Capitolo trentatré

2.4K 199 14
                                    


Fuori il cielo ruggiva, mentre la pioggia batteva ritmica sulla strada. I fanali della falange di auto sgranavano la fitta cortina di stille che appannava il parabrezza. Lauren stava guidando con il solito intramontabile aplomb, diretta verso il bar dove Camila le aveva dato appuntamento. Non poteva certo andare a prenderla a casa. L'idea di mettersi in affari con Sinu non sembrava più così brillante come un tempo, ma certo allora non avrebbe mai potuto nemmeno lontanamente immaginare che ad oggi si sarebbe trovata lì.

Lei era il Caso. Era la sua sorte e la sorte di tanti altri, eppure adesso stava rivestendo un altro ruolo, lasciando che fosse il Caso a scrivere per lei.

La coltre di gocce continuava a frantumare il silenzio immacolato dell'abitacolo, schiantandosi con violenza sul parabrezza, incontrando poco dopo il braccio del tergicristallo. Lauren individuò nella visione annacquata l'insegna del bar.

Accostò sul ciglio della strada e poco dopo udì dei passi rapidi sciaguattare fra i tortuosi rivoli.
La portiera si aprì. Il rombo della pioggia si riversò all'interno dell'abitacolo, l'ululato del vento le spettinò i capelli già di per se scarmigliati. Camila richiuse la portiera, portandosi appresso il freddo emanato dalle sue spalle scoperte, lasciando fuori la risacca del maltempo.

«Ciao.» La salutò sorridente malgrado le ciocche appena bagnate e la pelle imperlata.

Lauren si sporse verso il sedile posteriore, afferrò il cappotto che era solita indossare durante quelle serate più eleganti e lo adagiò sulle spalle intirizzite della cubana. Camila la ringraziò con un sorriso timido, aggiustandoselo. Il profumo di Lauren, intriso nel tessuto, serpeggiò fino alle sue narici, inebriandola. Camila lo strinse più vicino.

«Hai aspettato tanto?» Domandò la corvina.

«Troppo.» Scherzò la cubana, scossa da un brivido di freddo.

Lauren ingranò la marcia, imboccando la strada principale. Azionò il bocchettone, surriscaldando l'ambiente. Camila si fece coccolare da quel tiepido tepore che le asciugò i capelli e restituì colore all'incarnato.

«Spero almeno valga la pena di aver indossato un abito estivo in pieno inverno.» Asserì la cubana, fissando un punto imprecisato fuori dal finestrino.

«Ne varrà la pena, vedrai.» Annuì risoluta Lauren, un sorriso malizioso sotto i baffi che rimarcava il suo vantaggio. Aveva scelto la destinazione, ma non l'aveva comunicata a Camila. Non ancora, almeno.

Quando Lauren spense l'auto l'acquerugiola tamburellava ancora, più quiete e meno straziante. Il tergicristallo aveva rallentato, mietendo le gocce solo ogni tanto. Si bloccò solo una volta raggiunta la meta, anche se il motore già riposava.

Camila sfregò il palmo contro il vetro, sbrinando la patina opaca. Un edificio imponente si ergeva a pochi metri da loro. Dei bovindi si sporgevano dalla facciata, adornati con delle luci soffuse che non richiamavano l'idea dello spettacolo e dell'eccentricità, ma bensì sestavano un'aria più intima e soffusa, raffinata e accogliente. Camila notò solo dopo i manifesti esposti in apposite vetrine, la fila di avventori che compostamente si snodava fino all'angolo della strada, accomunando tutti in una posata attesa. Alcune pellicce troppo sfarzose per i suoi gusti si accompagnavano a pettinature regali, donne tempestate di brillanti e uomini ingessati nel frac.

«Mi hai portato a teatro?» Sollevò un sopracciglio Camila, continuando a squadrare la pittoresca calca.

«All'opera, Camila.» Puntualizzò Lauren, tacciandola con uno sguardo di sguincio.

Evidentemente ci teneva che le due categorie vennero ben divise.

«All'opera?» Storse il naso la cubana, non molto entusiasta. Si era prospettata una serata del tutto diversa, ma i suoi piani avevano subito una brusca deviata.

HadesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora