Capitolo trentadue

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Ciao a tutti!

Pubblico adesso l'aggiornamento , perché l'ho terminato prima del previsto, ma domani non ne uscirà alcuno. 😫 Detto ciò, questi capitoli andranno un po' a rilento (inerente alla trama) perché ho bisogno di indagare un po' la relazione fra le due, quindi spero vi piacciano.
Arriva la pace tanta attesa... per ora! 😉

Buona lettura!

A presto.

Sara.





Lauren si svegliò affaticata e sudata. Era sempre uno sforzo inaudito dover sostenere i sogni anche quando si stavano richiudendo, era sinonimo di forza mentale e fisica. Letteralmente.

Il soliloquio di Normani l'aveva molto irritata e al contempo inquietata. Era sicura della sua autorevolezza, del suo potere. Era sicura di essere meritevole del peso della corona, ma le notizie che aveva portato la ragazza l'avevano molto turbata. Inutile fingere.

Tutto il suo impero, fondato su millenni e millenni di sacrifici, da parte di tutti coloro che avevano contributo alla sua crescita, rischiava di crollare per cosa? Per due occhi marroni? Era impensabile! Assurdo e imbarazzante.

Lauren si versò una tazza di caffè bollente, riscaldato dal pratico termos. La miscela le strinò la gola, piacevolmente, rifocillando i suoi sensi sopiti. In realtà avrebbe volentieri cominciato la giornata con un bicchiere di vino rosso, ma aveva il sentore che se avesse stappato una bottiglia non avrebbe più smesso di tracannarla fino a che anche l'ultima goccia non le fosse scivolata giù per la faringe.

Si vestì di controvoglia, sfoggiando il suo solito stile accattivante e seduttore. Non era per le occhiate che le scoccavano che optava per un vestiario procace, ma quanto perché era lei a sentirsi se stessa in quei panni. Imbracciò la borsa ed uscì di casa.

Guidava, ma non prestava attenzione. Alcune volte compiamo gesti senza condizionarne il moto. La cinetica si aziona autonomamente, talmente si abituata alle ripetizioni quotidiane. Come il pilota automatico. Ecco, lo stesso valeva per Lauren quella mattina. I suoi pensieri erano tutti polarizzati sull'incontro con Normani.

Il suo spiccato senso del dovere le stava fruttando sensi di colpa ingenti. Dall'altra parte il piede sgusciava lascivio sull'acceleratore, incurante del traffico, esecutore soltanto del ridondante desiderio di rivedere Camila.

Lauren si mordicchiò un'unghia, fissando con sguardo assorto le pozzanghere che punteggiavano l'asfalto vaiolato. Un'autista dietro di lei la spronò a darsi una mossa, strombazzando spazientito il clacson. Lauren dovette appellarsi a tutta la sua ragione per non scendere e affrontarlo faccia a faccia. Ingranò la marcia e ripartì.

Si accorse di esser arrivata a scuola relativamente presto, dato che era solo la quarta macchina che posteggiava. Adunò le sue cose e si ritirò in sala professori. Solo altri due colleghi sedevano davanti ad un cumulo di compiti e caffè. Lì salutò a malapena, dedicandosi poi al suo cumulo di compiti e caffè.

Era impegnata a correggere gli errori marchiani di una studentessa che si ostinava a ripetere costantemente i medesimi sbagli, quando il professore di latino l'affiancò.

A parte il fatto che Lauren non era molto loquace in generale, quello era un dato di fatto, ma in più detestava l'odore di menta e tabacco che emanava l'uomo ad ogni boccata. Sopportò la sua presenza solo perché abbastanza distante da non dover annusare quell'afrore.

Le chiese se gentilmente potesse sostituirla nell'accoglienza di alcuni studenti che per l'open-day potevano visitare la scuola in lungo e largo. Lauren fece presente di non essere esperta e non saperne assolutamente nulla, ma lui le disse che bastava aprire qualche aula, snocciolare qualche informazione generica e sorridere. I primi due erano esercizi abbordabili, era l'ultimo sul quale nutriva scetticismo, ma comunque sempre meglio girarsi i pollici per i corridoi che fare lezione per cinque ore ininterrotte.

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