Capitolo quattro

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Ti senti mai osservata?

Mentre magari scendi le scale...

Oppure cammini da una stanza all'altra...

O magari semplicemente gironzoli per casa.

Ti è mai capitato?

Avvertire la pesantezza sulle spalle e istintivamente percepire l'impulso di voltarsi e scrutare l'oscurità, ma una morsa di paura stringe la gola e paralizza al suolo?

Allora, ti è mai capitato?

Anche a Camila, negli ultimi giorni, accadeva. Solo che lei era sicura si nascondesse qualcuno fra le pieghe del buio che la schernivano quando si girava di scatto, affannata. Non era solo una sensazione, aveva delle prove concrete che qualcuno avesse soggiogato la sua lucidità.

Era venerdì, la prima volta che quel bruciore insolito le aveva pizzicato le scapole. La scuola era appena finita, e il weekend si stiracchiava sorridente le gambe. Camila si era prefissata di protrarre i suoi tentativi di sonno con ossessività, perché non si arrendeva per così poco.

Erano solo incubi, materia intangibile, incorporea, eterea. Si poteva essere spaventati dell'etere...? Camila sosteneva di no, ma se avesse riflettuto un istante di più, si sarebbe resa conto che è la stessa materia di cui sono fatti i pensieri, e niente, niente, è più pericoloso di un pensiero. A parte il pensiero stesso.

E i sogni sono ereditati dai pensieri, da quelli più acuminati e contundenti. Quelli che ignoriamo, ma si adagiano sul fondo della nostra coscienza. Nell'inconscio.

Comunque, era venerdì pomeriggio e ancora non aveva replicato al messaggio di Alan -che per la cronaca le aveva spedito ben due settimane prima-. Doveva farsi una mossa se desiderava cogliere la palla alla balzo, soprattutto per evitare l'inquisizione di Dinah che, se non si fosse presentata all'appuntamento, sarebbe piovuta dal cielo quanto è vero che cade la pioggia. E anche quello poteva essere stimato come un problema, perché Camila non sapeva tirare avanti una bugia.

Si, poteva inventarne una all'occorrenza, tirarla fuori dal cilindro con maestria e modesta credibilità; poi, però, nel timore di incespicare o eclissare un dettaglio fondamentale, il suo cervello lavorava macchinosamente, fino a fondere gli ingranaggi. Più di una volta era stata sbugiardata grazie a questo naturale processo che le metteva perennemente i bastoni fra le ruote.

Doveva portare avanti la farsa, almeno fin quando non avrebbe avuto in mano prove fattive di quello che stava sbalestrando i suoi giorni.

Sbuffando brandì il telefono e compose il messaggio.

Ehi, è ancora valido l'invito per domani?

Aveva pensato di addolcire la struttura della frase con un emoticon, perché le sembrava troppo scheletrica. Aveva optato che no, non c'era bisogno di nessuna emoji, solo perché non le andava di comportarsi da civetta sapendo che quell'uscita aveva tutt'altra sorgente.

Intanto che aspettava una risposta, tagliò e imburrò il pane tostato. Spalmò la marmellata sopra e scaldò il latte. Aggiunse un po' di cioccolata nella miscela bianca e inzuppò i toast personalizzati. Una merenda alternativa.

Doveva fare alcune commissioni, come sempre. Sua madre approfittava del venerdì pomeriggio per affibbiare Sofia ad Alejandro, perché Camila non ne voleva sapere di passare un pomeriggio al parco con gli amici di sua sorella; e alla cubana appioppava qualche incarico, come rifiorire la dispensa, dare da mangiare ai gatti della nonna, fate la lavatrice e stendere i panni... E via dicendo.

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