Capitolo diciassette

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«Più veloce, più veloce, Mila!» Dinah portò le mani sui fianchi della cubana e li fece ancheggiare senza freni, creando un piccolo pubblico che apprezzò oltremisura la prosperità del suo didietro.

Camila aveva trangugiato un quantitativo esorbitante di drink o, meglio, esorbitante per lei. Secondo Dinah, il tasso alcolico di Camila in quel momento era solo un terzo del suo standard.

«Credo che mi sedierò.. siederò.. sed.. fa niente.» Diede qualche pacca sul petto della polinesiana, poi si sostenne alle spalle altrui mentre arrancava per arrivare al divanetto che Ally aveva monopolizzato.

Camila si lasciò cadere a peso morto sul sofà in pelle, a braccia spalancate, e adagiò la pesante testa sulle gambe dell'amica.

«Camila, sei ubriaca.» Valutò ad occhio e croce Ally, scuotendo appena la testa. Non era abituata ad essere l'unica sobria, non era sicura di potersela cavare con due amiche ebbre.

«No, tu.» Protestò con voce impastata la bionda, toccando la punta del naso di Ally.

«Oh Gesù, aiutami tu, ti prego.» Invocò la bionda, figurandosi già la piega che avrebbe preso la serata.

«Io sto bene, davvero.» La rassicurò Camila, sforzandosi di tirarsi su ed ergere le spalle.

A questo punto aprì teatralmente le braccia, stampandosi un'espressione altezzosa, fiera della sua prestazione. Ally dondolò la testa: la dimostrazione di Camila non aveva fatto altro che accreditare la sua teoria, invece che confutarla.

«Vado a bere.» Biascicò la cubana, improvvisamente assetata.

«No! Direi che per stasera hai già fatto il pieno.» La riportò a sedere Ally, ma Camila sghignazzò.

«No, scema, bevo acqua.» Un sorriso coscienzioso si fece spazio sulle sue labbra brillanti.

Ally esitò qualche istante prima di sguinzagliarla liberamente verso il bar, ma non prima di averle fatto giurare solennemente di non avvicinarsi all'alcol. Sancirono la promessa con il mignolo, il più alto grado di fede.

Camila barcollò instabile, innumerevole volte sfruttò le spalle altrui per non cadere, poi finalmente pervenne al bar. Si sedette su uno sgabello e ordinò un bicchiere d'acqua, mantenendosi fedele al patto.

Scolò la bevanda refrigerata in un lampo, così ne chiese un altro bicchiere per ritemprarsi del tutto.

«Campari a lei.» Il barista consegnò il bicchiere a Camila, ma questa mosse provvidenzialmente il dito nell'attesa che le parole si collegassero alla bocca.

«Io ho ordinato l'acqua.» Gli fece notare. Lui si accigliò.

«È mio il Campari.» Lauren emerse alle spalle della cubana, si infilò nell'esiguo spazio di fronte a lei e si appropriò del suo drink.

Il ragazzo servì a Camila un bicchiere d'acqua e poi si dedicò ai rispettivi avventori, precipitandosi dall'altra parte dove si andavano accumulando ordinazioni.

Camila abbassò lo sguardo sul suo bicchiere, sorseggiò lentamente la bibita fresca, forzandosi a guardare il riflesso dell'acqua e solo quello.

Lauren non doveva certo impegnarsi per apparire attraente, ma quella sera sprizzava seduzione da tutti i pori. Anche standole a qualche centimetro di distanza, sforzandosi di non toccarla o guardarla, i polpastrelli di Camila pizzicavano.

Doveva proprio indossare quest'abito?

Alzò di scatto la testa, puntando però lo sguardo sulle bottiglie di liquore allineare sugli scaffali davanti a lei. Per orientare l'attenzione altrove, si mise a leggere ogni etichetta, aguzzando la vista per intravedere anche i sotto paragrafi.

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