10.

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La sveglia suonò per la solita ora. Guardai l'ora per poi sbadigliare. Avevo dormito decisamente bene.

La sera precedente mia madre e Paul erano andati ad una cena di lavoro di lui così io ebbi la possibilità di potermi fumare uno o due spinelli in libertà.

Mi piaceva fumare, mi piaceva sentirmi trasportare da quella calma, da quei pensieri che seppur negativi si facevano lontani, mi piaceva stare così: in bilico dal ridere a crepapelle e il piangere senza fermarmi.

Solo una cosa mi lasciava restia: la fame chimica che dopo un po' si aggrappava al mio stomaco.

Avevo paura che tutto quello mi avrebbe portato ad ingrassare.

Quando mi alzai dal letto mi soffermai davanti allo specchio, in slip e canottiera. Mi guardai le cosce e pensai subito che fossero diventate un po' più grosse, avevo ordinato una pizza la sera precedente e mangiato schifezze durante quei giorni. Presi il metro da sarta che avevo nel mio comodino ed iniziai a misurare il mio corpo.

La mente mi stava assilando, la versione di me che stava allo specchio era sempre così malforme, troppo larga in alcuni punti, troppo piatta in altri.

Mi guardai il collo per vedere se aveva accumulato grasso, ce n'era, mi sembrava che ci fosse.

Non volevo tornare ad essere bulimica ma da quando avevo iniziato a fumare, cercavo di entrare in bagno il meno possibile, era come se i ricordi, quelle memorie distruttive di me piegata a dare l'anima davanti ad un cesso, mi richiamassero per dirmi che dovevo farlo, che non ero abbastanza magra, che non ero abbastanza invisibile.

Vidi che avevo preso un paio di centimetri nella pancia. Presi il quaderno dove scrivevo giornalmente le taglie, un pennarello rosso e scrissi 'sei ingrassata fallita'. La mia testa mi ripeté quella frase per tutta la mattinata mentre mi preparavo.

Scesi in cucina, mia madre non c'era. Accesi il cellulare avevo un messaggio.

[ dormo da Paul, ci vediamo al pomeriggio ]

Feci un respiro di sollievo, mi feci su uno spinello e lo fumai di prima mattina, senza fare colazione e senza l'intenzione di farla. Dovevo calmarmi, calmare la testa che ronzava attorno alla follia del grasso, alla follia del brutto, alla follia del fallimento, alla follia della mia vita.

Presi il long ed andai a scuola.

Mi fermai davanti all'entrata, presi il pacchetto di filtri ed estrassi la sigaretta che mi ero girata prima di uscire, mi sedetti sulle scalette e la fumai.

Vidi Noah, era lontano con una ragazza, cercai di focalizzare lo sguardo su di lei per riconoscerla: era Clair Hoffman, la capitana delle cheerleader.

Il braccio di lui era attorno alle sue spalle e ridevano, ridevano di qualcosa, ridevano così tanto che ne sentivo il calore, lui sembrava contento e spensierato.

La consapevolezza che io non lo avrei mai fatto sentire così mi assorbì le ossa, così da sentir freddo sulle braccia.

Mi alzai, la testa mi girava, non era stata una buona idea fumare di mattina senza aver mangiato nulla, il corpo si stava ribellando a quel volere malato di magrezza. Feci qualche passo e tutto quello che vedevo zampillava a macchie nere e bianche, fino al buio.

Ero svenuta.

Mi risvegliai in infermeria, misi una mano sul volto e mi strofinai gli occhi.

Provai ad alzarmi dal lettino ma la testa mi girava ancora.

Qualcuno entrò in quel momento.

-ti sei svegliata finalmente- era Lukas

-cosa ci fai tu qui?- chiesi

Liberty Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora