Capitolo quattordici

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Camila si svegliò di pessimo umore. Prima l'Ombra che infestava i suoi sogni la condizionava a tal punto da spingersi a fare una ricerca sulla magia oscura in biblioteca, o quel che era! Poi il suo inconscio prendeva il sopravvento e originava sogni erotici con la profesoressa che inizialmente odiava e ora... e ora cosa? Non c'era fine alle sue tribolazioni.

Scese al piano di sotto, ancora accalorata per la notte travagliata, e ripose le speranze nel succo che agognava di tracannare inconsciamente dal cartone. Ma quando mai qualcosa andava secondo i piani? Sua sorella si era svegliata con un'insolita voglia di succo all'arancia, avendo trovato la variante all'arancia rossa in frigo si era data alla pazzia gioia scolandolo fino all'ultima goccia.

Camila inspirò profondamente e implementò tutte le sue forze per non infuriarsi di prima mattina. Ripiegò sul succo all'albicocca. Non ne era un'amante perché il gusto era troppo dolce per lei, ma sua madre non la pensava allo stesso modo, dato che si ostinava a comprare scorte di succo all'albicocca che solo lei gradiva, in famiglia.

Mangiò un frutto e poi corse in camera a cambiarsi. Stranamente aveva percorso la routine a sinistrorso, il che non era da lei. Non che avesse una tabella di marcia a cui attenersi senza sgarrare, solo che non aveva mai messo piede al piano di sotto prima di essersi vestita e lavata, ma constatò che fosse una buona strategia perché così non se la prendeva comoda.

Uscì di casa in largo anticipo, l'unico giorno che non aveva alcun bisogno, dato che si teneva il congresso e le lezioni erano sospese. Ironia della sorte. Ma tanto ormai c'era abituata alle beffe del destino, perciò non se ne rammaricò nemmeno. Fece partire la playlist del mattino, quella composta ufficialmente per essere ascoltata durante il tragitto casa-scuola/scuola-casa, e si rilassò contro il finestrino.

Scese in orario dal bus e si aggregò a Dinah ed Ally. La prima non poteva essere più felice di vederla, mentre la seconda non si accorse nemmeno della sua presenza, tanto era assorta nei suoi stralunati vaniloqui.

«È tutta la mattina che va avanti così, sembra un disco rotto. Mi è entrato un mal di testo, cazzo.» Bisbigliò sottovoce la polinesiana, accostandosi all'orecchio dell'amica.

«Ancora eccitata per incontrare il suo idolo della medicina?» Domandò con un sorrisetto affettuoso Camila, sbirciando con la coda dell'occhio le mosse studiate di Ally.

«Non puoi capire quanto.» Sbuffò Dinah, roteando gli occhi al cielo «Oh, non mi lasciare da sola nemmeno un attimo oggi, capito? Potrei commettere un omicidio-suicidio, sono ancora indecisa.» L'avvertì solennemente la polinesiana, minacciandola con il suo sguardo avvelenato.

«Tranquilla.» La rassicurò Camila, dandole una leggera spallata, poi la prese a braccetto e la incoraggiò ad entrare nell'anfiteatro.

Era tutto allestito in maniera proverbiale. Il palco era stato ritagliato per i protagonisti, incorniciati in una scrivania lunga e ricurva con dei microfoni appositi. Alle loro spalle era stato assemblato un telo bianco che serviva come schermo per le diapositive. Gli studenti si erano già raccolti sotto al palco, i più interessati, mentre gli altri erano ancora in disparte a confabulare su chissà quale pettegolezzo del momento.

Ally ovviamente avrebbe voluto prendere posto in uno dei pochi scranni rimasti nelle prime file, ma Dinah la minacciò brutalmente di sedersi in una postazione più defilata. C'era poco da opporsi quando Dinah sfoderava quel tono. La polinesiana si era armata di smalto e lima, così da avere un'occupazione durante quelle due ore. Ally era munita di block notes e doppia penna, in caso una delle due terminasse l'inchiostro. Camila si sistemò in mezzo alle due, così anche lei avrebbe avuto qualcosa da fare durante le due ore: tenere a bada i cani.

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