Chapter forty

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" I wake up in the morning

but it feels like i'm still sleeping

oh i want you to call my name

thinking about you everyday

i want to be beside you

i keep wishing "
















La cupa ed imponente figura di Tae-Min era poggiata contro la parete dell'enorme salotto, a braccia conserte ed il viso contratto in un'espressione pensosa.

Scrutava l'ambiente circostante con sguardo attento e meticoloso; le sue azioni tuttavia tradivano i suoi occhi impassibili: le zanne a stento riuscivano ad esser ancora trattenute all'interno della sua bocca, il respiro quasi affannoso scuoteva le sue ampie spalle ed il petto e gli artigli mostrati fuori in tutta la loro lunghezza, tamburellavano imperterriti contro i bicipiti dell'Immune, smaniosi di affondare nelle carni della femmina riccia.

Non gli era mai andato a genio Max, la trovava una ragazza fuori dalle righe, con lo sguardo sempre indagatore rivolto anche verso i suoi simili. Era diffidente con tutti e la Cercatrice di certo non lo nascondeva, anzi... se avesse voluto, avrebbe volentieri messo su un gruppo di stupidi fanatici per sterminarli tutti.

Lei prediligeva il genere umano, era pronta a sacrificare la sua stessa vita per proteggere quella razza, ecco perché fu tanto semplice mandarla da Ron, in Italia. La femmina non se lo fece ripetere nemmeno una seconda volta che i suoi bagagli e la sua fidata compagna di battaglia Maureen erano già pronti per intraprendere quel lungo cammino.

Alzò il capo, direzionando il suo sguardo verso le due amiche che stavano avendo una discussione particolarmente animata; intuiva perfettamente i pensieri della Cercatrice, seppur ben schermati, e grazie a quelli capiva essere di troppo in quel momento.

Ciò nonostante Ron non poteva essere lasciata da sola con Max, anche se a vederla... sembrava quasi un vulcano pronto ad eruttare. I suoi simili sapevano essere davvero delle creature pericolose, dei predatori spietati. Anche lui si trovava spesso ad aver paura di se stesso; paura di perdere il controllo, paura di commettere anche l'errore più banale, di poter far del male a qualcuno, a lei.

Non l'avrebbe retto un simile colpo, Ron doveva semplicemente rimanere incolume da ogni situazione. Nonostante questo quell'umana aveva lo strano dono di evitare tutto il male presente sul mondo e, se incontrato, di purificarlo. O forse la vedeva così semplicemente perché era la sua compagna per la vita.

Sentì poi una lieve pressione all'altezza del cuore, così si decise a reindirizzare le sue iridi ambrate verso l'umana.

Gli occhi di lui, seppur dipinti da un color ocra luminoso, trasmettevano un'intensa aria gelida e cupa e solo nel momento in cui si posarono sul viso asciutto di lei, si accesero all'istante.

Brillavano nella loro tonalità più vivace, caldi ed ammaliati poi, un attimo dopo l'oro fuso si mescolò in un mare in tempesta. Capì solo allora di essersi perso nel guardarla, come incantato, come stregato, come caduto in un sogno dal quale non volersi più svegliare.

La vide scuotere leggermente la testa, ed in volto un'espressione sconvolta, travolto da emozioni contrastanti. Mantenne i nervi saldi ed accostò in un angolo remoto la voglia di immergersi nella sua mente e scoprire cosa andasse storto; aveva esplicitamente espresso di non volere intrusioni.

Ma quella distanza pian piano lo stava neutralizzando, ed una strana rabbia mista ad angoscia gli montava dentro. Il suo corpo bruciava, le mani sudavano pesantemente, gli artigli si conficcarono rovinosamente nei palmi e le zanne creavano un dolore lancinante alle gengive.

Poi il calore si concentrò, divenne impossibile da tollerare, si diffuse. Si irradiò nel suo corpo in modo impetuoso ed esplose in tutta la sua potenza; inevitabilmente la voglia di unire per l'ennesima volta le due menti lo investì.

«Cristo...» Scosse la testa. Con Ron niente era semplice, era sopraffatto da emozioni talmente improvvise, intense e sconosciute che il più spesso delle volte non era in grado di controllare.

Ed eccola, ancora una volta Ron lo stava cercando. Continuamente ed insistentemente.
Un lieve cipiglio le si dipinse in volto. Le palpebre sbatterono più volte fra di loro, per poi riaprisi nuovamente e tornare a guardarlo.

Un pressante bisogno di sapere cosa le stesse raccontando Max lo travolse. Il timore era ben leggibile attraverso i suoi occhi e con una stretta al cuore, Tae-Min si rese conto di quanto -senza l'ausilio dei suoi poteri- fosse profondo l'abisso che era aperto fra di loro.

Non era affatto abituato a tutto quello, odiava essere messo da parte.

Ed ora gli occhi della sua compagna per la vita guizzavano da un angolo all'altro dell'ampia sala, mascherando il palese disagio e sconforto. Ora era spazientito. Max stava decisamente parlando troppo.

Ron era mortale, non era decisamente una del suo popolo. Gli umani erano facilmente ingannabili, semplici da manovrare e Max era davvero brava ad usare le parole e a rendere fessi gli umani che le prestavano ascolto.

Se Max l'avesse mai convinta a tornare in Italia, allora per lui non vi sarebbe più stata alcuna speranza di sopravvivere. Se se ne fosse andata, avrebbe portato con sé ogni colore ed ogni emozione che precedentemente aveva donato a Tae-Min. Semplicemente gli avrebbe portato via quella poca luce che racchiudeva in quell'ammasso di carne, e quello che ne rimaneva sarebbe stato un misero e sciagurato guscio vuoto. Esanime.

Era pronto nel raggiungerla e scuotere la sua anima, farle svegliare il cervello e magari chiedere semplici scuse per tutte le azioni meschine di cui si era servito per farli rincontrare nuovamente. Tuttavia le sue articolazioni erano incontrollate, rimasero immobili e si ritrovò a sospirare pesantemente. Avrebbe mai trovato la forza -se mai si fosse presentata l'occasione- di lasciarla andare?

Serrò le palpebre e scosse energicamente il capo: diceva di andare incontro all'alba appena la figura di Ron si fosse smaterializza dal suo campo visivo, oppure avrebbe perso il senno e sarebbe diventato a sua volta preda delle sue emozioni, trasformandosi in un Vampiro. Ma erano tutte stronzate perché non era mai stato un uomo caritatevole, non pensava al bene degli altri, né alle loro emozioni. Era semplicemente un grandissimo egoista. Un fottuto egoista.

Anche ripeterselo all'infinito, tornava sempre al punto di partenza: non l'avrebbe in nessun modo lasciata andare via. Erano ancora agli inizi della loro storia e c'erano così tante cose che desiderava fare con lei.

Emise l'ennesimo sospiro.
Voleva poterla abbracciare ogni qualvolta gli passasse per la testa, passare giornate a guardarla immersa nella sua quotidianità, imparare per una buona volta l'impasto di quei croissant di cui tanto andava matta, rimanere ammaliato dai suoi gesti innocenti ed indugiare ancora ed ancora a osservare la finezza del suo viso, il movimento frenetico delle sue folti ciglia o quell'enorme ventaglio scuro che si creava sulle sue guance paffute nel momento in cui serrava gli occhi. Ed aveva il desiderio di dirle che era importante per lui, che era riuscita ad abbattere quella pesante porta blindata che proteggeva il suo cuore contaminato.

Ed infine le avrebbe detto che in nessun modo poteva decidere di tornarsene nel suo paese, non poteva abbandonarlo ora che finalmente si erano incontrati. Non poteva lasciarlo, perché in tal caso la sua forza, la voglia di vivere gli sarebbe scivolata di mano e nel petto si sarebbe aperta una voragine da cui sarebbe scappato via il suo cuore, perché Ron ne era la custode.






Angolino autrice:
BENE BENE BENEE, questo mini capitolo è dedicato completamente ai pensieri fin troppo malinconici di Tae-Min. Si, lo so, è abbastanza noioso ma ho voluto comunque creare ciò, così da mettere in luce anche la sua parte emotiva. Spero vi sia piaciuto e non dimenticatevi di farmi sapere il vostro pensiero riguardo i singoli capitoli o anche della storia in generale, accetto anche critiche...se costruttive! Al prossimo capitolo, piccoli leoncini!

𝐕𝐀𝐌𝐏𝐈𝐑𝐄'𝐒 𝐁𝐀𝐂𝐊Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora