Chapter twenty-three

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" All the times I spent with you

the streets that I've walked till now

i promise you

now we live in the same time

it's all you

the reason why this street in front of me is so beautiful " 



































Girare, girare, girare e ancora girare.

Forse da un quarto d'ora, o più, Ron girava attorno alla sua stanza, con lo sguardo concentrato verso le mattonelle le quali componevano il suo pavimento e le sopracciglia crucciate in un espressione assorta.

Non riusciva a dormire, o meglio, nel momento in cui tentava di addormentarsi un ammasso di pensieri affollavano la sua mente, rendendola -così- più stanca ed affaticata.

Questi rappresentavano, in tutto il suo splendore, quel soggetto che da quasi un mese a questa parte -in modo quasi ossessivo ed agognante- occupava le sue intere giornate.

Passò una mano sul suo viso ancora ricoperto da un leggero strato di rossore per poi passarla fra i suoi capelli lisci, sospirando.

Era stanca.

Dal momento in cui la sua giornata si apriva con uno sbadiglio fino ad arrivare a notte inoltrata, in cui le sue palpebre non riescivano a reggere il sonno e la stanchezza provata durante l'arco della giornata, non poteva assoluntamente abbassare la guardia.

In caso contrario, beh...

Non servono spiegazioni.

Bloccò i suoi piedi nudi sul pavimento freddo, poggiando la schiena contro il muro.

Lasciò che il suo corpo scivolasse contro la parete fino ad accasciarsi per terra portando le gambe al petto e le ginocchia all'altezza del mento, circondandole poi fra le sue braccia.

Chiuse gli occhi ancora una volta riuscendo a risentire le labbra e la lingua del ragazzo sulle sue che -prepotenti- chiedevano, o meglio, esigevano un disperato accesso nella sua bocca.

Con l'indice le sfiorò leggermente percorrendo con esso un sentiero invisibile che partiva dall'angolo nascosto delle sue labbra fino ad arrivare al lato sensibile del suo collo, carezzandolo.

Anche qui la sua presenza era forte, così forte che si ritrovò a gemere il suo nome sottovoce, da sola nella sua camera. Passò quindi la lingua sul labbro inferiore così da riuscire a sentire ancora quel sapore che tanto bramava riavere nella sua bocca, per poi morderlo con forza -forse in preda all'estasi che i ricordi le provocavano-.

La mano, dal suo collo, scese sempre di più nel punto in cui il suo seno era ancora scoperto.

Aprì gli occhi, riducendoli subito dopo in due fessure.

«Bastardo.» Sussurrò battendo una mano sul pavimento, alzandosi pigramente da terra, conducendo successivamente i suoi piedi fuori dalla sua camera.

Distrusse quindi, in pochi secondi, quella breve distanza che separava le loro camere da letto, spalancando la porta della stanza di uno dei cinque ragazzi presenti.

«Non puoi lasciarmi in questo stato!» Urlò sottovoce, ovviamente non poteva farsi sentire, beh... nemmeno verdere.

Ed era lì proprio per quel motivo.

«Ce ne hai messo di tempo, piccolo leoncino» Ghignò accavallando le gambe, tenendo il suo sguardo scuro incollato al busto scoperto della ragazza «mi sentivo così solo e triste, credevo davvero ti fossi addormentata.» enfatizzò sull'ultima parola, sollevando ancor di più gli angoli della sua bocca.

𝐕𝐀𝐌𝐏𝐈𝐑𝐄'𝐒 𝐁𝐀𝐂𝐊Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora