Capitolo 30

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Una forte luce era puntata sul mio viso e mi sentivo terribilmente stordita. Strinsi ancora di più gli occhi già chiusi.

"È sveglia secondo te?" chiese la voce di un uomo che non riconobbi.

"Si, sarà solo un po' stordita." disse un altro.

"Heaven." sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla e cercai di alzare la mano per scrollarmela di dosso. Sentii qualcosa stringere i miei polsi, erano legati e più mettevo forza più scavavano nella mia pelle facendomi male. Mi lamentai e abbassai la testa.

"Sveglia." disse di nuovo quell'uomo. Chi era? Dove mi trovavo? Cosa stava succedendo?

Provai ad aprire gli occhi ma quella luce continuava ad accecarmi. Sbattei più volte le palpebre per cercare di abituarmi, ma con scarsi risultati. Fui costretta a ridurre gli occhi a due fessure e cercai di capire in che posto fossi finita.

"Andate a chiamare il presidente."

A quelle parole mi si gelò il sangue. Ora ricordavo tutto. Il presidente Payne e le guardie mi avevano portato con la forza fuori da casa mia. Mi ricordavo solo che iniziai a scalciare quando cercarono di condurmi verso un furgone e uno di loro poggiò un panno umido sul mio viso. Poi più nulla.

Continuai a guardarmi intorno e notai che ci trovavamo in una stanza asettica. Non c'era nulla intorno a me, a parte quella fastidiosa luce e una sedia.

"Perché sono qui?" mormorai con voce roca. Nessuno mi rispose e iniziai ad agitarmi.

"Dove mi trovo?" chiesi di nuovo in preda al panico. No, no, no, no. Non poteva succedere davvero. Mi avevano presa.

Ancora una volta nessuno mi rispose. Volevo piangere e urlare, ma decisi di stare in silenzio. Proprio in quel momento sentii una porta aprirsi e dei passi riecheggiarono nella stanza.

"Mia cara Heaven." quella voce. L'avrei riconosciuta tra mille. Si sedette di fronte a me e gli vidi rivolgermi un sorriso beffardo. Deglutii istintivamente e continuai a guardarlo, incapace di proferire parola.

"Sai perché ti trovi qui?" chiese passandosi una mano sull'accenno di barba.

Mi limitai a scuotere la testa, incapace di fare altro. Mi rivolse un sorriso sinistro e sentii il cuore battere sempre più forte.

"Si che lo sai." rise. Si sporse in avanti poggiando i gomiti sulle sue ginocchia e mi guardò.

"Credi davvero che sarei venuto a cena a casa tua per fare i complimenti a tuo padre per aver semplicemente svolto il suo lavoro?" alzò le sopracciglia come se si aspettasse una risposta, ma sapevo che non ne aveva bisogno.

"Ti tengo d'occhio da un po' di tempo, alcune mie guardie non sono così stupide da non essersi accorti di te, ma ti ho lasciata fare. All'inizio non eri una minaccia." poggiò l'indice sul suo mento come se stesse riflettendo. "Poi però, quando hai incontrato quel ragazzo, Harry..." quando pronunciò il suo nome mi sentii morire. Sapevano di Harry, era in pericolo anche lui. "..ho capito che dovevo provare a mettere un freno a tutto questo." disse scrollando semplicemente le spalle.

Si alzò in piedi e mi ritrassi spingendomi contro lo schienale della sedia a cui ero legata.

"Ma non prima di aver fatto luce su tutta la faccenda." continuavo a guardarlo impassibile mentre girava attorno a me.

"Insomma quel ragazzo Zayn, i Revueltantes e tutte quelle merdate." continuò fermandosi davanti a me.

Trattenni il respiro alle sue parole, sapeva tutto. Gli avvenimenti degli ultimi mesi erano sempre stati sotto il suo controllo. Mi veniva da piangere per quanto ero stata stupida a credere di poterla passare liscia, di poter cambiare il mondo. Scossi impercettibilmente la testa, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi.

River Valley || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora