28.

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Mia madre non mi disse nulla, nonostante io iniziai ad attaccarla per quello che aveva detto a Noah.
Ero fuori di me, ma lei non reagiva, feci un respiro profondo e mi tranquillizzai

-perché lo hai fatto? -

Lei mi guardò.

- lo so quello che provi per lui ma portarlo a casa approfittando della mia assenza per fare sesso, non lo accetto-

-proprio perché sai quello che provo per lui dovresti accettarlo-

-lui non è serio con te, me lo hai detto tu come è fatto, me lo hai detto tu che va a letto con qualsiasi ragazza e io ti conosco e so che una sua delusione ti potrebbe distruggere, non voglio che tu lo riveda-

-non me lo puoi impedire-

-per il tuo bene lo devo fare-

-se tu volessi il mio bene saresti contenta per me-

Presi il mio skate e uscì di casa.

Andai a scuola, la sua auto non c'era. Iniziai a chiamarlo, una, due, tre volte. Lui non rispose ed iniziai a preoccuparmi.

Le lezioni iniziarono e lui non mi scrisse nulla, lo cercavo tra i cambi d'ora ma nessuno lo aveva visto a scuola quel giorno.

Volevo sapere dov'era, cosa stava facendo, se stava bene, con chi era ma lui no si fece vivo fino a sera tardi.

Ero a letto quando il mio telefono iniziò a squillare, erano le undici di sera.

-pronto- dissi con voce assonnata senza dare peso al nome di Noah sulla schermata.

-pronto Liberty, stavi dormendo? -

Mi svegliai appena senti la sua voce

-Noah, dove eri finito tutto il giorno?-

-Te lo racconterò domani, ora per favore prepara una borsa con dei vestiti che ce ne andiamo-

-cosa? Dove andiamo? Che stai dicendo? E la scuola? -

- Liberty ho bisogno di stare con te qualche giorno e di andarmene-

Ci riflessi, la sua voce era triste, probabilmente era confuso e spiazzato dalla reazione di mia madre. Non sapevo che fare, avevo perso troppi giorni di scuola per restare in ospedale. Ma non potevo dirgli di no, non potevo stargli lontano.

-ok-dissi

-domani mattina per le cinque ti passo a prendere--disse per poi salutarmi e riattaccare.

Non riuscì a dormire, non sapevo come mia madre avrebbe reagito, non glielo potevo dire, mi avrebbe rinchiuso in casa.

Rimasi sveglia tutta la notte a scriverle una lettera, non sapevo quando sarei tornata, non sapevo nulla. Mi tornò in mente che i primi tre giorni della settimana erano da ponte per il giorno del ringraziamento, mi tranquillizzai credendo che saremmo tornati in tempo per le lezioni.

Erano le quattro ormai quando riuscì a finire la lettera a mia madre.

Avrei voluto poterti guardare e chiederti di andarmene per qualche giorno, ma come in ogni cosa mi manca il coraggio, quindi eccomi qui a scriverti per la prima volta mamma. Ho bisogno di spazio e di tempo, sta succedendo qualcosa dentro di me e se vuoi veramente che io stia meglio devi lasciarmi andare. Ti voglio bene e so che anche tu me ne vuoi. Buona festa del ringraziamento.

Mi preparai e per le cinque meno dieci, lasciai la lettera sul tavolo della cucina e cercai di uscire il più silenziosamente possibile.

Noah arrivò, salì in macchina, lui si tolse la cintura e si avvicinò a me di colpo, mi diede un bacio, non era come gli altri, era un bacio di bisogno, di necessità, di ringraziamento, sfrontato e feroce. Si staccò da me, la sua mano sulla mia guancia, ancora con lo sguardo a qualche centimetro dal mio.

-grazie di essere venuta--disse

Io sorrisi per poi abbassare lo sguardo.

Lui si rimise la cintura e partì.

-dove andiamo? - chiesi dopo un po', lui era silenzioso e lo notavo che c'era qualcosa che non andava.

-da mia nonna, è a qualche ora da qui-disse

Io annuì, ma continuai a guardarlo, sembrava turbato e stanco, alzò il volume della musica, la rabbia di Joba dei Brockhampton risuonava nelle casse.

Io abbassai la musica.

-che cosa succede Noah? -

Lui non si girò a guardarmi.

-non ho voglia di parlare adesso, tra un po' ci fermiamo a fare colazione e ti dirò-disse rialzando il volume della radio.

Mi appoggia al poggiatesta e guardai la strada dal finestrino laterale, eravamo in strada da un ora ormai e lui non aveva ancora detto nulla.

Rimasi in silenzio anch'io cercando di non essere di peso ai suoi pensieri.

Si fermò in una caffetteria e spense l'auto.

Mi guardò un istante prima di togliere la cintura e scendere, io feci lo stesso.

-che mangi? - mi chiese

-va bene anche solo un caffè-dissi

-guarda che c'è ancora un po' di strada da fare, non riuscirai a mantenerti in piedi con un caffè solo-

Ordinò lui, obbligandomi a prendere i pancake alla nutella, non mi sembrava il caso di tirare fuori il peggio di me per il cibo, quindi lo lasciai fare.

Era seduto di fronte a me, continuando imperterrito con quel silenzio assordante.

-puoi dirmi che cosa succede Noah? -

Lui aspettò che la cameriera appoggiasse le nostre ordinazioni e che si allontanasse.

-Oggi è dieci anni che mia madre è morta-

Lo disse con una freddezza innaturale, perché il suo silenzioso fare dimostrava tutt'altro che indifferenza.

-ho capito e come stai? -

-non lo so, tu sei sbucata fuori all'improvviso, creando in me una necessità che non avevo prima di conoscerti per nessuno ma dovevo andare da mia nonna, non posso lasciarla da sola oggi ma non riesco nemmeno a stare distante da te-

Era così serio quando mi diceva qualcosa di estremamente triste ma bello.

-e ieri? Perché non sei venuto a scuola? -

- ero troppo arrabbiato per poterci andare, avevo bisogno di stare da solo e di rflettere-

-su di noi? -

-si-

-e quale è stata la conclusione? -

-non lo so, ho troppi piani in mente, troppe cose che vorrei fare che mi porterebbero a starti distante, ma ora come ora non riesco a stare lontano da te-

Io annuì per poi abbassare la testa. Ero la scelta di un momento, quando sarebbe arrivato il giorno in cui se ne sarebbe andato per il college e per la sua vita mi avrebbe lasciato, perché naturalmente il suo io veniva prima di me.

Lo capì anche se non mi faceva stare bene.

Mangiai mezzo pancake per poi avanzarlo.

Uscimmo dalla caffetteria dopo aver pagato, rientrammo in macchina e tornammo in strada.

Liberty Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora