Capitolo trentasette

2.9K 225 191
                                    

Ciao ragazzi!

Questo sarà l'ultimo capitolo, vi aspetto alla fine!

Camila era stanca, atterrita. Aveva trascorso notti insonne, all'insegna della paura e le volteggianti domande. Di Lauren, nessuna traccia.

Quando aveva riaperto gli occhi, era sprofondata nel suo letto, ma il portale dietro di se si era risarcito prima che Lauren potesse seguirla. O, forse... Forse non era mai stata sua intenzione seguirla. Ancora domande!

Erano passate due settimane, Camila proseguiva gli studi normalmente, pretendeva davanti alle sue amiche che andasse tutto bene, ma in realtà il suo mondo si era completamente rovesciato.

Tutto una bugia, la storia con Lauren.
Tutta una bugia, la sua esistenza.

Adesso si chiedeva se Lauren non l'avesse manipolata a tal punto da annaffiare i sentimenti che nutriva verso la corvina. In pratica si domandava se Lauren avesse alterato i suoi sogni, ma anche i suoi sentimenti. Se l'amore che provava per lei fosse tutta una farsa, un'illusione che aveva voluto creare per trarla in trappola. E poi si rispondeva che no, non poteva essere falso, perché Lauren le aveva lasciato libero arbitrio nell'ultimo incontro onirico, l'aveva addirittura salvata... o forse condannata, questo doveva ancora capirlo.

I suoi pensieri viaggiavano a cento all'ora. A volte avrebbe voluto non aver mai incontrato Lauren, dall'altra parte riconosceva che era stato proprio quell'incontro a salvarla, ed infine la cercava. La cercava nelle tracce della memoria, o nel giradischi dei sogni. La cercava fra le crepature della sua coscienza, fra le venature dei tocchi sulla sua pelle. La pregava di tornare, di parlarle, di contattarla. La pregava in silenzio, e sapeva che Lauren la sentiva. Lo sapeva perché non è mai la voce lo strumento di comunicazione, ma gli stati d'animo che ci legano. E loro erano legate da qualcosa che variava come varia il cielo: impossibile non vederlo.

Camila si faceva bastare quella sensazione, ma a volte si convinceva che fosse tutto artefatto della sua immaginazione, della sua lacerante mancanza.

La mancanza ci induce a ritrovare chi abbiamo perso in ogni sfumatura di realtà, in ogni costola di un libro, in una sciarpa di lana, in un cassetto vuoto o nelle scarpe troppo grandi. Sono le ultime presenze che stringiamo incrollabilmente. E ci facciamo bastare questo, altrimenti non ci basteremo noi.

Camila, senza accorgersene, la cercava così, senza identità. ma in un'entità.

Fu un sabato pomeriggio, mentre camminava distrattamente per strada, che una fitta lancinante le penetrò la tempia. Dovette fermarsi e aspettare che il dolore scemasse, ma questo aumentò. Strizzò gli occhi nel tentativo di scacciarlo, ma invece si accasciò al suolo e tutto divenne buio.

Quando si svegliò, avvertì quel bruciore al petto che conosceva bene. Stavolta non ebbe timore a rimettersi in piedi, tantomeno subì la debolezza. Scattò subito in posizione eretta, guardandosi attorno.

«Ciao Camila.»

La cubana tirò un sospiro di sollievo, rendendosi conto che era da un'eternità che non respirava. Però non si mosse, non poteva farlo.

«Ciao Lauren.» La salutò freddamente, regolarizzando il respiro.

«Come stai?» Chiese normalmente la corvina, come se fosse una chiacchierata tra vecchie conoscenti.

«Che ci facciamo qui?» Fu un modo per evadere la domanda, dato che nemmeno lei sapeva come stava davvero, ma era anche insospettita da quella chiamata improvvisa.

«Ci diciamo addio.» Rispose schietta la corvina, senza voce rotta o altro, ma le spalle ben irrigidite.

La cubana ebbe un attimo di perdizione. Tutti i suoi pensieri si polverizzarono, insieme alla sensibilità del suo corpo. Le sembrava di essere un pensiero lei stessa, di esserlo stato per tutto quel tempo.

HadesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora