Non appena Jungkook entrò a casa vide una ragazza sul divano.
Non si aspettava di vederla.
Da quando aveva lasciato la scuola non aveva più avuto sue notizie e vederla proprio lì davanti a lui gli sembrava strano.
Era sorpreso.
-E tu che ci fai qui?- chiese.
Non appena riconobbe la sua voce la ragazza si immobilizzò.
Lui si avvicinò, accovacciandosi vicino al divano.
Mei girò la testa e diventò tutta rossa.
-È complicato- rispose.
Jungkook rise.
-La nostra relazione è complicata, la tua presenza qui non lo è. Vediamo, ci potrebbero essere due motivi: o ti ha chiamato uno dei miei compagni oppure conosci Jo- disse.
-La seconda-.
-Quando sei arrivata?- chiese, sedendosi vicino a lei e facendola diventare ancora più rossa.
Ormai sapeva di piacerle e alcune volte lo divertiva sfruttare questo fatto a suo vantaggio.
-Ieri sera, tu non c'eri- rispose. -C'era il tuo amico, Jimin-.
-Ti hanno chiesto qualcosa?-.
Lei annuì: -Mi hanno chiesto di mio padre. Perché lo hanno fatto?-.
Lui le passò una mano fra i capelli.
-Te lo spiegherò- disse.
In quel momento vide che la ragazza aveva il telefono aperto sul numero di Jo.
-La stavi chiamando?- chiese, indicandolo.
-Sì, ci ho provato, ma non mi risponde. È da ore che risponde la segreteria-.
-Quando l'hai vista l'ultima volta?-.
-Stamattina. Dovevamo uscire, ma non si è presentata-.
Jungkook si alzò dal divano e si diresse verso la porta.
La ragazza lo seguì con lo sguardo.
-Dove vai?- chiese.
-Vado a cercarla- ripose, aprendo la porta.
-Vengo con te- propose.
-No, qualcuno deve stare a casa. Se per caso torna, chiamami- disse e uscì.***
Era la centesima volta che cercavo di aprire quella dannata porta. Ci avevo provato anche con l'attizzatoio, ma non ci ero riuscita lo stesso. Alla fine mi rassegnai e mi sedetti a terra.
Mi sembrava di essere là dentro da ore e molto probabilmente era proprio così.
Non sapevo più come occupare il tempo. Dopo aver giocato con la cenere e aver disegnato i baffi alla figura nera disegnata sul muro, non mi era venuto in mente più nulla.
Per un momento pensai di fumarmi la sigaretta sul tavolo ma quando ci provai davvero, il fumo mi andò di traverso. La buttai nel camino e spensi il fuocherello con cui l'avevo accesa.
Mi stesi a terra e presi una delle tante pillole sparse al di sopra. Erano di quelle rivestite di plastica. Schiacciai al centro e la aprii, facendo cadere il contenuto.
Chiaro, mi sto annoiando.
Sbuffai.
-Acqua- cominciai a dire, senza rendermene conto. -Fuoco, fumo, detriti, pillole, cintura, maschera... tutte cose senza senso-.
Ma chi me l'ha fatto fare di venire qui?
E con quale scopo chiudermi in questa stanza? Vuole dirmi qualcosa? Se si, non capisco cosa. Perché diamine quello mi ha inseguita? Che cosa ha a che fare con me? Se è uno degli spacciatori, poteva anche evitare.
In quel momento sentii la serratura far rumore: qualcuno aprì la porta.
Mi alzai e vidi la figura incappucciata che entrava nella stanza.
-Ti fai vivo adesso?- chiesi, infastidita.
Lo sentii ridere.
Mi alzai in piedi.
-Senti, potevi anche evitare di chiudermi in questa stanza assurda- dissi. -Che senso ha tutto questo?-.
Lui chiuse la porta e si girò verso di me.
Non riuscivo a vedergli la faccia perché aveva un foulard nero che gliene copriva metà.
Lo osservai: era magro, potevo vederlo anche se indossava vestiti larghi, e alto forse uno e settanta/ottanta. Non indossava guanti e dalle mani potevo capire che era giovane.
Questo avrà sì e no venticinque anni.
Nessuno degli spacciatori era così giovane.
Allora chi diavolo è?
Cominciò a muoversi e attraversò la stanza mentre io lo seguivo con lo sguardo, infine si poggiò al tavolo.
Prese la maschera.
-Sai, ora capisco perché ti hanno scelta- disse, osservandola.
-Chi mi avrebbe scelta?- chiesi.
Come fa a sapere di loro?
-Sai benissimo di chi sto parlando. Non fingere con me, non ti conviene-.
Alzai le sopracciglia: -Mi stai minacciando?-.
Si fece una risatina.
-Minacciarti- ripetè. -Non ci ricavo nulla dal minacciarti, a dir la verità non volevo nemmeno che entrassi qui-.
-Allora perché mi hai inseguita?- chiesi.
-Per capire che tipo di persona sei. Da quello che ho visto non sei per nulla normale-.
Da quanto tempo mi spia?
Perché lo fa?
-Pensavo che fossi migliore: i fascicoli dicono cose su di te che non dimostri affatto. Hai perso il tocco?- commentò con aria di sfida.
È andato a leggere il mio fascicolo. Come lo ha trovato?
-Cosa sai su di me?- chiesi.
-Diciamo che so quello che mi serve sapere-.
Stavo cominciando a stancarmi: era venuto lì, ma non mi stava dicendo niente.
Se credi di spaventarmi, fai male.
Mi guardai intorno: doveva esserci qualcosa con cui colpirlo. Individuai l'attizzatoio e il vaso sul tavolo.
Feci un passo verso di lui.
Mi aspettavo che si muovesse e invece non fece nulla, restò immobile a guardarmi.
Ne feci un'altro e vedendo che non si muoveva mi allungai verso il vaso.
Stavo quasi per raggiungerlo, quando mi voltai di scatto e gli abbassai il foulard.
Lui si allontanò subito da me, girandosi per non farmi vedere il volto.
-Perché non vuoi che ti veda?- chiesi arrabbiata. -Che cosa vuoi da me?!-.
Mi ignorò.
Mentre era girato lo vidi mettersi la maschera e risistemarsi il cappuccio.
-Questo non dovevi farlo- disse arrabbiato.
Si girò e si avvicinò velocemente, facendomi sbattere contro il muro.
Cominciai a sentire dolore al braccio destro.
Dannazione...
Imprecai per il dolore.
Dai suoi occhi sembrava contento di avermi fatto del male. Aveva il viso talmente vicino al mio da poter vedere quanto era furioso. I suoi occhi scuri mi fissavano irrorati di sangue.
Anche io lo fissavo.
Non sapevo che intenzioni avesse: da un momento all'altro poteva tirare fuori un'arma e uccidermi oppure lasciarmi in quella stanza a marcire.
Ma non avevo paura.
Fai qualcosa, se hai il coraggio.
Lo vidi abbassare lo sguardo.
Fece scivolare la mano sinistra sul mio braccio, fino a quando non arrivò al polso. Lo girò lentamente e guardò il tatuaggio.
Sentii che bisbigliava qualcosa e poi ridere.
Con l'altra mano cercò qualcosa nella giacca e tirò fuori un pennarello rosso.
Non mi mossi, lo lasciai fare.
Gli tolse il tappo e ci disegnò una X proprio sopra.
Più su ci scrisse la parola Fake.
Non appena ebbe fatto mi lasciò il polso e si allontanò, dirigendosi verso la porta.
Mi guardò un'ultima volta e aprì la porta.
-Aspetta- lo chiamai.
Ma lui non mi ascoltò e uscì dalla stanza.
Pensavo che l'avrebbe di nuovo chiusa e invece la lasciò aperta.
Rimasi immobile.
Fake... perché? E proprio sopra il mio tatuaggio?
Perché dovrebbe essere falso?
Sa qualcosa che io non so?
Ma se è così, significa che mi hanno mentito e che non faccio parte del gruppo.
In quel momento sentii dei passi: qualcuno stava correndo nel corridoio.
Rallentarono non appena arrivarono davanti alla porta.
Seguì un momento di pausa e poi la vidi aprirsi.
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Eighth/BTS ✔
Fanfiction"Tutti temiamo qualcosa del passato. Le mie paure hanno la forma di un ragazzo con la testa coperta da un cappuccio. Lui è il filo oscuro che lega la mia anima ad altre sette" Jo è una guardia del corpo. Dopo aver perso il suo incarico per lei s...