delle chiamate.
Guardai fuori dal finestrino e vidi solo alberi e buio, per non parlare della nebbia nera che circondava tutto.
Mi sfregai gli occhi ma non ottenni nulla.
-Perché siamo venuti qui se non dobbiamo proteggere nessuno?- chiesi. -Mi avete mentito... di nuovo-.
Stavo cominciando a rassegnarmi al fatto che non mi avrebbero mai detto tutta la verità.
Per certi versi mi va bene, se non vogliono dirmi tutto ci sarà un motivo.
Tutti quegli anni mi avevano insegnato che non dovevo sapere tutto, che non mi sarebbe mai stato detto tutto...

All'improvviso mi sembrò di essere distesa, come se non fossi più seduta sui sedili ma distesa su un letto.
La durezza della spalla di Jin era sparita, così come il torpore che aveva la mia guancia dovuta al fatto di esserci rimasta poggiata troppo a lungo.
Sentii sotto la testa la morbidezza di un cuscino e un gusto strano in bocca.
Cos'è questo gusto? Plastica?
Sentii le mie sopracciglia contrarsi.
Ho gli occhi chiusi?
Quando li ho chiusi?
In effetti non vedevo più nulla, solo nero. Non mi ero accorta di niente.
Li aprii.
Vidi un soffitto bianco illuminato dalla luce: era giorno.
Quando mi sono addormentata?
Mi alzai e mi guardai intorno: ero in camera mia, nel mio letto.
Ero di nuovo in Giappone.
Ero in pigiama.
Come mi sono cambiata?
Mi alzai dal letto e mi guardai ancora intorno.
Come ci sono finita qui?
Ero ancora rimasta alla sera precedente, a quando mi ero sporta oltre il bordo del palazzo dopo che l'uomo si era buttato. Non mi ricordavo più nulla di quello che era successo dopo, solo di essere stata in macchina per un certo arco di tempo.
Se sono qui... significa che sono svenuta e che mi hanno portato a casa.
E con il padre di Mei come rimane? Dovevamo proteggerlo.
E invece...
Uscii di stanza e mi diressi verso la cucina.
Passando davanti al soggiorno vidi la porta d'ingresso aperta, così come tutte le finestre. Non c'era un filo d'aria.
Seduto sugli scalini c'era Jimin.
Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui. Mi salutò.
-Hai dormito bene?- chiese.
Annuii, guardandomi intorno.
Vidi Hoseok e Mei distesi in mezzo al prato.
Non mi feci domande.
In quel momento Jimin bevve un po' del suo milkshake. Aveva in mano uno di quei bicchieri di carta con il coperchio di plastica e la cannuccia nel centro.
-Sono svenuta, vero?- chiesi.
Lui annuì.
-Dopo essermi sporta per guardare oltre il bordo del palazzo-.
Annuì di nuovo.
-E mi avete portata a casa-.
-Esattamente- disse.
Feci una pausa.
-Ma sono in pigiama- gli feci notare.
Si mise a ridere.
-Strano che non mi chieda altro- disse.
-Chi te lo dice?-.
Mi poggiai alla sua spalla.
-Scherzo, prima dimmi come stai-.
-Bene- ripose.
-Allora passiamo alle domande serie- feci. -Jimin, chi era quel uomo?-.
Lui finì il suo milkshake.
-Qualcuno che noi conosciamo, da tanto tempo- cominciò.
-Non mi sembrate felici di vederlo-.
-Non lo siamo, per nulla. Una volta, forse, eravamo felici di vederlo, ma non adesso-.
-Cosa è successo?- chiesi.
-Ha fatto degli errori in passato e lo abbiamo allontanato- rispose.
Errori... tipo?
Fantastico, se parla così significa che mi sta mentendo, oppure non vuole che sappia tutto.
Poggiai la fronte al palmo della mano.
Cosa devo fare per farmi dire qualcosa?
Sorrisi.
Va bene, prima ascoltiamo cosa dice.
Perché stavo sorridendo?
Perché la situazione mi piaceva, in fondo. Sarebbe stato troppo noioso far parte di un gruppo che aveva la parola facile.
Alla fine avrei dovuto scoprirla da sola la verità.
Almeno mi tengo in allenamento.
-Quando vi siete conosciuti?- chiesi.
Avevo capito che ero io a dover dirigere la conversazione.
-Quando siamo stati scelti per entrare a far parte di questo gruppo. Lo stesso giorno- rispose.
-Lo stesso?- ripetei.
Lui sorrise.
-Magari non è un caso-.
Sta distorcendo la vera versione dei fatti... ma mi sta anche dicendo la verità, anche se non tutta.
Riuscivo a capirlo dal modo in cui stava attento quando parlava, dal modo in cui soppesava le sue stesse parole.
-L'avete mai detta a qualcuno la verità?- chiesi.
-Non sarebbe troppo noioso?- rispose, ridendo. -Se ti raccontassimo tutta la verità non ti terresti occupata-.
La pensano esattamente come me.
Cominciai a ridere.
-Scusa, come fai a sapere che la penso così?-.
-Beh, non che tu sia esattamente normale- disse.
Mi finsi offesa e gli tirai un pugno leggero sulla spalla.
-Ehi, cosa intendi dire?- chiesi.
Rise, ma non mi rispose.
-Non picchiare il mio Jimin- mi avvertì scherzando Hoseok, che era ancora disteso sul prato sotto il sole.
Presi il milkshake di Jimin e glielo buttai addosso.
Lo beccai in testa e un po' di latte gli colò sui capelli.
-Il tuo Jimin? Non sapevo che aveste una relazione. A quando il matrimonio?- scherzai.
Hoseok invece si alzò e mi guardò arrabbiato.
-Dai, scherzo!- dissi.
Cominciò ad avvicinarsi.
Jimin mi mise una mano sulla spalla.
-Scappa- mi consigliò, ridendo.
Mi alzai anche io.
Dai, cosa può farmi?
Quando cominciò a correre verso di me cambiai completamente espressione.
-No, Hoseok fermo- dissi.
Jo, per l'amor del cielo, non è un cane.
Ma lui non si fermò.
Quando era a mezzo metro di distanza da me, scattai di lato e cominciai a correre anche io.
Avevo i piedi scalzi e l'erba tagliata mi faceva il solletico.
Non riuscivo a smettere di ridere.
Di tanto in tanto mi voltavo per vedere se mi stava ancora inseguendo.
Hoseok cercava di assumere un'espressione arrabbiata, ma non ci riusciva.
Corsi più veloce che potevo, ma era più veloce di me.
Non appena arrivai dietro casa, entrai velocemente dalla porta di servizio: oltrepassai la mia camera e quelle dei ragazzi e arrivai in corridoio. Mi ritrovai davanti un Yoongi addormentato e impalato proprio nel mezzo.
Lo evitai per un soffio e continuai a correre.
-Ehi, Gimyo (stranezza, in coreano), non correre per casa- disse calmo, grattandosi la testa.
Non sono l'unica che ha dormito bene.
Qualche secondo dopo anche Hoseok lo superò.
-Ehi Hoseok, non correre per casa- ripetè.
Scoppiai a ridere ancora più forte.
Yoongi sei fantastico.
Girai a sinistra e uscii di casa.
-Jimin, aiutami!- dissi.
Lui si alzò, bloccando la porta e mi sorrise.
Quando stavo per ringraziarlo si spostò dagli scalini e lasciò passare Hoseok.
Traditore.
Non so se quello fu un placcaggio o qualcos'altro, ma mi ritrovai a terra in un istante.
Mi bloccò e mi si sedette sopra.
-Dai, togliti!- urlai, ridendo.
-No- disse. -Allora Jimin, come possiamo punirla per quello che ha detto?-.
Lo guardai.
Cosa ha detto!?
-Falle il solletico- propose Jimin.
-Non lo soffro- dissi.
-Mmh...- fece Hoseok. -Pensa a qualcos'altro-.
Non so se sia serio o no.
-Dai Hoseok, togliti, stava scherzando- fece Jimin.
-No- gli rispose.
-Ho tutto il giorno- feci io.
-Qualcosa di umiliante- suggerì Mei, avvicinandosi. Si abbassò e bisbigliò qualcosa a Hoseok.
-Che sarebbe?- le chiesi.
-Una sfida- ripose.
-Non ha il coraggio di farla, secondo me- mormorò Hoseok.
-Sì, invece- obiettai. -La farò, non importa quanto sia terribile-.
Cosa sarebbe? Farmi mangiare qualcosa di disgustoso? Sfidare qualcuno a qualche gioco?
Mi andava bene tutto.

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